martedì 9 dicembre 2014

Ciao Oblò

                                                                   Venerdì 14 novembre 2014          


Ciao Oblò,

da parecchio tempo non scrivo, ma molto volentieri ho deciso di dedicare del tempo a mettere nero su bianco sensazioni e pensieri che hanno occupato la mia mente in questo mese trascorso nel reparto La Nave.
Mi presento ai lettori: sono Flavia Sammartino, ho studiato psicologia e sto svolgendo il mio tirocinio post laurea presso il reparto La Nave, sito al quarto piano del terzo raggio della Casa Circondariale San Vittore.
Questo reparto è gestito dall’ASL di Milano (Sert2 Ss Trattamento Avanzato) che si occupa della cura e del recupero dei detenuti alcool-tossicodipendenti.
Ho scelto di svolgere il tirocinio alla Nave perchè sono convinta che l’équipe di questo reparto si occupi del detenuto a 360 gradi, sostenendolo nel suo percorso verso la liberazione dalla condizione tossicomanica e l’abbandono della condotta deviante.
Presupposto di fondamentale importanza, secondo il mio parere, è tenere ben presente che il carcere fa parte della società e per questo è auspicabile destinare sempre più risorse al recupero di coloro che hanno commesso degli errori, in quanto l’intera società, in seguito, potrà beneficiarne.
Dopo essermi presentata veniamo al sodo, perché è proprio ai partecipanti dell’Oblò che vorrei rivolgere questo pensiero.
Ho atteso con trepidazione l’inizio del mio tirocinio e ora finalmente eccomi qua, a far parte di un equipaggio che mi dà l’opportunità di intraprendere un viaggio ricco di scoperte ed esperienze nuove, che mi aiuteranno a crescere professionalmente e umanamente.
Ogni mattina alle 10:00 in punto inizia la giornata: tutti insieme ci troviamo per darci il buongiorno e poi via… ognuno, rispettando gli impegni presi, partecipa alle attività e ai gruppi scelti che permettono, giorno dopo giorno, di proseguire il percorso iniziato, con l’obiettivo di trovare la propria “Stella Polare”, guida che indica la giusta direzione da seguire.
Al lunedì Misure Alternative, attività che permette ad ognuno di voi di conoscere meglio la propria posizione giuridica e i benefici a cui ha diritto.
Al martedì il Coro, guidato da professionisti della Fondazione Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi, al quale dedicate serietà e impegno, pur senza dimenticare di aggiungere momenti scherzosi.
Al mercoledì Genitori e Figli, un gruppo che mi dona ogni volta sensazioni intense e mi fa riflettere. È un’emozione ascoltarvi mentre raccontate dei vostri bambini, perché quelle che sento sono parole spontanee e piene d’amore, unite a formare racconti che fanno gonfiare gli occhi, ma soprattutto il cuore.
Subito dopo L’Oblò, durante il quale assisto a dibattiti sugli argomenti più disparati: dal confronto tra cucina del nord e cucina del sud, ai ricordi che i nostri nonni ci hanno lasciato. A volte le discussioni si fanno colorite, ma è giusto così; i pensieri e le parole possono essere espressi liberamente e voi lo fate ogni volta con estrema naturalezza.
Al giovedì Educazione alla salute; c’è chi fa domande, chi prende appunti e chi semplicemente esprime un’opinione sugli argomenti trattati, che si rivelano sempre attuali e stimolanti.
Al venerdì l’Accoglienza, momento indispensabile per conoscere i nuovi giunti con le loro storie e aiutarli ad ambientarsi.
A tal proposito vorrei spendere due parole nei confronti de i peer support: quattro detenuti scelti dall’équipe tra coloro che si propongono per tale ruolo e che, dopo aver seguito un’adeguata formazione, hanno il compito di accogliere in reparto i nuovi arrivati e dar loro un appoggio nei momenti di bisogno.
Poter contare su qualcuno è rassicurante in un luogo difficile come il carcere, luogo di deprivazione e smarrimento; proprio per questo ritengo preziosa ed estremamente utile la presenza di queste figure.
Oltre alle attività appena descritte ve ne sono molte altre che, purtroppo, non ho ancora avuto modo di seguire: Psicodramma Analitico, Giocando con le emozioni, Competenze Sociali,…
Questo viaggio alla Nave mi sta insegnando molto; ognuno di voi ha pregi, difetti e debolezze, celati a volte dietro ad un armatura da guerrieri: guerrieri che sembrano pronti a tutto, ma che in fondo vivono ogni giorno le difficoltà della vita carceraria e le incertezze scaturite dal confronto con se stessi.
Mettersi alla prova non è semplice perché le insidie e le sconfitte si nascondono dietro l’angolo, pronte a spaventarvi e a farvi cadere, ma è proprio in quei momenti che dovete dimostrare ciò che valete, dando prova delle vostre capacità e della perseveranza con la quale cercate di raggiungere i vostri obiettivi.
Voglio concludere dicendovi che ho iniziato e continuo con entusiasmo questo viaggio e per questo ringrazio il capitano della Nave (dr.ssa Bertelli), gli ufficiali (Daniela, Laura, Olga, Barbara, Matilde, Antonio e Andrea) che vi seguono ogni giorno e voi marinai, che state attraversando un momento difficile, ma allo stesso tempo ricco di opportunità, per chi di voi saprà sfruttarle al meglio.
Buon viaggio marinai e ricordate… “anche per chi ha passato tutta la vita in mare, c’è un’età in cui si sbarca”.


Flavia

mercoledì 12 novembre 2014

Teatro

"Da Dentro e Fuori San Vittore, Globe Theatre" prodotto dall'associazione culturale "Orbite Fuori Centro".
Il CETEC (Centro Europeo Tatro e Camere) presenta eBook City, in collaborazione con l'Edge Festival 1014/2015. Un prologo del suo nuovo lavoro teatrale "San Vittore Globe Theatre" dedicato ad Alda Merini, Giovanni Testori e William Shakespeare.
All'interno di San Vittore lo spettacolo si terra' il 15 dicembre 2014  in occasione della festa della Nave (reparto di Cura e Recupero della Asl di Milano-Sert 2 Ss Trattamento Avanzato)  e due detenuti del reparto, attori di questa rappresentazione, hanno avuto il permesso per uscire dal carcere e recarsi alla prova presso il Piccolo Teatro di Milano.
Vi proponiamo in seguito il loro scritto rispetto l'emozione di questo avvenimento.

"Una delle attivita' riabilitative del reparto di trattamento avanzato " la Nave", e' il teatro, e insieme alle altre attivita' culturali psicoterapeutiche e sanitarie ci impegna ogni giorno. Tra i molti compagni che partecipano al corso di teatro, a due detenuti sono stati concessi tre permessi (due saranno a breve) in vista di uno spettacolo teatrale al Piccolo Teatro di Milano.
La prima uscita e' stata una prova generale, dove abbiamo preso confidenza con lo spazio del teatro, molto diverso da quello in cui dobbiamo normalmente lavorare in carcere, che per ovvi motivi risulta "piu' piccolo e meno tecnologico".
Siamo usciti da San Vittore alle 15.30, senza manette e non sul solito furgone della polizia penitenziaria usato per gli spostamenti dei detenuti. Questa volta sembrava quello dei normali viaggiatori, con l'autoradio, i posti comodi in fila e sopratutto nessuna grata nei finestrini laterali.
Con noi c'erano anche tre donne/attrici del reparto femminile, con relativa scorta; la polizia era in borghese  (ad eccezione del conducente).  Arrivare a teatro e' stato un modo per gustarsi Milano a "finestra piena". All'arrivo l'accoglienza del resto della compagnia teatrale e' stata calorosa, l'ambiente molto moderno e confortevole, con tutta l'apparecchiatura audio e video di un vero teatro. Le prove sono state molto intense, anche perche' si e' cambiato il copione all'ultimo minuto e questo ha stravolto un po' il vecchio programma di testi e sequenze. La nostra regista Donatella e' una grande professionista e come tale ha lavorato pretendendo molto da noi, come attori.
Per Daniel e' stata la prima esperienza in assoluto nel teatro, per me invece è stata un'emozione gia' provata in passato, a Daniel vedere dopo due mesi di corso, un posto come il Piccolo di Milano, ha messo un po' di soggezione, in quel luogo si respirava teatro. Dopo un'oretta eravamo tutti sul pezzo cercando di capire quello che la regista ci chiedeva, abbiamo sudato ma alla fine e' stata un'infarinatura su come lavoreremo per le future prove, noi attori/attrici metteremo l'impegno necessario.
Le persone presenti erano tutti professionisti nel loro campo e questo ci ha fatto capire il grande investimento fatto su questo progetto. Sentirsi in qualche modo partecipi della vita culturale di Milano ci ha fatto evadere totalmente dal carcere, non tanto come luogo fisico ma come luogo mentale. Il carcere e' anche questo, purtroppo, e mentre in molte case di reclusione avviene gia' regolarmente da tempo, per San Vittore e' la prima volta che viene concessa un'opportunita' simile (data la difficile posizione giuridiche dei detenuti). Speriamo che questo progetto continui per molti altri detenuti nel futuro di questo carcere. Per noi sono esperienze che ci accrescono.
Rientriamo in reparto alle 20.30 passate, dopo aver mangiato una pizza, generosamente offerta da Donatella, tutti insieme in teatro.
Siete tutti invitati allo spettacolo il 9 e il 20 novembre al Piccolo Studio di Via Rivoli 6 (Metro Lanza).
Grazie !"
A.

sabato 28 giugno 2014

Festa della Nave

Buongiorno lettori,
siamo giunti al dodicesimo anniversario del reparto La Nave, il reparto per tossicodipendenti organizzato e gestito dal Servizio di Trattamento Avanzato del Sert 2 della Asl di Milano. 
Lunedì 30 giugno, per festeggiare questo evento, abbiamo, detenuti ed operatori, organizzato una festa. I detenuti intratterranno gli ospiti (magistrati, giornalisti...) con uno spettacolo di canto e teatro. Per la maggioranza dei partecipanti il coro è stato un momento di piacevole impegno e gran divertimento (io alcune volte ho quasi pianto dal ridere sentendo l’omone grande e grosso dietro di me cantare in falsetto “là là là”).
Con il teatro il percorso è stato un po’ più faticoso, ma altrettanto piacevole.
Diversi sono stati gli approcci nei confronti del teatro e diverse anche le emozioni provate nello svolgersi del corso. 
E' d'obbligo, comunque, sottolineare che negli ultimi mesi, per adeguarsi alle direttive della comunità europea (la Corte dei diritti dell'Uomo ha condannato l'Italia per il sovraffollamento carcerario e ha stabilito di rientrare nei 3m quadrati per detenuto entro il 28 maggio 2014) sono state prese delle misure che, nell'immediato, hanno colpito anche un reparto avanzato come La Nave. In concreto si è dovuto mettere in atto trasferimenti e ricollocazioni della popolazione detenuta. Questo ha determinato il trasferimento anche di alcuni "naviganti" e conseguentemente l'interruzione per loro del percorso riabilitativo e terapeutico già intrapreso. Il carcere di destinazione del detenuto trasferito, infatti, spesso non è stato Bollate (come prevede la norma e dove ci sono le terapie per il percorso riabilitativo del paziente) ma case carcerarie come Opera Vigevano e Cremona, dove il detenuto non viene accompagnato nel percorso riabilitativo già in atto.  
Il trasferimento dei detenuti partecipanti alle attività ha causato, inoltre, una perdita oggettiva per il coro e per la compagnia teatrale ed è risultato un ostacolo nei preparativi dello spettacolo. Nonostante ciò, grazie alla determinazione dell'equipe e alla collaborazione dei detenuti, lo spettacolo è pronto. 
Speriamo tutti che sia di vostro gradimento, 
un caloroso saluto 

Talita Maris


mercoledì 25 giugno 2014

Voglio imparare ad essere calmo


“La mia diversità consiste nel non essere capace di autocontrollo, per questo sono alla ricerca di quel potere che ti permette di trionfare su te stesso”

Qualche giorno fa durante una lezione tenuta in carcere dal professor Farina si è
parlato di uomini obbligati alla costrizione, controllati dalle istituzioni, privati con la forza del libero arbitrio, perché incapaci di farne uso. Durante un passaggio tra docente e assistente sociale,
ho sentito dire “fortuna che è entrato in carcere, così ha avuto modo di reintegrarsi, ritornare in sé, riacquistare lucidità”. Sentire professionisti parlare in questi termini mi rende triste, demotivato, e mi
fa sentire incapace. Mi rendo conto però che è la verità, soprattutto quando penso alla strada che ho percorso e che mi ha portato in carcere. L'idea di non avere assolutamente le capacità di gestire le
mie facoltà e le mie pulsioni, mi mette di fronte alla dura realtà: sono un diverso.
Perché diverso? Diverso da chi? 
Diverso da quelle persone, evidentemente, che riescono a condurre una vita “normale”, senza sbavature e senza incidenti di percorso che conducono in luoghi oscuri e
senza senso come il carcere. Riabilitazione, dunque. Per chi ci riesce, naturalmente. A quanto pare non è facile, anzi risulta quasi impossibile. "E' giusto che lei sia in crisi, che abbia un esaurimento, deve destrutturarsi". Parole che sono bocconi amari, terribilmente pesanti da digerire. Eppure a un certo
punto bisogna tirare le somme, riorganizzarsi e rimpolpare i ranghi, almeno così si spera. Risultati e statistiche sono contro di me, pochi successi ma soprattutto poca fiducia, forse perché non meritiamo tutta questa comprensione, queste attenzioni e probabilmente è giusto così.
Per la società è inaccettabile che un individuo non riesca a gestirsi, tenere a freno i propri istinti, non essere pericoloso. Ma come è possibile che un uomo arrivi ad essere così aggressivo? 
Perché scegliere il male? Argomentazione che necessita di troppe spiegazioni, che prenderebbe troppo tempo. Torniamo alle origini: sperare di essere rinchiuso per non diventare troppo dannoso. Più ci penso e più mi sembra tragico, eppure da qui devo ripartire. Ricominciare a credere, senza dare troppa importanza a una considerazione carica di disfattismo, anche se pronunciata da una persona che ti stima o da un famigliare che ti ama. Trovare l’energia per riprendere il cammino, avere la convinzione di riuscire, fare tutto l’opposto di quello che hai sempre fatto.
Rimboccarsi le maniche e giocare duro, senza farsi abbattere da un parere pessimista. Devo poter credere di vincere, affrontare quelle piccole avversità della vita che ti debilitano se sei debole e fragile. Diventare intraprendente e audace per le cose sane, per le cose semplici, anche se ogni tanto la semplicità risulta essere soffocante. Devo incominciare un lavoro di introspezione non indifferente,
un meccanismo di concentrazione basato sulla determinazione, senza dare peso a un concetto negativo espresso dal prossimo, fare orecchie da mercante, senza mancare di rispetto a nessuno.
Non sono in guerra con gli altri, lo sono con me stesso e devo cercare di vincere sulla mia incoerenza, devo dimostrare a me stesso di prevaricare la negatività sprigionata in questi anni, non ho bisogno di prevalere sul mio nemico, non mi serve la forza fisica, sono alla ricerca della potenza. Può sembrare il discorso di un invasato ma non è così. 
De Gregori scrive in un suo testo che il vero uomo salta sui vetri e li vince, senza farsi male, sono alla ricerca di quel potere che ti permette di trionfare sulla tua persona e che, per tornare in tema, ti rende possibile il controllo, l’autocontrollo. La pace, la quiete. 
Voglio imparare a essere calmo, pensare, ragionare e in particolar modo dare amore sincero a chi te ne offre, così con naturalezza, come è giusto che sia.
Tornare a essere normale, senza esser catalogato come diverso, schedato come delinquente, guardato come un drogato.
Un uomo nuovo, cambiato, rieducato. Un sogno che presto diverrà realtà.
“Non c’è belva tanto feroce che non abbia qualche senso di pietà, ma io non ne ho alcuno sicché non sono una bestia”.


Gaspare Bergantino

Certe notti

Cos’è il carcere, con che termini si può descrivere?
Ci penso e ci ripenso, ma non trovo mai le parole giuste. Ci provo ancora.
Il carcere è quel posto dove tutto si ferma, dove tutto sembra ripetersi uguale giorno dopo giorno, dove la tua vita si ferma, non la vivi più.
Eppure i giorni, i mesi e gli anni passano comunque e te ne accorgi ogni volta che ti guardi allo specchio trovando nel tuo viso qualche ruga, qualche capello bianco in più.
Ma in particolar modo ti accorgi che la vita scorre quando vedi i tuoi figli che vengono a
trovarti, vedi che stanno crescendo, ti raccontano cose nuove che hanno imparato, di nuove emozioni che hanno vissuto e che magari avrebbero voluto condividere con te. 
Ma tu non ci sei, sei in carcere dove le emozioni non hanno il visto per poter entrare, stanno lì, fuori da quei muri di cinta, fuori dai luoghi dove la vita si vive.
In carcere ci sono notti in cui ti svegli e fissi il soffitto con occhi tristi, ed è in quel momento che centinaia di pensieri iniziano ad affollare la tua mente, così tanti che ti tolgono il respiro, le labbra tremano e gli occhi si riempiono di lacrime, lacrime che cerchi in tutti modi di trattenere inutilmente, perché scenderanno lo stesso fino a posarsi sul cuscino. I pensieri, sempre gli stessi, pieni di mille domande senza mai una risposta, non c’è nessuno che possa dartene una, perché tutti qui cercano la stessa cosa, ma come te trovano il silenzio della notte, dove tutto ciò che puoi sentire è il rumore di grosse chiavi che sbattono, per ricordarti dove sei. In quel momento talvolta arriva in tuo aiuto la speranza che ti da la forza per affrontare la vita in carcere.
La speranza che presto uscirai. La speranza che sia l'ultima volta.

Anonimo

mercoledì 18 giugno 2014

Tra vittima e carnefice

(dicembre 2011)
Ciao vittima, scusa se ti do del tu.
Sono il tuo carnefice.
Oggi sto pensando che qualche setti-
mana fa è caduto il Governo e hanno
fatto un Governo tecnico. Quindi
spero diano un'amnistia, visto che i
partiti di destra o di sinistra non
potranno dirsi l’un l’altro "l'hai data
tu": e così saranno sicuri di non per-
dere consensi.
Poi mi fermo e penso: se fossi io la
vittima cosa penserei sentendo par-
lare di amnistia? Mi verrebbe da dire
che invidio chi ha fede e ha la forza di
perdonare, perché anche se in questo
momento sto impersonando sia la
vittima sia il carnefice… io l’amni-
stia non la darei.
Ecco, quel che veramente invidio - tra
virgolette - alla vittima è che ha due
strade: quella di odiare e quella del
perdono. Invece come carnefice,
anche se mi pento del mio atto, rima-
ne sempre il mio crimine. Senza il
perdono della vittima. E ci vuole
molta, ma molta forza a perdonare.
E io, come vittima, ora non ce la farei proprio a perdonare il mio carnefice.

Tommaso Muggeri    

martedì 17 giugno 2014

tre giorni su un anno, tre soltanto

Di paure ne ho conosciute molte, ma in questo periodo della mia vita una in particolare mi fa più paura di tutte. Non avrei mai creduto che una parola di cinque lettere potesse strizzarti così tanto lo stomaco.
Un giorno come gli altri ero affacciato alla finestra della mia cella da dove riesco a intravedere un pizzico di libertà, delle macchine, un pezzo di marciapiede, qualcuno che passa.
Quel giorno in particolare vidi un padre che teneva suo figlio per mano. In quel momento mi sono passati per la testa un milione di pensieri. Non nascondo anche dell'invidia nei confronti di ciò che vedevo. All'improvviso la mia testa incominciò a fare un conto, un semplice conto di matematica.
Io vedo i miei figli per sei ore al mese, moltiplicando per dodici il risultato è settantadue. Sono le ore che ho a disposizione per fare il padre. Se solo mi azzardo a dividerle per ventiquattro, cioè le ore di un giorno, il tre che ne esce mi fa ancora più paura. 
Tra il moltiplicare e il dividere non è cambiato nulla, ma il punto è che posso vivere da padre solo tre giorni su 365 ogni anno.
Questa è la paura di tutte le mie paure.

Maurizio Lamanuzzi

Il Corso di scrittura

"la letteratura è una difesa contro le offese della vita"
Cesare Pavese

Il Corso ha offerto uno spazio di carattere individuale, di accoglienza delle emozioni e dei pensieri scaturiti dal lavoro di scrittura; ma anche un momento di condivisione collettiva, attraverso il confronto delle esperienze e delle idee, che sempre un lavoro di gruppo suscita nei partecipanti.
I percorsi proposti hanno avuto carattere modulare e sono partiti dalla storia personale di ciascuno, per approdare a competenze più complesse, come quella di selezionare porzioni particolarmente significative del proprio vissuto, con un occhio più attento alle contraddizioni e alle scelte.
Lo scrivere, rispetto all'esporre a voce, possiede una materialità che spinge l'individuo a confrontarsi con la propria capacità di far coincidere quanto pensa e patisce con le parole che prendono corpo sulla pagina. In più, lo sforzo a trovare le parole per dire è di per sè elemento costitutivo del percorso di riformulazione del proprio vissuto e delle proprie aspettative rispetto al futuro: rileggersi e consegnare ad altri per leggere è un momento critico fondamentale.
Molte pagine scritte non troveranno posto nell'Antologia, perchè questa è stata la volontà espressa dei detenuti; la selezione è stata operata con gli studenti del corso, in modo da rispettare le esigenze di riservatezza di ognuno.
Un ringraziamento particolare agli operatori della ASL, coordinata dalla dottoressa Graziella Bertelli, che ha sostenuto il progetto, condiviso anche le fasi problematiche ed emotivamente coinvolgenti, consentendol'ampliamento del lavoro con rinnovato entusiasmo. 

lunedì 16 giugno 2014

solo

Uso son io ad esser solo
 a differenza tua che di ciò ti vanti in compagnia.

(Bruni L.)
Girovagando
In
Una
Selva
E
Puntando a
Paradisi
E
Mete
Illusorie ho
Generato
L'
Irrefrenabile
Orgasmo che mi ha fatto
Respingere la vera
Essenza della vita.

Giuseppe Migliore
Riconoscere
Elementi di fragilità
Personale
Aiuta
Razionelmente
Tutti quanti ad
Organizzare
La grande
Ascesa
Necessaria
A riconquistare la
Vita perduta di ogni
Essere umano

Giuseppe Migliore



sogno

Ho scritto molte poesie per mia figlia, perchè mi manca da morire. Una la vorrei scrivere adesso:

In sonno sono e non mi voglio svegliare
un bel sogno con la mia principessa stavo per fare.
Al balcone con lei stavo a giocare
all'improvviso dal balcone lei la mamma vide
"Papà, papà, la mamma sta salendo su e io
prima di entrare uno scherzo voglio fare"
Così disse, e così fo.
Appena la porta si aprì lei con acqua la bagnò,
la mamma fa finta e si impaurò
e lei fra le braccia le saltò.
Questa storia per tanti normale appare,
ma io prego Dio che lo stesso sogno stanotte possa fare.

Anonimo


episodio fondamentale della vita

In ottobre 1996, sono arrivato qua per la prima volta, avevo quasi 17 anni.
Faceva freddo e il mare non era tanto tranquillo, però si vede che lo scafista aveva deciso di partire lo stesso. Verso le dieci di sera siamo partiti, all'inizio sembrava che ogni cosa era normale, ma quando lo scafo ha preso velocità la gente saltava su come pop corn quando li metti a cuocere.
Il mare si ingrossava di più, io ero insieme a un mio amico quasi alla punta, è li che si sentono di più gli sbalzi dello scafo, e noi ci potevamo reggere a un pezzo di fune che circondava il gommone. Ci facevano male le dita, ma non potevamo fare niente. Tra tanta sofferenza alla fine sentimmo una voce: "Tutti giù in acqua! ". Eravamo arrivati.

R.D.