sabato 28 giugno 2014

Festa della Nave

Buongiorno lettori,
siamo giunti al dodicesimo anniversario del reparto La Nave, il reparto per tossicodipendenti organizzato e gestito dal Servizio di Trattamento Avanzato del Sert 2 della Asl di Milano. 
Lunedì 30 giugno, per festeggiare questo evento, abbiamo, detenuti ed operatori, organizzato una festa. I detenuti intratterranno gli ospiti (magistrati, giornalisti...) con uno spettacolo di canto e teatro. Per la maggioranza dei partecipanti il coro è stato un momento di piacevole impegno e gran divertimento (io alcune volte ho quasi pianto dal ridere sentendo l’omone grande e grosso dietro di me cantare in falsetto “là là là”).
Con il teatro il percorso è stato un po’ più faticoso, ma altrettanto piacevole.
Diversi sono stati gli approcci nei confronti del teatro e diverse anche le emozioni provate nello svolgersi del corso. 
E' d'obbligo, comunque, sottolineare che negli ultimi mesi, per adeguarsi alle direttive della comunità europea (la Corte dei diritti dell'Uomo ha condannato l'Italia per il sovraffollamento carcerario e ha stabilito di rientrare nei 3m quadrati per detenuto entro il 28 maggio 2014) sono state prese delle misure che, nell'immediato, hanno colpito anche un reparto avanzato come La Nave. In concreto si è dovuto mettere in atto trasferimenti e ricollocazioni della popolazione detenuta. Questo ha determinato il trasferimento anche di alcuni "naviganti" e conseguentemente l'interruzione per loro del percorso riabilitativo e terapeutico già intrapreso. Il carcere di destinazione del detenuto trasferito, infatti, spesso non è stato Bollate (come prevede la norma e dove ci sono le terapie per il percorso riabilitativo del paziente) ma case carcerarie come Opera Vigevano e Cremona, dove il detenuto non viene accompagnato nel percorso riabilitativo già in atto.  
Il trasferimento dei detenuti partecipanti alle attività ha causato, inoltre, una perdita oggettiva per il coro e per la compagnia teatrale ed è risultato un ostacolo nei preparativi dello spettacolo. Nonostante ciò, grazie alla determinazione dell'equipe e alla collaborazione dei detenuti, lo spettacolo è pronto. 
Speriamo tutti che sia di vostro gradimento, 
un caloroso saluto 

Talita Maris


mercoledì 25 giugno 2014

Voglio imparare ad essere calmo


“La mia diversità consiste nel non essere capace di autocontrollo, per questo sono alla ricerca di quel potere che ti permette di trionfare su te stesso”

Qualche giorno fa durante una lezione tenuta in carcere dal professor Farina si è
parlato di uomini obbligati alla costrizione, controllati dalle istituzioni, privati con la forza del libero arbitrio, perché incapaci di farne uso. Durante un passaggio tra docente e assistente sociale,
ho sentito dire “fortuna che è entrato in carcere, così ha avuto modo di reintegrarsi, ritornare in sé, riacquistare lucidità”. Sentire professionisti parlare in questi termini mi rende triste, demotivato, e mi
fa sentire incapace. Mi rendo conto però che è la verità, soprattutto quando penso alla strada che ho percorso e che mi ha portato in carcere. L'idea di non avere assolutamente le capacità di gestire le
mie facoltà e le mie pulsioni, mi mette di fronte alla dura realtà: sono un diverso.
Perché diverso? Diverso da chi? 
Diverso da quelle persone, evidentemente, che riescono a condurre una vita “normale”, senza sbavature e senza incidenti di percorso che conducono in luoghi oscuri e
senza senso come il carcere. Riabilitazione, dunque. Per chi ci riesce, naturalmente. A quanto pare non è facile, anzi risulta quasi impossibile. "E' giusto che lei sia in crisi, che abbia un esaurimento, deve destrutturarsi". Parole che sono bocconi amari, terribilmente pesanti da digerire. Eppure a un certo
punto bisogna tirare le somme, riorganizzarsi e rimpolpare i ranghi, almeno così si spera. Risultati e statistiche sono contro di me, pochi successi ma soprattutto poca fiducia, forse perché non meritiamo tutta questa comprensione, queste attenzioni e probabilmente è giusto così.
Per la società è inaccettabile che un individuo non riesca a gestirsi, tenere a freno i propri istinti, non essere pericoloso. Ma come è possibile che un uomo arrivi ad essere così aggressivo? 
Perché scegliere il male? Argomentazione che necessita di troppe spiegazioni, che prenderebbe troppo tempo. Torniamo alle origini: sperare di essere rinchiuso per non diventare troppo dannoso. Più ci penso e più mi sembra tragico, eppure da qui devo ripartire. Ricominciare a credere, senza dare troppa importanza a una considerazione carica di disfattismo, anche se pronunciata da una persona che ti stima o da un famigliare che ti ama. Trovare l’energia per riprendere il cammino, avere la convinzione di riuscire, fare tutto l’opposto di quello che hai sempre fatto.
Rimboccarsi le maniche e giocare duro, senza farsi abbattere da un parere pessimista. Devo poter credere di vincere, affrontare quelle piccole avversità della vita che ti debilitano se sei debole e fragile. Diventare intraprendente e audace per le cose sane, per le cose semplici, anche se ogni tanto la semplicità risulta essere soffocante. Devo incominciare un lavoro di introspezione non indifferente,
un meccanismo di concentrazione basato sulla determinazione, senza dare peso a un concetto negativo espresso dal prossimo, fare orecchie da mercante, senza mancare di rispetto a nessuno.
Non sono in guerra con gli altri, lo sono con me stesso e devo cercare di vincere sulla mia incoerenza, devo dimostrare a me stesso di prevaricare la negatività sprigionata in questi anni, non ho bisogno di prevalere sul mio nemico, non mi serve la forza fisica, sono alla ricerca della potenza. Può sembrare il discorso di un invasato ma non è così. 
De Gregori scrive in un suo testo che il vero uomo salta sui vetri e li vince, senza farsi male, sono alla ricerca di quel potere che ti permette di trionfare sulla tua persona e che, per tornare in tema, ti rende possibile il controllo, l’autocontrollo. La pace, la quiete. 
Voglio imparare a essere calmo, pensare, ragionare e in particolar modo dare amore sincero a chi te ne offre, così con naturalezza, come è giusto che sia.
Tornare a essere normale, senza esser catalogato come diverso, schedato come delinquente, guardato come un drogato.
Un uomo nuovo, cambiato, rieducato. Un sogno che presto diverrà realtà.
“Non c’è belva tanto feroce che non abbia qualche senso di pietà, ma io non ne ho alcuno sicché non sono una bestia”.


Gaspare Bergantino

Certe notti

Cos’è il carcere, con che termini si può descrivere?
Ci penso e ci ripenso, ma non trovo mai le parole giuste. Ci provo ancora.
Il carcere è quel posto dove tutto si ferma, dove tutto sembra ripetersi uguale giorno dopo giorno, dove la tua vita si ferma, non la vivi più.
Eppure i giorni, i mesi e gli anni passano comunque e te ne accorgi ogni volta che ti guardi allo specchio trovando nel tuo viso qualche ruga, qualche capello bianco in più.
Ma in particolar modo ti accorgi che la vita scorre quando vedi i tuoi figli che vengono a
trovarti, vedi che stanno crescendo, ti raccontano cose nuove che hanno imparato, di nuove emozioni che hanno vissuto e che magari avrebbero voluto condividere con te. 
Ma tu non ci sei, sei in carcere dove le emozioni non hanno il visto per poter entrare, stanno lì, fuori da quei muri di cinta, fuori dai luoghi dove la vita si vive.
In carcere ci sono notti in cui ti svegli e fissi il soffitto con occhi tristi, ed è in quel momento che centinaia di pensieri iniziano ad affollare la tua mente, così tanti che ti tolgono il respiro, le labbra tremano e gli occhi si riempiono di lacrime, lacrime che cerchi in tutti modi di trattenere inutilmente, perché scenderanno lo stesso fino a posarsi sul cuscino. I pensieri, sempre gli stessi, pieni di mille domande senza mai una risposta, non c’è nessuno che possa dartene una, perché tutti qui cercano la stessa cosa, ma come te trovano il silenzio della notte, dove tutto ciò che puoi sentire è il rumore di grosse chiavi che sbattono, per ricordarti dove sei. In quel momento talvolta arriva in tuo aiuto la speranza che ti da la forza per affrontare la vita in carcere.
La speranza che presto uscirai. La speranza che sia l'ultima volta.

Anonimo

mercoledì 18 giugno 2014

Tra vittima e carnefice

(dicembre 2011)
Ciao vittima, scusa se ti do del tu.
Sono il tuo carnefice.
Oggi sto pensando che qualche setti-
mana fa è caduto il Governo e hanno
fatto un Governo tecnico. Quindi
spero diano un'amnistia, visto che i
partiti di destra o di sinistra non
potranno dirsi l’un l’altro "l'hai data
tu": e così saranno sicuri di non per-
dere consensi.
Poi mi fermo e penso: se fossi io la
vittima cosa penserei sentendo par-
lare di amnistia? Mi verrebbe da dire
che invidio chi ha fede e ha la forza di
perdonare, perché anche se in questo
momento sto impersonando sia la
vittima sia il carnefice… io l’amni-
stia non la darei.
Ecco, quel che veramente invidio - tra
virgolette - alla vittima è che ha due
strade: quella di odiare e quella del
perdono. Invece come carnefice,
anche se mi pento del mio atto, rima-
ne sempre il mio crimine. Senza il
perdono della vittima. E ci vuole
molta, ma molta forza a perdonare.
E io, come vittima, ora non ce la farei proprio a perdonare il mio carnefice.

Tommaso Muggeri    

martedì 17 giugno 2014

tre giorni su un anno, tre soltanto

Di paure ne ho conosciute molte, ma in questo periodo della mia vita una in particolare mi fa più paura di tutte. Non avrei mai creduto che una parola di cinque lettere potesse strizzarti così tanto lo stomaco.
Un giorno come gli altri ero affacciato alla finestra della mia cella da dove riesco a intravedere un pizzico di libertà, delle macchine, un pezzo di marciapiede, qualcuno che passa.
Quel giorno in particolare vidi un padre che teneva suo figlio per mano. In quel momento mi sono passati per la testa un milione di pensieri. Non nascondo anche dell'invidia nei confronti di ciò che vedevo. All'improvviso la mia testa incominciò a fare un conto, un semplice conto di matematica.
Io vedo i miei figli per sei ore al mese, moltiplicando per dodici il risultato è settantadue. Sono le ore che ho a disposizione per fare il padre. Se solo mi azzardo a dividerle per ventiquattro, cioè le ore di un giorno, il tre che ne esce mi fa ancora più paura. 
Tra il moltiplicare e il dividere non è cambiato nulla, ma il punto è che posso vivere da padre solo tre giorni su 365 ogni anno.
Questa è la paura di tutte le mie paure.

Maurizio Lamanuzzi

Il Corso di scrittura

"la letteratura è una difesa contro le offese della vita"
Cesare Pavese

Il Corso ha offerto uno spazio di carattere individuale, di accoglienza delle emozioni e dei pensieri scaturiti dal lavoro di scrittura; ma anche un momento di condivisione collettiva, attraverso il confronto delle esperienze e delle idee, che sempre un lavoro di gruppo suscita nei partecipanti.
I percorsi proposti hanno avuto carattere modulare e sono partiti dalla storia personale di ciascuno, per approdare a competenze più complesse, come quella di selezionare porzioni particolarmente significative del proprio vissuto, con un occhio più attento alle contraddizioni e alle scelte.
Lo scrivere, rispetto all'esporre a voce, possiede una materialità che spinge l'individuo a confrontarsi con la propria capacità di far coincidere quanto pensa e patisce con le parole che prendono corpo sulla pagina. In più, lo sforzo a trovare le parole per dire è di per sè elemento costitutivo del percorso di riformulazione del proprio vissuto e delle proprie aspettative rispetto al futuro: rileggersi e consegnare ad altri per leggere è un momento critico fondamentale.
Molte pagine scritte non troveranno posto nell'Antologia, perchè questa è stata la volontà espressa dei detenuti; la selezione è stata operata con gli studenti del corso, in modo da rispettare le esigenze di riservatezza di ognuno.
Un ringraziamento particolare agli operatori della ASL, coordinata dalla dottoressa Graziella Bertelli, che ha sostenuto il progetto, condiviso anche le fasi problematiche ed emotivamente coinvolgenti, consentendol'ampliamento del lavoro con rinnovato entusiasmo. 

lunedì 16 giugno 2014

solo

Uso son io ad esser solo
 a differenza tua che di ciò ti vanti in compagnia.

(Bruni L.)
Girovagando
In
Una
Selva
E
Puntando a
Paradisi
E
Mete
Illusorie ho
Generato
L'
Irrefrenabile
Orgasmo che mi ha fatto
Respingere la vera
Essenza della vita.

Giuseppe Migliore
Riconoscere
Elementi di fragilità
Personale
Aiuta
Razionelmente
Tutti quanti ad
Organizzare
La grande
Ascesa
Necessaria
A riconquistare la
Vita perduta di ogni
Essere umano

Giuseppe Migliore



sogno

Ho scritto molte poesie per mia figlia, perchè mi manca da morire. Una la vorrei scrivere adesso:

In sonno sono e non mi voglio svegliare
un bel sogno con la mia principessa stavo per fare.
Al balcone con lei stavo a giocare
all'improvviso dal balcone lei la mamma vide
"Papà, papà, la mamma sta salendo su e io
prima di entrare uno scherzo voglio fare"
Così disse, e così fo.
Appena la porta si aprì lei con acqua la bagnò,
la mamma fa finta e si impaurò
e lei fra le braccia le saltò.
Questa storia per tanti normale appare,
ma io prego Dio che lo stesso sogno stanotte possa fare.

Anonimo


episodio fondamentale della vita

In ottobre 1996, sono arrivato qua per la prima volta, avevo quasi 17 anni.
Faceva freddo e il mare non era tanto tranquillo, però si vede che lo scafista aveva deciso di partire lo stesso. Verso le dieci di sera siamo partiti, all'inizio sembrava che ogni cosa era normale, ma quando lo scafo ha preso velocità la gente saltava su come pop corn quando li metti a cuocere.
Il mare si ingrossava di più, io ero insieme a un mio amico quasi alla punta, è li che si sentono di più gli sbalzi dello scafo, e noi ci potevamo reggere a un pezzo di fune che circondava il gommone. Ci facevano male le dita, ma non potevamo fare niente. Tra tanta sofferenza alla fine sentimmo una voce: "Tutti giù in acqua! ". Eravamo arrivati.

R.D.

amare

Sono quello che sono:
sono fatto così,
se ho voglia di ridere rido come un matto.
Amo colei che m'ama,
non è colpa mia se non è sempre quella per cui faccio follie, sono quello che sono,
sono fatto così, piaccio così come sono.
Che volete da me, sono fatto per piacere e dare piacere
non c'è niente da fare, ora come ora c'è solo da aspettare,
per poter ritornare ad amare, e poi che ve ne importa a voi!
Sono fatto così, chi mi vuole son qui, che cosa vi importa del mio proprio passato, certo qualcuna l'ho amata, e qualcuna ha amato me, come i giovani che s'amano e sanno semplicemente amare, amare, amaree... che vale interrogarmi  sono qui! per piacervi?
e niente può cambiarmi, posso solo amarvi e l'unica cosa che so fare... è amare !

Impolito Massimiliano

martedì 10 giugno 2014

Trascorrono

Giorni sì,
giorni no.
Ci sono giorni
passati lungamente,
chiusi in una cella.
Altri, invece,
in un'aria
parlando con un compagno,
tirando un pallone.
Passano i giorni,
i lunghi mesi,
trapassando di stagioni calde,
freddeautunnaliprimaverili.
Subentrano così maestosi gli anni,
che anch'essi scorrono faticosamente.
Arrivando,
il tal giorno:
"Si prepari la roba.."

In te,
una botta di adrenalina
arriva in gola,
riassaporando
nuovamente
aria di libertà.
Il Conte

La Libellula

Vola,
leggiadra nell'aria,
dolce libellula.
Ti sento,
serena,
libera di poter andare ovunque.
Non frenare mai
il tuo istinto di libertà,
perchè tu,
sei cittadina del mondo.

Il Conte

Dietro le sbarre

Vedo tristezza,
attraverso i tuoi occhi
il corpo trascinato.
Trascorrendo
ore, giorni
ed ormai anni.
Rinchiuso e 
assuefatto
dentro ad un sistema
che t'incatena,
ingrandendo sempre di più
i tuoi enormi problemi.
Facendoti forza
su te stesso,
per aver certezza
di continuar
ad andar avanti...
fino alla fine
di questa tua tortura.

Il Conte

Reso conto

giorni continuano a passare.
Veloci,
lenti
scorrono in me
forti flussi
di star bene
di star male.
Non posso mai fermarmi
per rallentare la mia mente
che continua
ad esplorare
nuovi stimoli
rimanendo in movimento.

Il Conte

lunedì 9 giugno 2014

L'ora d'aria.

Mi chiamo Giorgio. Tra pochi giorni compio 50 anni. Per molti, generalmente a quest'età, si è già fatto un abbondante bilancio della propria vita- i figli sono sposati, o stanno per farlo, ci sono i nipotini a cui badare e si prosegue il cammino facendo i conti con la quotidianeità; per tutti oggi molto complicata, ma si trova ugualmente la forza di sorridere e si va avanti, com'è giusto che sia.
Io, invece il mio cinquantesimo compleanno lo "festeggerò" in cella. Ma non è di questo che vi voglio parlare. 
Come ho detto mi trovo in carcere, esattamente dal 12 dicembre 2013, San Vittore (Milano). 
Dal luglio 2002, in questo Istituto è stato creato un reparto (4° piano del 3° raggio) che è stato chiamato "La Nave". Qui vi lavorano quotidianamente (dal lunedì al venerdì) un gruppo di operatori (psicologi, psichiatri, educatori e via dicendo) a stretto contatto con noi detenuti. Però i residenti (così veniamo chiamati), per accedere  a questo reparto, devono obbligatoriamente essersi dichiarati tossici e venire riconosciuti come tali da un Sert (ASL). Detto questo, voglio raccontarvi una fase di questo trattamento a cui mi sono sottoposto volontariamente. L'ora d'aria. Non stupitevi, lo so che già sapete dell'esistenza di  questo momento nelle carceri, ma io voglio raccontarvi come, per me, esso sia fondamentale ora. Incominciamo le "attività" alle 10 del mattino. Ci ritroviamo tutti (41) in un luogo che chiamerò "aula".
Qui restiamo, svolgendo appunto le nostre attività (ogni giorno differenti) fino alle 12.30. Alle 13 (più o meno) la guardia del piano grida :"ARIA". - Dimenticavo: questo piano a differenza degli altri, è stato dipinto di un azzurro cielo, con disegni sui muri e cartelloni affissi alle pareti con diversi riferimenti ( Costituzione, diritto alla cura e via dicendo). 
Torniamo a noi però. Come dicevo, alle 13 (dopo l'urlo), scendo 4 piani, esco da un cancello, percorro un corridoio di cemento, attraverso un altro cancello, ed entro all'aria. A Milano, da gennaio in avanti, non è difficile incontrare una giornata di pioggia. Quella pioggia fine, che cade piano (pare!), ma che ti fa ritrovare bagnato come si deve se non porti l'ombrello.
A me, fin da piccolo, è sempre piaciuto camminare sotto questo tipo d'acqua. Ho sempre avuto l'impressione come di purificazione, come se dovessi lavarmi l'anima.  
Figuratevi quante docce ho fatto gratis fino ad oggi. 
Una volta entrato in cortile, faccio un bel respiro (aria pulita) accendo la radiolina, metto le cuffie ed incomincio a camminare. Avanti e Indietro. Come avete visto molte volte in TV. Praticamente, da subito, inizio a pensare a ciò che starà accadendo al di là del muro di cinta. Se alzo lo sguardo in alto, vedo le cime degli alberi del viale che porta in Piazza Baracca. E' un attimo però. Riabbasso lo sguardo e ritrovo il cemento sotto le suole, ripeto così per un ora. 
Alle 14 sento la guardia che dice "Basta così?". Alzo gli occhi verso di lui e in quel preciso momento mi rendo conto che attorno a me non c'è nessuno. Siamo soli io e lui.
Levo la cuffia, gli rispondo di si e mi avvio a rifare il tragitto inverso. Rientro in reparto, vado in cella, poso tutto, levo il giubbotto ed alle 14.30 rientro in "aula". Ora fino alle 16 inizia un altro tipo di trattamento. Quello dove c'è qualcuno che tutti i giorni prova ad aiutarmi a capire qualche "perchè" della mia vita. Adesso tocca a me. Staremo a vedere.
A presto,
Giorgio.