giovedì 16 febbraio 2017

Saluti da Ottavia

Ottavia saluta i marinai e l'equipe della Nave e sbarca. 

15/02/2017
Buongiorno équipe, buongiorno marinai!
sono settimane che penso a come salutarvi e devo ammettere che non è semplice per niente sia perché non sono brava con i saluti, sia perché non è facile mettere nero su bianco un’esperienza come quella che mi avete permesso di vivere. Il minimo che posso fare è cercare di restituirvi una parte di quello che ho visto, pensato e che ho vissuto insieme a voi in questi mesi e lo proverò a fare con la storia di un viaggio che ha inizio, guarda caso, proprio su una nave!
Quando sono salita a bordo la prima volta a giugno avevo pensato di imbarcarmi per un mese e invece, sono ancora qui! Uno dei primi giorni un marinaio, di cui non farò nome perché se c’è una cosa che ho imparato in fretta è che su questa nave non si canta, mi ha chiesto cosa ci facessi qui, perché fossi salita quando avevo la libertà di stare a terra e fare quello che volevo e devo ammettere che la risposta precisa ancora non l’ho trovata. Certo, la possibilità riservata ai passeggeri di scendere e salire dalla nave quando vogliono ha contribuito a rendere la rotta solo un’esperienza positiva, ma c’è di più. Quello che so e che sento a bordo è un fortissimo senso di umanità, di unione. E non è scontato visto che la maggior parte dell’equipaggio questa condizione non l’ha scelta e pur trovandosi a bordo perché effettivamente ha sbagliato si trova in un momento difficile e non è sempre facile mantenere un’apertura e un sorriso verso persone estranee in queste situazioni. Ho imparato grazie a voi l’importanza di guardare negli occhi le persone e voler capire chi sono, conoscere le loro storie, le debolezze e i punti di forza, ma soprattutto mi avete insegnato che dietro ogni azione ci sono innanzitutto persone, volti, pensieri. Sembra un concetto banale, ma non lo è perché siamo così tanto abituati a giudicare le persone sulla base delle loro azioni da non riuscire a vedere tutto il bello che c’è dietro.
Non so ancora esattamente cosa ci faccio qui, quale sia la mia spinta, ma quello di cui sono certa è l’importanza di essermi imbarcata e di aver visto in questi mesi così tanti passeggeri che non facevano parte dell’equipaggio, abituati a stare sempre coi piedi per terra, salire a bordo. Non ho mai visto nessuno di questi salire e scendere con la stessa espressione, ho visto questo cambiamento nei ragazzini delle scuole, negli studenti di psicologia e in me stessa. E questo grazie a voi.
Volevo ringraziare l’équipe che ci mette ogni giorno passione, che per prima mi ha permesso di salire e che tanto crede nei suoi marinai, che dà loro tante responsabilità e fiducia, aspetto così importante e complesso. Non c’è niente di più bello che assistere al cambiamento dei marinai durante questa prima rotta che per ciascuno ha una durata variabile. Vedere alcuni marinai partire scoraggiati e vederli entrare a fare parte del gruppo, delle attività, partecipi, pronti a rimettersi in gioco, a portare le loro vite in campo, a fidarsi e affidarsi e trovare la motivazione iniziale per voler condurre se stessi e la Nave alla giusta destinazione, per poter scendere a terra e non risalire è un vero privilegio.
Vi auguro di scendere da questa nave e di riguadagnarvi e riappropriarvi della vostra libertà, di essere in grado di trovare un albero diverso al quale aggrapparvi quando il cane che dovrete affrontare vi inseguirà, che possiate essere felici e indipendenti.
Anche se so che per alcuni di voi è solo il punto di partenza, perché da questa nave approderete a porti diversi, spero sinceramente di potervi incontrare anche a terra e che quando scenderete al porto finale possiate trovare quell’umanità che avete sempre mantenuto e dimostrato, che riusciate a trovare una società in grado di vedere le persone, gli sguardi che ci sono dietro alle azioni e che sappiate conquistarvi la fiducia che meritate.
Concludo con la frase finale di un libro che vi regalo, dal titolo “Fine pena: ora” e che racchiude un po’ quello che mi avete insegnato:
“il carcere è per castigare certi gesti, ma poi punisce anche parti che la persona forse non sapeva di avere, parti innocenti che magari si scoprono solo quando vengono ammutolite a forza e recise. Perché il carcere è pena per gesti che non andavano compiuti: ma la persona non è mai tutta in un gesto che compie, buono o cattivo che sia.”

Grazie équipe, grazie marinai!

Ottavia

giovedì 2 febbraio 2017

Il Coro esce da San Vittore

Il Coro della Nave è uscito il 15 Dicembre per un evento speciale cioè cantare a Casa Manzoni in centro a Milano di seguito riportiamo gli articoli del Corriere della Sera  e di Repubblica.