Non posso negare che nel periodo di attesa precedente alla
mia prima video chiamata Skype, ero ansioso e preoccupato, pur ritenendomi comunque
molto fortunato e grato, per il fatto di avere ancora al mio fianco la mia
amata famiglia: mia madre Geniyé, mia foglia Carlotta, la mia nipotina Mia ed
il mio fratellone Brook. Ero in ansia perché effettuo solo due telefonate
settimanali verso l’Etiopia e non sono sufficienti né per potermi aggiornare su come stiano tutti i miei cari,
né per cercare di spiegare come sta andando il mio percorso di cura alla Nave.
Quindi, potete immaginare tutti com’ero entusiasta ed euforico quando sono
stato autorizzato alla mia prima chiamata Skype, martedì 16 maggio scorso. Così
sono sceso ai colloqui proprio come se stessi effettivamente andando ad incontrare mia madre di persona
(una sensazione emotiva troppo bella!) Geniyé (Genet) che io chiamo “Jegniyé”
in Amarico , In italiano Eroina, e lo è stata realmente per tutta la sua vita, che ha vissuto con amore
incondizionato per tutta la nostra famiglia. Quando l’agente dei colloqui mi
detto di accomodarmi al tavolo, l’ho vista in attesa e mi è spuntato subito un sorriso
di vera felicità e serenità. Wow! Avrei voluto abbracciare il laptop, ed effettivamente
mi sono avvicinato molto alla webcam cercando di guardarla negli occhi,
dicendole semplicemente “ madre mia ti adoro, grazie sei grande!” Mia madre,
sorridendo a sua volta, dopo pochi minuti di conversazione, mi ha improvvisamente chiesto,”ma stai
mangiando?!”, “ certo Madre mia non preoccuparti!”, “Ma stai bene?” “certo
Geniyé!”, “giura su Emmayé!”, “lo giuro, è solo che ultimamente ho corso
parecchio all’aria”. Non vedevo mia madre e tutta la mia famiglia da nove mesi
e pesavo circa novanta Kg, quindi è comprensibile la sua sorpresa, ora che ne
peso settanta. Mi ha fatto promettere che non avrei più corso così tanto, e sto
mantenendo la promessa da una settimana esatta, correrò solo nel weekend e
cercherò di mettere su più massa. Poi, in quell’ora che è volata rapidamente mi
ha aggiornato su come stavano tutti i membri della mia famiglia. Carlotta e Mia
non c’erano, ma c’era il mio fratellone che stava lavorando. A un certo punto
Geniyé, che ha letto tutti gli articoli dell’ Oblò della Nave sul web, mi ha
chiesto che cosa pensavo di fare questa volta, le ho risposto sinceramente,
dicendole che questa volta sto lavorando sulla mia malattia. “Sono malato e non
me ne vergogno più, non la voglio più nascondere questa mia “bestia”, come ho
fatto nove mesi fa , mentendo a me stesso in primis, a te ed a tutta la
famiglia, non cerco più alibi!” Tutto questo glielo avevo già scritto in una
lettera, a due mesi dal mio arrivo alla Nave, ma il punto è che queste parole
non le avevo mai pronunciate nelle mie precedenti carcerazioni, malattia,
bisogno di cura, lavoro su me stesso, comunità terapeutica. Mia madre mi ha
benedetto con gli occhi lucidi, dicendomi che questa era un’opportunità per
riappropriarmi della mia vita. In fondo lei, me lo aveva già consigliato anni
fa… Nel volto di mia madre ho rivisto fiducia e speranza, nel fatto che sono
finalmente consapevole del bisogno di aiuto per affrontare questo percorso di
cura della mia malattia. Sono profondamente convinto di questa mia condizione e
desidero realmente dimostrare che in queste mie convinzioni, io ci credo ed
andrò avanti fino al punto in cui le mie parole saranno seguite dai fatti,
giorno dopo giorno. Ringrazio sempre Dio per tutto l’amore che ho sempre avuto,
e non vedo l’ora di ricambiarlo a tutti i miei cari.
Derek Worku