lunedì 9 giugno 2014

L'ora d'aria.

Mi chiamo Giorgio. Tra pochi giorni compio 50 anni. Per molti, generalmente a quest'età, si è già fatto un abbondante bilancio della propria vita- i figli sono sposati, o stanno per farlo, ci sono i nipotini a cui badare e si prosegue il cammino facendo i conti con la quotidianeità; per tutti oggi molto complicata, ma si trova ugualmente la forza di sorridere e si va avanti, com'è giusto che sia.
Io, invece il mio cinquantesimo compleanno lo "festeggerò" in cella. Ma non è di questo che vi voglio parlare. 
Come ho detto mi trovo in carcere, esattamente dal 12 dicembre 2013, San Vittore (Milano). 
Dal luglio 2002, in questo Istituto è stato creato un reparto (4° piano del 3° raggio) che è stato chiamato "La Nave". Qui vi lavorano quotidianamente (dal lunedì al venerdì) un gruppo di operatori (psicologi, psichiatri, educatori e via dicendo) a stretto contatto con noi detenuti. Però i residenti (così veniamo chiamati), per accedere  a questo reparto, devono obbligatoriamente essersi dichiarati tossici e venire riconosciuti come tali da un Sert (ASL). Detto questo, voglio raccontarvi una fase di questo trattamento a cui mi sono sottoposto volontariamente. L'ora d'aria. Non stupitevi, lo so che già sapete dell'esistenza di  questo momento nelle carceri, ma io voglio raccontarvi come, per me, esso sia fondamentale ora. Incominciamo le "attività" alle 10 del mattino. Ci ritroviamo tutti (41) in un luogo che chiamerò "aula".
Qui restiamo, svolgendo appunto le nostre attività (ogni giorno differenti) fino alle 12.30. Alle 13 (più o meno) la guardia del piano grida :"ARIA". - Dimenticavo: questo piano a differenza degli altri, è stato dipinto di un azzurro cielo, con disegni sui muri e cartelloni affissi alle pareti con diversi riferimenti ( Costituzione, diritto alla cura e via dicendo). 
Torniamo a noi però. Come dicevo, alle 13 (dopo l'urlo), scendo 4 piani, esco da un cancello, percorro un corridoio di cemento, attraverso un altro cancello, ed entro all'aria. A Milano, da gennaio in avanti, non è difficile incontrare una giornata di pioggia. Quella pioggia fine, che cade piano (pare!), ma che ti fa ritrovare bagnato come si deve se non porti l'ombrello.
A me, fin da piccolo, è sempre piaciuto camminare sotto questo tipo d'acqua. Ho sempre avuto l'impressione come di purificazione, come se dovessi lavarmi l'anima.  
Figuratevi quante docce ho fatto gratis fino ad oggi. 
Una volta entrato in cortile, faccio un bel respiro (aria pulita) accendo la radiolina, metto le cuffie ed incomincio a camminare. Avanti e Indietro. Come avete visto molte volte in TV. Praticamente, da subito, inizio a pensare a ciò che starà accadendo al di là del muro di cinta. Se alzo lo sguardo in alto, vedo le cime degli alberi del viale che porta in Piazza Baracca. E' un attimo però. Riabbasso lo sguardo e ritrovo il cemento sotto le suole, ripeto così per un ora. 
Alle 14 sento la guardia che dice "Basta così?". Alzo gli occhi verso di lui e in quel preciso momento mi rendo conto che attorno a me non c'è nessuno. Siamo soli io e lui.
Levo la cuffia, gli rispondo di si e mi avvio a rifare il tragitto inverso. Rientro in reparto, vado in cella, poso tutto, levo il giubbotto ed alle 14.30 rientro in "aula". Ora fino alle 16 inizia un altro tipo di trattamento. Quello dove c'è qualcuno che tutti i giorni prova ad aiutarmi a capire qualche "perchè" della mia vita. Adesso tocca a me. Staremo a vedere.
A presto,
Giorgio. 

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