domenica 27 dicembre 2020

L' Egitto e Napoli

Sharm El Sheikh è il posto più bello che abbia mai visitato. Ci sono andato nel 1998, ed ho visto posti meravigliosi che mi colpirono molto! Subito dopo Sharm, il posto più bello che conosca è la mia città: Napoli. Ci sono tornato nel 2018 con mia moglie che ne è rimasta entusiasta, soprattutto del Santuario di Pompei che è davvero meraviglioso. E' stato bello prendere l'aereo a Linate, arrivare a Capodichino e soggiornare per una settimana in un bed&breakfast. Un altro giorno le ho fatto visitare Mergellina e il Vomero. Non poteva mancare Capri, naturalmente, che le è piaciuta molto. E le ho fatto anche visitare dei musei! Al momento di ripartire, mia moglie non voleva più tornare, come me, del resto.

Gianluca

E il tempo passa.

Buon giorno marinai!

Oggi ognuno aveva impegni, qui nella 407. Io sono andato in matricola, Giovanni aveva il colloquio per la Comunità e Gino ha partecipato al corso Psicoterapia Adulti. Dopo pranzo, quattro chiacchiere durante l'ora d'aria e il gruppo di lettura, nel quale abbiamo letto il libro di Luigi Pagano. Terminato il gruppo, ho chiamato casa e poi l'avvocato. Adesso io e Giovanni stiamo facendo esercizi fisici mentre Gino si dedica ai fornelli: anche questa giornata è passata. A tutti voi una buonanotte!

Frase del giorno: "Non perdere mai la speranza".

Cella 407

Un giorno come tanti altri

 Buongiorno, equipe e marinai.

Questa mattina ci siamo svegliati rapidamente perché eravamo attesi dai Gruppi. In quello a cui ho partecipato abbiamo parlato di varie cose, ma soprattutto abbiamo discusso della prevenzione del Corona Virus. Alle 11.45 rientro in cella, pranzo e poi l'ora d'aria. In cella finisco di leggere il libro "La Storia di Iqbal". Dopo la cena e la pulizia della cella, ci vediamo il film "World War Z"  e poi ci corichiamo.

Frase del Giorno: "Ride delle cicatrici altrui chi non è mai stato ferito".

Cella 407, Sebastian, Ruggiero e Giovanni.

mercoledì 18 novembre 2020

Una voce amica

Buongiorno a tutti. Oggi, al mio risveglio, mi accorgo che, come al solito, il mio concellino è già attivo, Mi guarda e mi invita a scendere per l'ora d'aria. Mi preparo e lo seguo. All'aria corriamo per 30 minuti, facciamo quattro passi ed è già il momento di tornare in cella. Un caffè e poi l'attesa della chiamata della mia compagna. Dieci minuti che a volte non bastano per parlare di tutte le cose che dobbiamo dirci. Alla fine della chiamata quello che ho appreso è che portava la figlia dal dentista. Utile avere notizie, certo, ma in questo periodo il solo sentire una voce amica è molto piacevole. La giornata volge al termine con il solito pisolino e l'ora d'aria. Tiriamo fino all'ora di cena e poi cerchiamo un bel film da vedere, ma di film non c'è traccia. Facciamo un po' di zapping e poi seguiamo l'intervista di Daria Bignardi al direttore dell'istituto. Buona notte a tutti dalla 405.

Parole del giorno: Ognuno può raccontare la propria storia come più gli piace. E' il tuo assolo e nessuno te ne può privare.

Cella 405

martedì 17 novembre 2020

Cadere e rialzarsi

Mi chiamo Alberto, ho 51 anni e da settembre sono carcerato a San Vittore. All'ingresso in carcere mi hanno portato al quinto raggio, dove sono stato 20 giorni. L'esito del mio tampone Covid è risultato  negativo, quindi mi hanno spostato al terzo piano del terzo raggio. Altri venti giorni lì, poi, per mia fortuna, sono salito al quarto piano, alla Nave. Di questo devo ringraziare molto le dottoresse che già mi conoscevano e che sono riuscite a farmi trasferire. Nel 2002 ero già stato per qualche mese in quel reparto, uscendone a fine pena. Oggi sono nella cella 403, proprio di fronte alla 416 dove soggiornavo nel 2002. Uscii il primo gennaio del 2003, credo il primo liberante dell'anno, a San Vittore. Oggi, qui come negli altri carceri, la situazione è molto critica e rischiosa, ma per fortuna i nuovi tamponi che ho fatto sono risultati negativi. Nonostante ciò, la mia cella è ancora cristallizzata per il tracciamento, ma spero che questo cambi in fretta. Era da molto che non entravo a San Vittore, sono stato 11 anni senza delinquere e senza drogarmi. La vita sembrava avere avuto una svolta, lavoravo onestamente e ho avuto due relazioni importanti in questo tempo, una di quattro anni e l'altra, la più importante, di sette. Con Teresa, quella con cui è durata sette anni, ho avuto due gemelli, maschio e femmina: Giovanni e Maddalena che hanno due anni e sei mesi. Purtroppo mi separai da Teresa quando i bimbi avevano solo cinque mesi e lei se ne è andata a vivere in un'altra casa. Ho sofferto molto per questa separazione e adesso che sono recluso soffro ancora di più. Dovrò lavorare molto su me stesso, impegnarmi e rialzarmi dalla ricaduta. Devo subire due processi dopo di che ho intenzione di chiedere una misura alternativa, un percorso riabilitativo in comunità. Voglio tornare l'Alberto che per 11 anni ha svolto una vita normale, onesta, senza la necessità di delinquere e di drogarmi. Solo così potrò riavvicinarmi ai miei figli ed essere un vero padre. Mi piace pensare che dopo la tempesta arrivi sempre la quiete. Tornando alla mia carcerazione, sono consapevole che qualche anno di condanna mi sarà dato, ma non voglio buttarmi giù. Una cosa che ho imparato in questi anni, è la capacità di chiedere aiuto, mettendo da parte l'orgoglio che spesso è nocivo. So che qui alla Nave ho la possibilità di avere tutto ciò che mi serve, di lavorare su di me, di frequentare gruppi, di confrontarmi con gli altri detenuti e le dottoresse. So di essere cambiato rispetto a una ventina di anni fa e la ricaduta che ho avuto mi potrà servire da lezione. Ora so,che ci vuole un attimo a ricadere nella droga e che non devi mai abbassare la guardia, perché basta una dose per fregarsi. Ho voluto scrivere di me e penso che lo farò ancora, mi è utile e mi aiuta a non tenere i pensieri dentro di me.

Alberto

Un giorno difficile

Buon giorno equipe e marinai. Oggi la giornata comincia male. Sveglia molto presto, caffè e sigaretta con il mio concellino Luca. Mi preparo per scendere all'aria, sperando che possa cambiare il mio umore. Oggi avrei dovuto avere un incontro con la mia compagna, ma i colloqui sono sospesi, e quindi non se ne fa nulla. La giornata non è cambiata nonostante alle 11.45 l'abbia chiamata, era agitata, preoccupata per la situazione e per il mio appello del 9 dicembre. Nel pomeriggio, una bella pennichella e poi televisione; tra me e me rifletto sulla fine di merda che ho fatto. Si tira l'ora di cena, caffè e sigaretta e poi pulizia delle stoviglie, il film di prima serata e poi a nanna. Buona notte dalla 405.

Parole del giorno: Noi esseri umani siamo fragili e romperci è molto più facile che aggiustarci!

Cella 405

Disincagliamoci

Buon giorno, equipe e marinai. Comincia un'altra settimana nella quale scopriremo cosa ci riserverà. Da 15 giorni siamo chiusi in cella, tranne le poche ore d'aria che ci sono concesse. In questa situazione di chiusura, c'è poco da dire o da raccontare, le giornate sono più o meno tutte uguali. Le uniche cose che ci restano sono le chiamate e Skype, per svagarci ed avere notizie dei nostri cari. Ormai ci siamo abituati, volenti o nolenti, a questa chiusura, si va all'aria alla mattina e al pomeriggio e poi si guarda la TV. Nonostante la sofferenza, si cerca di fare andare le cose per il verso giusto, per questo sono qui a scrivere il diario. Sarà pure vero che ogni nave ha un diario di bordo, ma al momento la nostra Nave è incagliata su di uno scoglio e non si sa se qualcuno verrà a salvarci. Dalla cella 405 gli auguri per una buona settimana.

Cella 405


Parole del giorno: 

Noi siamo i soliti fatti così 

Abbiamo frequentato delle pericolose abitudini 

E siamo ritornati sani e salvi

Senza complicazioni
Noi siamo liberi.
(Vasco "I Soliti")

Un grazie di cuore

Buongiorno equipe e marinai. Scrivo questo diario esprimendo tutto il mio dolore per come noi marinai stiamo vivendo questo brutto periodo. Il disagio è forte perché questa emergenza sanitaria ha reso ancora più difficile la reclusione. Una chiusura nella chiusura, visto che non abbiamo più colloqui. Ieri, parlando con la dottoressa Bertelli, mi sono reso conto di quanto lei tenga  questo reparto, a tutti noi marinai. Guardandola negli occhi ho visto lo strazio per questa situazione, a volte uno sguardo vale più di mille parole. Nel suo c'erano dolore, compassione, e tanta voglia di aiutare tutti noi. Voglio dirvi, marinai, che questo non sarà né il primo né l'ultimo problema che dovremo affrontare nella nostra lotta a questo virus che ci tiene confinati. Penso però che se resteremo uniti, come una grande famiglia, ne usciremo più forti che mai. Lo dobbiamo alle nostre famiglie, ai nostri figli, ma anche alle dottoresse che donano molto del loro tempo a noi, sottraendolo ai loro cari per darci supporto e conforto, aiutandoci in tutto e per tutto. Spero che restando uniti sconfiggeremo non solo la malattia, ma anche tutte quelle cose che ci hanno portato lontano dai nostri cari, rovinando le nostre vite. Anche se chiusi e con rapporti limitati, se resteremo compatti come la Nave ci ha insegnato, dimostreremo a tutti quello che valiamo.               Concludo con un grazie particolare alle nostre dottoresse. 

Nikolas La Torre

Piccole abitudini

Buongiorno a voi, dottoresse. Oggi è stata una giornata un po' particolare, iniziata con i soliti due caffè, poi una sigaretta, in attesa dell'ora d'aria. Pensavamo di poter scendere insieme ai detenuti delle celle cristallizzate, invece abbiamo dovuto aspettare fino alle 12. Dopo, abbiamo mangiato e abbiamo schiacciato un pisolino per una ventina di minuti. Quando ci siamo svegliati, il nostro compagno Davide ha fatto un po' di palestra mentre Stefano scriveva. Poi, l'attesa per la chiamata, che è andata bene. Tornato in cella, Stefano si è messo a cucinare una buonissima pasta al pesto. Dopo cena, telegiornale e quattro chiacchiere come al solito, prima di pulire la cella e della doccia calda. Poi, tutti a nanna.

Cella 418

lunedì 16 novembre 2020

Una giornata come le altre

Buon giorno, equipe e marinai. Dalla 412, eccovi questo diario. La giornata inizia con le pulizie e il riordino del reparto. Cristian porta il vitto, Francesco e Omar puliscono e Gigi e Ale si occupano delle spese. Nonostante questi impegni, si cerca di stare più uniti possibile, anche con i compagni che sono isolati. Ognuno di noi si ferma presso le loro celle per una chiacchierata, così da avere scambi di pensieri e di argomenti. Si cerca di portare un po' di positività e di allegria in questo momento, segnato dalla monotonia e dalla noia, con il sorriso. Adesso la giornata procede come sempre, con la speranza che qualcosa possa cambiare presto. Siamo fiduciosi, anche se le nostre menti e i nostri cuori sono altrove.

Frase del giorno. Nonostante la speranza restiamo con i piedi per terra: la realtà è questa!

Cella 412

domenica 15 novembre 2020

Cristallizzati

Buongiorno, equipe e marinai. Da due settimane siamo cristallizzati nelle nostre celle e la situazione ci sta pesantemente destabilizzando. Siamo in attesa dei processi e dei tamponi, sperando di giungere presto ad una nuova apertura che ci permetta di poter svolgere di nuovo le nostre attività di gruppo, che ci aiutano a tenere la mente impegnata e a cui teniamo molto. Le nostre giornate sono tutte uguali e siamo molto in pensiero per la sorte dei nostri familiari durante questo lockdown. Un saluto a tutta l'equipe da Gianluca e Arman. 

Frase del giorno: Non cambiare la strada vecchia per quella nuova, che sai cosa lasci e non sai ciò che trovi!

Cella 406

Trovare la forza

Bentrovati a tutti. Il fine settimana sembra quasi di routine, essendo ormai abituati alla sospensione dei Gruppi settimanali. La preoccupazione è forte, le notizie in TV sono pessime e il clima, qui a San Vittore, non è certo buono. Il grande timore riguarda i possibili cambiamenti che potrebbero essere adottati e che potrebbero ostacolare il nostro percorso di cura qui alla Nave. Come dicevo, l'umore è molto basso ma dovremo trovare la forza per rimanere positivi.

Elvis/Ivan

Finirà anche questo

Buongiorno a tutti, come ogni giorno tutto sembra andare peggio, secondo quanto dicono TG e giornali. La situazione è sempre la stessa: al mattino ci si alza e ci si prepara a respirare almeno un'ora d'aria. Naturalmente, anche in quei momenti non si fa altro che commentare i dati. Gli animi di tutti sono affranti e pessimisti. I Gruppi con le dottoresse a cui partecipavamo, ci permettevano di  proseguire il nostro percorso di cura, facendoci concentrare sul conoscerci dentro, sull'analisi della nostra tossicodipendenza. Adesso, tutto è bloccato a causa della pandemia, ma non abbiamo perso la speranza: come per tutte le cose esiste un inizio e una fine. Pazienza, ci vuole pazienza e soprattutto non può mancare un pensiero solidale a chi, in questa dannata situazione, ha perso persone care. Non ci resta che aspettare tempi migliori.

Cella 404

sabato 14 novembre 2020

Uniti ce la faremo

Oggi voglio trattare un argomento a cui fino a qualche tempo fa nessuno di noi avrebbe pensato. Voglio parlare di un virus che ha portato restrizioni, sofferenza, sacrificio, paura e morte; che ha messo in ginocchio il mondo intero. Sembra quasi uno di quei film catastrofici, ma questa volta i protagonisti siamo noi. Io sono entrato in carcere subito dopo il primo lock down, pensando che tutto si sarebbe risolto nel giro di pochi mesi. Ne son passati 8, di mesi e purtroppo la situazione è sfuggita di mano a chi dovrebbe gestirla. Non conosco l'origine di questo virus, so solo che quello che all'inizio sembrava affrontabile con mascherine colorate è diventato qualcosa di davvero spaventoso. Ogni giorno le persone, i loro familiari, muoiono e nessuno è più in grado di di garantirsi un futuro dignitoso. La ristorazione è in ginocchio, le piccole attività hanno più costi tenendo aperto che chiudendo. Ogni giorno vediamo gente che scende in piazza per protestare, per chiedere aiuti economici sostanziosi per rientrare dei debiti, per assicurare ai loro figli un futuro. Io sono in carcere, dove la situazione è altrettanto difficile. Stare chiusi in cella ore e ore ci permette di ragionare, di riflettere. Pensando, sono giunto alla conclusione che è inutile dare ad altri le colpe. Convincerci che siamo una categoria dimenticata, vittimizzarci perché non si fanno più i colloqui.E' più corretto pensare a chi nella vita si è sempre tirato su le maniche senza cercare scorciatoie, ed ora si trova senza alcuna certezza, vivendo nella paura. Ho sempre pensato a me stesso, cercando di tirare l'acqua al mio mulino, ma credo che oggi, nella situazione che stiamo vivendo, la gente abbia cambiato il modo di vedere la vita. A volte non tutto viene per nuocere, dopo tutto. Pensiamo a tutti i medici e agli infermieri morti per aiutare il prossimo. Alle persone che prima del virus già combattevano per sopravvivere, a quei genitori di figli con gravi problemi di salute che oggi si trovano ad essere messi in secondo piano, visto che il virus ha bloccato l'economia e che la ricerca ha necessariamente altri obiettivi. Insomma, il futuro di tutti noi è un grande punto interrogativo. Questa volta, scrivendo per il blog ho voluto esternare il mio pensiero, per essere vicino a quelle categorie pesantemente colpite, ai nostri cari che sono fuori e che si trovano con un problema in più perché noi siamo in carcere. Per loro e per tutto quelli che lavorano per tutelarci. Sono convinto che il mio modo di vedere la vita sia molto cambiato. Speriamo che questo virus venga sconfitto, diventando solo un orribile ricordo. Per il momento bisogna solo stare uniti, aiutare ed aiutarci, perché creare situazioni di ulteriore disagio non serve a nulla. Uniti, riusciremo a rendere meno straziante questo periodo.

Grazie a tutti.

Gino Ruggero

martedì 10 novembre 2020

Mai più lontano dalla mia terra

Non posso stare più senza tornare alle mie origini, al mio Paese, il Senegal. Sento crescere sempre più in me, il profondo desiderio di ritornare a ciò a cui appartengo, alla mia terra nativa. Mi fermo a pensare e a riflettere su ciò che potrei fare quando sicuramente tornerò al mio Paese. Ho molte idee da sviluppare e da realizzare, grazie anche all'Italia, che mi ha ospitato in questi anni, insegnandomi una maggiore apertura mentale verso il mondo e gli altri. Grazie! 

 

 Diallo Omar

Mai più senza mio figlio

Ora vi dirò qual è la cosa per me più importante: mio figlio. Dal primo istante in cui l’ho visto non ho potuto e non potrò mai stare senza di lui. Ho 22 anni e da molti potrei essere considerato ancora un bambino o addirittura un pazzo; io vi posso garantire che da quando sono diventato padre, ovvero il giorno in cui per la prima volta ho tenuto in braccio mio figlio, sono diventato un uomo. Mi sono sempre posto milioni di domande come ad esempio: sarò un buon padre? Sarò in grado di crescere questo angelo che Dio mi ha dato? Bene, tutte le risposte a quelle domande le ho trovate ammirando il sorriso di mio figlio giorno dopo giorno, attimo dopo attimo. Mi ha insegnato ad essere responsabile, mi ha insegnato ad essere più sicuro di me stesso e ultima ma non ultima ho capito cos’è il vero amore. Oggi mio figlio ha quasi due anni, è l’unica ragione della mia vita ed è l’unica cosa di cui posso dire di essere fiero. Sono soddisfatto e fiero di me stesso per essere diventato il padre che sono oggi e di una cosa sono più che sicuro: non potrò mai più stare senza il mio angioletto.

 

 Giovanni Borsellino 

Un dolce vizio

Oggi parlerò di un argomento di mio particolare interesse, quasi un hobby, una passione, un amore vero e proprio: la mia pancia potrebbe farvi capire di cosa sto parlando. Il cibo in tutte le sue forme! Fin da piccolo ero molto goloso di dolci e caramelle ma la mia rovina è stata la Nutella. Ragazzi, la Nutella è come la droga, non ho idea di cosa ci mettano dentro ma secondo me crea dipendenza. Non riesco a resistere: dalle piadine alle brioche, ai krafen e a molti altri dolci accompagnati dalla Nutella, unica e inimitabile come la Coca Cola. Poi ovviamente sono una buona forchetta  e non posso negare il fatto che a me piace mangiare di tutto Sono amante della cucina tradizionale, delle ricette delle nonne, quelle che vengono tramandate di generazione in generazione, poi i dolci tipici siciliani, napoletani,t oscani,ma la Nutella e stato il mio primo e unico amore. Pensate che una volta non sapendo cosa cucinare, ho provato a fare la pasta con la Nutella: non era un granchè ma volevo provarci. E credetemi, la Nutella per molti è uno sfogo perché magari sei nervoso non sai cosa fare e ti attacchi al barattolo. Posso dire che la Nutella ha fatto parte della mia infanzia, fa parte del mio presente e farà parte del mio futuro: toccatemi tutto ma non la Nutella!

 Gino Ruggero

 

martedì 3 novembre 2020

In Marocco, per lavorare

In questi giorni pensavo a che lavoro mi piacerebbe fare, una volta pagato il mio debito con la legge. Mi sono messo a riflettere su quali potrebbero essere le mie risorse come persona, e ritengo di avere sviluppato una padronanza della lingua italiana e di avere una discreta capacità nel comunicare con le persone. Perché quindi non sfruttarle nel mio Paese, il Marocco, nel settore turistico? Mi piacerebbe creare una struttura per turisti un po’ diversa dalle solite presenti nel mio Paese,un Bed and Breakfast a gestione famigliare, offrendo vitto e alloggio secondo le nostre usanze ma con una contaminazione italiana nell’arredo e nel cibo, così che le persone si possano sentire a loro agio avendo uno scambio culturale nella semplicità.

 Azzedine Arbaoui

venerdì 30 ottobre 2020

La mia esperienza con il lavoro

Uscivo da una lunga carcerazione per un cumulo di reati. Dopo 6 anni di carcere finalmente ero fuori. Dopo aver trascorso dai 18 ai 24 anni tra penitenziari e comunità. Grazie a mio cognato che garantì per darmi la possibilità di lavorare nello stesso posto dove lavorava lui iniziai anche io… Si trattava di un ristorante in zona Duomo. La cosa che mi colpì, fu che mio cognato fu sincero nel raccontare ai gestori del mio passato e che loro mi  fecero comunque lavorare senza pregiudizi, dandomi la massima fiducia.  Il mio lavoro consisteva nell’invitare all’interno i clienti e farli accomodare al tavolo dove successivamente arrivavano i camerieri a raccogliere le ordinazioni. Trovavo quel lavoro molto divertente perché non ero solo, ero con un gruppo composto da ragazzi e ragazze che sponsorizzavano il ristorante per il quale lavoravamo, in competizione con un altro gruppo di promoter che lavorava per un altro ristorante che si trovava proprio di fronte al nostro. Lo stimolo per andare avanti  ce lo davano le proprietarie del ristorante che oltre al fisso di 1100 euro al mese ci davano i bonus: cioè ogni 10 clienti che consumavano, scattava un euro a persona fino alla trentesima persona, così arrivavi pure a portare a casa 50 euro ogni giorno. Le ore che passavamo sul posto di lavoro erano dieci con una sola ora di pausa. Ho lavorato li per tre mesi e mezzo ed è stata una bella esperienza lavorativa, anche se breve, perché lasciai quel lavoro alla quale mi ero affezionato: avevo trascorso tutta la mia adolescenza nei penitenziari e cosi preferii un po’ di libertà. Tutt’oggi le proprietarie del locale mi vogliono bene e sono in buoni rapporti con loro perché non hanno pregiudizi e sanno che nonostante i miei errori sul posto di lavoro ho dato il massimo e i clienti da me portati chiedevano di me. Al punto di richiamarmi per ricominciare a lavorare con loro.

Francesco Paolo Catrini

L'importanza del lavoro

Confesso che quando sento la parola ”lavoro” mi vergogno un po’, perché nella mia vita non ho quasi mai lavorato. Non sono certo fiero di dirlo, però posso dirvi con grande orgoglio, che sono il figlio di un grande lavoratore molto onesto, onestà che però, purtroppo, non gli garantiva un pasto al giorno. Tanta povertà mi ha portato all’età di 7 anni a cominciare ad arrangiarmi vendendo sigarette in un  bar nella zona dove abitavo. Il locale era di una donna francese che si chiamava Madame Catryn. Era una donna bella cicciona, molto simpatica che mi voleva bene e sapeva che avevo bisogno di mantenermi. Madame Catryn mi diceva sempre se volevo andare in Francia con lei e io mi mettevo a ridere. Un giorno lo riferii a mio padre e lui mi spiegò che così che così mi sarei allontanato dai miei fratelli. Mi ricordo bene quel giorno, mi misi a piangere: eravamo nove fratelli molto uniti nonostante la situazione economica. Il pensiero di traversare il mare verso l’Europa crebbe subito, visto la povertà e l’ ambiente dove vivevo, e mi portò ad affrontare il mio viaggio di speranza verso un futuro migliore. Purtroppo scelsi la via breve per assicurare una vita dignitosa alla mia famiglia, rubando, saltando da un palazzo all‘ altro e, tra una carcerazione e l’altra, ricadevo sempre nella droga. Negli ultimi sei anni della mia vita ho scommesso su un futuro migliore trovando un lavoro come facchino all’ Ortomercato di Milano, scoprendo la parte positiva di me, quella che mi permetteva di lavorare onestamente e di guadagnare qualche soldo senza paura. Sono stati gli anni più belli della mia vita, dormivo in santa pace anche se all’inizio fu molto difficile. Riuscii a resistere e a non sbagliare, ma la mia ricaduta nella droga mi portò a frequentare certe persone, brutte compagnie, e a commettere altri reati che sto pagando molto cari. 

Adesso mi manca il mio lavoro.  E, ci crediate o no, mi manca anche quando dovevo svegliarmi presto.

Kharbouche Abdel

Ricordi di lavoro

Ho iniziato a lavorare all’età di 16 anni come barista a Milano in corso di Porta Vittoria. Fare il barista mi piaceva molto e lo facevo con amore e passione; mi ricordo di quando portavo i caffè o il pranzo negli uffici o nei negozi, e tutte le persone  mi facevano i complimenti rendendomi molto contento. Poi, dopo questi dieci mesi da barista, decisi di cambiare lavoro e andai a fare il magazziniere a Milano in via Don Calabria, zona Bovisa e lì mi trovai molto bene. Imparai a guidare il muletto, perché facendo il magazziniere era necessario saperlo guidare. Mi piaceva molto come lavoro, perché il datore di lavoro era una persona molto buona e alla mano, già dopo solo un mese di lavoro aveva molta fiducia in me e così andai avanti per circa un anno a lavorare lì. Guidavo mezzi di ogni genere, sia furgoni che camion e posso dire che la giornata mi passava velocemente. Poi dopo quasi un anno di lavoro come magazziniere, andai a lavorare con mia sorella in una ditta di giornali che si trovava a Vittuone in provincia di Milano. E li iniziai a svolgere la mansione di smistamento di giornali di tutti i generi e per quasi un anno e mezzo feci questo, poi andò in pensione un mulettista e così mia sorella e decise affidare la mansione a me. Imparai a guidare tutti i tipi di muletti partendo dal “Paperino” fino al muletto retrattile, mezzo non facile da guidare. Il mio lavoro con il BT consisteva nel dare le ceste piene di giornali da smistare, ai miei colleghi,così andai avanti a lavorare per quattro anni trovandomi molto bene. Poi dopo quattro anni di lavoro, all’età di 22 anni, avvenne il mio primo arresto. Ed è così che diedi l’addio al lavoro.

Gianluca Dercenno

Ottimismo

Buongiorno a tutti, vi voglio parlare delle conseguenze delle sostanze e del carcere sulla mia vita. Soprattutto di come mi stiano facendo perdere parte delle fatiche che ho fatto in passato. Da quando avevo 14 anni ho lavorato duramente con l’impresa di famiglia e ho rinunciato a molte cose per non fare mai mancare nulla alla mia famiglia. Ora però che mi trovo qui (per colpa mia) i miei cari stanno pagando le conseguenze delle mie assenze quanto le sto pagando io. Nonostante fossi stato in comunità, per 16 mesi per uso di alcool e cocaina, è bastato un attimo per ricominciare e ritrovarmi in carcere pieno di problemi. Ogni giorno chiamo casa e il più delle volte ho notizie negative,  finanziarie e affettive, perché mia moglie è stremata e stanca della persona che sono tornato ad essere. Le banche mi stanno chiudendo i fidi, addirittura l’anticipo fatture perché il fatturato è diminuito drasticamente, e solo quando parlo con i miei figli mi ricarico e riacquisto la fiducia e la forza per affrontare questo percorso, che assomiglia in parte a quello che ho già fatto in comunità. Sono fiducioso di ciò che sto facendo alla Nave nonostante tutti i miei problemi. So di essere seguito da professionisti e quindi come dico a mia madre e alla mia famiglia: ottimismo!

Francesco  Carbonini

Mai più senza

Non posso più stare lontano dalle mie origini e dal mio Paese. Sento  crescere sempre più in me, il profondo desiderio di ritornare a ciò che mi lega alla mia terra nativa. Mi fermo a pensare e a riflettere su ciò che potrei fare quando tornerò al mio Paese, ho molte idee da sviluppare e da realizzare , grazie anche all’Italia che mi ha ospitato in questi anni, insegnandomi ad  avere una maggiore apertura mentale verso il mondo e gli altri . Grazie.

Diallo Omar

martedì 6 ottobre 2020

Umiliazione e umiltà

Quando noi parliamo di umiliazione, stiamo vivendo senza volerlo due esperienze diverse .La prima è la sensazione di subirla e accettarla e la seconda secondo me ci protegge e ci dà la forza per andare avanti. In pochi desiderano essere umiliati, a meno che non ci siano di mezzo fruste e catene.Per la maggioranza di noi, l’umiliazione è qualcosa di sgradito e non è qualcosa che viene ricercato, l’umiliazione va in scena di fronte a un pubblico e ci fa venire voglia di scomparire da tutto e da tutti. Spesso succede quando siamo oggetto del disprezzo di qualcun altro,quando qualcuno ride per il colore della nostra pelle, o quando scopriamo che tutti erano al corrente di una relazione di una vostra partner tranne voi. Umiliazione e umiltà sono diventate due cose tanto diverse. Rinunciare alla nostra superiorità non è sempre stato facile,quando molti di noi vengono umiliati non diventeranno mai umili. Ci sono persone che ripetono che sono stati sempre molto umili. Questa falsa modestia è l’ammissione che le cose belle della nostra vita non dipendono soltanto da noi, ma anche dagli altri. 

sabato 3 ottobre 2020

La forza dell'amore

Oggi vorrei tanto parlare di una cosa bella che si chiama amore o affetto per la famiglia, i figli o una compagna. Amare è un grande dono di Dio, il mio amore è per mia moglie e per la mia piccola bambina, per questo ho sentito il bisogno di scrivere e di esprimere quella rabbia che ho avuto ieri pensando alla mia famiglia e al sorriso di mia figlia. Ma mi trovo in questo posto perché ho sbagliato, ed è giusto che paghi per il mio errore. È da quando sono entrato in questo istituto che lotto chiedendo aiuto sbattendomi a destra e a sinistra usando tutte le parole e i motivi per analizzare la mia situazione e trovare una soluzione a questo problema. In carcere non si risolve niente e, visto che ho un problema di dipendenza, preferirei un percorso di cura fuori da queste mura maledette. Non voglio parlare male di questo posto ma delle volte mi sento stressato e depresso per i problemi che ho lasciato fuori di qui. Mi fischiano le orecchie mi sento come fossi  50 piani sotto terra, il tempo scorre lento tra una cosa e l’altra ma trovarmi in questo reparto, alla Nave, mi ha permesso di chiarire e di avere un modo un po’ diverso di ragionare e prendere decisioni.Subito penso ai miei amori che mi vogliono bene e che amo e mi amano e che funzionano da stabilizzatore d’umore Questo amore grande mi dà forza e speranza di vivere e che vale la pena di resistere e combattere per un futuro migliore, senza sofferenza e soprattutto senza sbarre.

Kharbouche Abdel

Gioie e dolori

 Partiamo dalle gioie,che sono le prime a venirmi in mente: la nascita dei miei due figli: Cristian ed Emma. Entrambe sono due splendide pesti, che mi regalano gioie ogni giorno (marachelle a parte) ed è anche grazie a loro che ho deciso di dare una svolta alla mia vita,intraprendendo questo percorso alla Nave, dove io cercherò di  mettere tutto me stesso, anima e cuore, al fine di uscire da questo posto con le idee molto più chiare. Tagliando o cercare di tagliare definitivamente ogni rapporto con la sostanza ed essere per loro un buon padre e un buon esempio. Detto questo un'altra gioia è stata quando ho preso le patenti per il camion,infatti non stavo più nella pelle perché oltre ad usarle per cose comuni, mi permettevano di viaggiare facendo il camionista. Per un bel periodo ero sempre in giro per l’Italia fino a quando nel 2006 mi sono state revocate perche durante la mia carcerazione in quell’anno mi arrivò una carta che mi invitò a presentarmi in motorizzazione per affrontare l’esame di revisione della patente.  Mi venne richiesto di farlo perché mi sono stati decurtati tutti e 20 i punti della patente, perciò essendo impossibilitato a potermi presentare in scuola guida per poter fare il corso di recupero punti, perché ero detenuto,dopo una settimana che avevo finito di scontare la mia pena,mi sono presentato in motorizzazione a fare l’esame sia teorico che pratico. Purtroppo io detto sinceramente non avevo studiato, quindi all’esame ho fatto 6 errori,sta di fatto che mi hanno bocciato ed ho perso in un batter d’occhio tutte le patenti facendomi cadere il mondo addosso. Eccolo,il dolore, che ti fa cadere in depressione innescando una lunga catena di dolori. Naturalmente la colpa è solo stata mia a causa della sostanza che ha finito di rovinarmi, infatti ora sto riflettendo molto su quanto mi è purtroppo successo e sono qui a mettermi in gioco al fine di uscire molto più strutturato  e gioire dell’ essermi liberato di questa palla al piede che era la sostanza.

Diego Lillo

Cambiare si può

 Avevo sempre inteso il cambiamento come se il tema riguardasse il vestiario, al massimo l’acconciatura , una mera questione estetica. Quando, in comunità , la questione si  faceva pesante, sostenevo testardamente che se uno nasce tondo non può morire quadrato al massimo si potevano smussare gli angoli. Quando poi qui ho sentito che il cambiamento implicava sacrificio e dolore ,sorridevo beffardo. Quando poi ti svegli la mattina alle 5 pensando al male fatto , o al male che in qualche maniera ancora stai facendo perché è una parte talmente sadica di te che lo fai senza nemmeno accorgertene, rivedendo i tuoi atteggiamenti scopri che sono quelli che odiavi tanto in tua madre o in tuo padre .La voglia di ridere svanisce di colpo e senti il peso delle tue azioni, prima magari per alleggerire un po’  l’aria tesa ti facevi una birra o una canna  ,ora l’unica canna a cui ti puoi attaccare è quella del gas , ma sarebbe meschino agire ancora da codardi , perché è questo che sei sempre stato , un vigliacco che scappava dalle sue responsabilità e dirselo non è piacevole anzi è davvero doloroso scoprirsi. Scoprirsi ,togliere quella armatura che hai sempre indossato per reggere ai colpi della vita , è dura  ma la vita è anche questo è anche dolore. Anche Cristo sulla croce disse : “Padre se puoi allontana da me questo calice ma sia fatta la tua volontà” . Certo non sono il Cristo, ma è pur certo che ora voglio che sia la mia volontà ad indicarmi la strada da percorrere , sicuramente dura. C’è bisogno di un navigatore per arrivare alla meta, perché la strada è lunga,perché ci sono un sacco di incroci che si  intersecano e ti obbligano a fare attenzione perché non sei l’unico che sta viaggiando, ci sono gli altri e poi i semafori rossi, gli stop e qualche pedone distratto che ti si para davanti all’improvviso e tu devi stare attento a non investirlo,anche se non camminava sulle strisce pedonali. Destra e poi  sinistra, prosegui dritto per la strada , prosegui dritto per altri 300 metri e poi alla prima rotonda imbuchi la seconda via e magari sbagli e devi quindi tornare indietro alla rotonda, e imboccare la strada giusta , farà freddo e i vetri si appanneranno oppure pioverà a dirotto e non riuscirai a vedere oltre 3 metri, oppure ci sarà il sole e quindi un caldo della madonna e con il culo che mi ritrovo l’aria condizionata non funzionerà ma fanculo: io devo arrivare. Accenderò la radio e abbasserò il finestrino perché l’aria fresca mi avvolga coccolandomi un po’ e poi c’è quel brano che mi piace tanto alzerò il volume al massimo e canterò , perché viaggiare mi piace e mi è sempre piaciuto ma ora ho una meta , un punto esatto in cui devo essere per quel giorno e a quell’ ora perché ho preso un impegno con una persona importante e non posso deluderla per l’ennesima volta. Non voglio, non è giusto. E poi se mi annoierò farò salire in macchina qualche amico a farmi compagnia e non c’è  cosa più bella se non viaggiare in dolce compagnia con la musica che fa da colonna sonora a questo meraviglioso spettacolo che è la vita .

Maurizio Tagliaferri

mercoledì 16 settembre 2020

Ragionamenti sul carcere

 Di seguito, pubblichiamo due link che vi condurranno a due articoli, a nostro parere molto interessanti. Il primo riguarda le pene alternative, il secondo, ci racconta l'esperienza del direttore Giacinto Siciliano nelle carceri e a San Vittore in particolare.

La redazione.


https://www.corriere.it/editoriali/20_settembre_10/10-cultura-documentoncorriere-web-sezioni-037601f6-f390-11ea-88b9-39ac85c19851_amp.html

http://giustizia.telpress.it/nT/index.php?u=21&i=1125806

martedì 28 luglio 2020

Mio nonno e una reazione mancata

Premetto il fatto che sono una persona impulsiva e che tendo a reagire molto male in certe situazioni, quando vengo attaccato io o persone a me care. Per questo, l’episodio che sto per raccontarvi mi stupisce ancora oggi, visto che non agii come al solito.
Avevo circa 17 anni e, al contrario dei miei amici, la sera preferivo stare a casa con mio nonno, con il quale avevo un rapporto eccezionale. Per me, lui era un amico, prima che un nonno. Spesso facevamo i compiti insieme e, con lui, quei fastidiosi compiti diventavano piacevoli. Mio nonno era un uomo molto intelligente, un ingegnere mancato a causa del padre, che lo obbligò a lavorare con lui e ad abbandonare gli studi. Era molto colto, leggeva tantissimo e ritagliava gli articoli di giornale più interessanti per poi mostrarmeli e discuterne. Era anche un collezionista: monete, francobolli, automobiline. Si dedicava anche al modellismo, insieme costruivamo velieri, auto, castelli, monumenti. Insomma, mi divertivo molto a stare con lui, ogni giorno imparavo qualcosa di nuovo. Era bravo anche nella grammatica e in matematica: quando leggeva i nostri libri di testo scolastici trovava sempre qualche inesattezza, avvisando le maestre degli errori. 
Era un grande, mio nonno.
Dopo il militare, aveva cominciato a fumare molto, quasi tre pacchetti di “Macedonia” senza filtro al giorno. I medici lo avvisarono del pericolo per lui che era sofferente di cuore, del fatto che se avesse continuato, le medicine non avrebbero avuto effetto. Allora, di punto in bianco, smise completamente di fumare, così, dal giorno alla notte. Iniziò ad avvertire forti mal di testa, che culminarono in un ictus. Eravamo talmente affiatati, che io capivo al volo quando non si sentiva bene, ancora prima della crisi. Dopo anni, ancora non si riusciva a capire la causa di queste crisi. Finchè, un brutto giorno, stette molto, molto male e fu obbligato ad andare all’ospedale San Carlo. Un dottore ci disse che le crisi erano dovute all’ostruzione delle vie respiratorie, che limitava il flusso di ossigeno. Fu ricoverato in terapia intensiva e attaccato ad un iperventilatore. Io stavo con lui giorno e notte, senza tornare a casa. Mi davano poche informazioni sul suo stato, perché ero giovane. Una notte, stette malissimo, i valori erano molto preoccupanti. Decisero di tentare un’operazione, ma essendo lui intubato ed io minorenne, avrebbero dovuto aspettare mia nonna o mia madre per avere il consenso. Mio nonno aveva 74 anni, e le sue vene e il complesso del suo apparato respiratorio erano estremamente fragili, per cui un’operazione era estremamente rischiosa, ad alto rischio di emorragie. Decisero di entrare con un sondino nella vena aorta per inserire un palloncino che avrebbe dovuto allargare la vena e permettergli di respirare autonomamente. Data l’urgenza, fecero firmare a mio nonno, che a stento alzava un braccio e batteva gli occhi il consenso ad operare. 
Morì durante l’intervento. 
Io, che aspettavo in sala, lo venni a sapere solo dopo qualche ora da mia madre. 
In quel momento avevo in mente una cosa sola: devastare l’ospedale e fare del male ai dottori e agli infermieri. 
Al contrario, mi pietrificai, come fossi congelato. Non mangiai né parlai per una settimana, fino a quando dovettero portarmi da uno psicologo perché mi sbloccassi. Sapevo che la colpa era di chi volle operare senza aspettare il parere di mia madre o di mia nonna, ma mio nonno non c’era più e nessuno avrebbe potuto ridarmelo. Col passare del tempo iniziai ad uscire con i miei amici per svagarmi, ma quella rabbia, quel dolore, li porto ancora dentro di me. Quando penso a lui cerco di pensare a quando stava bene e giocavamo, evitando di riflettere sui motivi della sua morte. 
Se avessi ceduto a quel momento di rabbia e avessi reagito d’impulso, non so cosa sarebbe successo. Ora mio nonno è sempre con me, e così sarà per tutta la vita.
Ciao nonno.

Maicol Perotti

martedì 21 luglio 2020

Alcuni giorni volano

Oggi è stata una giornata bella e rilassante allo stesso tempo.  Nazaret e Kevin sono stati trasferiti altrove causa una “discussione animata” avvenuta ieri e stamattina, alle 5, ci siamo alzati perché Massimo aveva l’appello. Caffè e sigaretta “ministeriale”, due chiacchiere e alle 7 ero già solo. Che pacchia! Musica in sottofondo, un po’ di ginnastica e alle 8 la cella era già pulita. Alle 9 la solita pastiglietta della felicità e poi, fino alle 11, corso sul Vangelo. Qui dovrei spiegare perché un ateo anarchico come me, frequenta tale  corso con entusiasmo: penso che le persone che spiegano, che insegnano, cercano di farti aprire gli occhi sulla loro verità. Sono persone speciali, come suor Anna, insegnante di psicologia, Don Roberto, simpatico e preparatissimo e come il seminarista che, compensa i suoi limiti con una tenerezza disarmante. Un corso laico: nessuna preghierina imparata a memoria, nessuna certezza preconfezionata e ogni volta un dubbio nuovo, dubbi che stanno sgretolando le mie convinzioni, le mie verità. Alle 12, l’Oblò, molto interessante, durante il quale il mio pezzo sull’ignoranza è stato applaudito, commuovendomi, ma riesco a dissimulare molto bene i miei sentimenti, anche se non so se è un bene o un male. Finito il gruppo, un piccolo, doveroso interrogatorio fattomi da Olga ( senza lampada puntata negli occhi). Scherzi a parte, fa parte del loro ruolo cercare di capire cosa è successo ieri in cella fra i due duellanti di cui parlavo prima. Ah, dimenticavo…mentre ero al corso, mi ha chiamato anche l’ Ufficio Comandi e naturalmente ho detto loro le stesse cose che ho detto ad Olga ( se siete curiosi di sapere cosa ho detto, rivolgetevi ad Olga). Torno in cella alle 13.15 e arriva Omar. In un attimo sono le 22 e mi sembra che la giornata sia volata. Speriamo che volino così anche negli anni a venire!

Pensiero del giorno: visto che la galera è già pesante, perché renderla ancora più greve? Colpa dell’ignoranza o è solo una questione chimica? Ai posteri l’ardua sentenza!

Buona vita a tutti!

Maurizio T. (Brivido per gli amici)

mercoledì 15 luglio 2020

Emozioni contrastanti

La mia giornata di ieri è iniziata prestissimo, con tanta paura dopo essere stato svegliato dall’agente con la frase “El Khader, preparati che vai a processo”. In quel momento il mondo ti crolla addosso, senti una stretta allo stomaco, come quando si era bambini. Mi sono preparato e, dopo la colazione, mille pensieri ed emozioni contrastanti mi riempivano la testa. Ho preso coraggio e pensando che bisogna avere fiducia nella giustizia italiana, sono uscito dalla stanza. 
Siamo partiti da San Vittore con il classico pulmino e due chili di manette ai polsi. Arrivati al tribunale, mentre l’ascensore segnava il piano “meno due”, mi sono detto “Eccoci!”. Avevo brividi su tutto il corpo, le gambe tremolanti per la paura di affrontare il giudizio. Dopo qualche minuto, arriva il momento di salire in aula. MI stringo la cintura dei pantaloni e prego, dicendomi che andrà tutto bene. CI presentiamo al cospetto del giudice: tre o quattro parole del P.M. ed un paio del mio avvocato. Risultato, il processo è rinviato alla prossima settimana. Da un lato ciò mi ha rilassato, dall’altro, resta la preoccupazione per l’esito. Aspetto che i compagni terminino i loro preocessi e poi torniamo qui, fra le mura. Rientrato in carcere, trovo il lavorante ad attendermi con il biglietto per le videochiamate: posso chiamare mia figlia, “Polpetta” Maryam!
Corro subito immaginandola mentre mi aspetta col telefono in mano. L’assistente mi dice “Stanza numero 8, la chiamata è già collegata". Subito vedo il mio angelo col suo grande sorriso. “Amore della mia vita, ma quanto sei cresciuta?” Un’ora è volata e tante emozioni belle mi hanno fatto dimenticare la mattinata e dove mi trovo. Adesso devo solo aspettare il processo ed un altro colloquio con la mia “Polpetta”. Il più presto possibile.

Said El Khader

giovedì 2 luglio 2020

Difendiamo il pianeta

Ciao, Marinai! 
Oggi è domenica, e l’estate è arrivata con le sue temperature alte e il sole che picchia. Qualcuno va alla Messa, qualcun altro va all’ora d’aria. Si cerca di distrarsi un po’, di dimenticare per un po’ la situazione del dopo virus. A mio parere non ci sarà un vero “dopo”, dovremo abituarci a convivere con il virus e anche con il cambiamento climatico, causato da tutti noi. Finchè non ci sbattiamo il naso, come è appena successo, noi umani andremo sempre nella direzione sbagliata, verso una fine certa. Non abbiamo un pianeta di scorta, questo è l’unico che abbiamo e dobbiamo ribellarci e difenderlo, averne cura e non distruggerlo. Come si suol dire vive meglio chi spera nel futuro. Ora è sera e c’è un bellissimo tramonto.
Un abbraccio a tutti e a presto.

Eduart Mecani

Superare le difficoltà

Buon giorno Marinai!
Oggi è un sabato, giornata abitualmente piatta. Unico momento piacevole l’ora d’aria del mattino e del pomeriggio. C’è un sole splendido, si fanno le solite cose, e la visione di tutte le persone chiuse in cella, sdraiate sulle brande senza far niente, mette tristezza, anche se cerchiamo di andare avanti lo stesso. Nel pomeriggio, quasi tutti i marinai scendono all’aria, in una bella atmosfera estiva. La giornata scorre veloce e si torna nelle stanze. Il tribunale è bloccato e tutte le cause e i procedimenti sono rimandati a luglio. I colloqui sono difficili da ottenere e fra noi serpeggia un senso di angoscia e di ansia. Quello che abbiamo vissuto e che stiamo vivendo è una cosa nuova, e come tutte le cose nuove porta sempre difficoltà. Speriamo di superarle e che arrivino tempi migliori per tutti.

Eduart Mecani

Una nuova legge che è anche figlia nostra

Salve a tutti!
Questa mattina la sveglia suona alle 7.00. Mi preparo e vado a lavorare. Mi affaccio alla finestra come tutti i santi giorni e la vita sembra ripresa a pieno ritmo. C’è un bellissimo attico in Porta Vercellina, sul quale era esposta una grande bandiera italiana. Da un po’ di giorni è scomparsa ed ho provato una strana sensazione, a non vederla. Il suo forte sventolìo mi dava sempre un po’ di carica per cominciare la giornata. Ma veniamo a noi. Verso le 10 si comincia con l’arrivo delle dottoresse e cominciano i vari gruppi. Partecipo all’accoglienza con la dottoressa Bertelli e con Olga. Presente anche la nuova educatrice della Nave, dottoressa Di Mauro. Ci voleva una figura così per colmare i vuoti del recente passato. Lei è molto disponibile e preparata. Oggi leggiamo sul Corriere della Sera di una nuova legge riguardo i colloqui e le telefonate, che pare verrà approvata. Una legge nata proprio qui alla Nave, con il contributo dei parlamentari che abbiamo incontrato e dei volontari dell’Oblò Renato e Fabrizio. Un traguardo che sentiamo nostro, di noi della Nave!

Eduart Mecani

martedì 9 giugno 2020

Una giornata qualunque

Buongiorno marinai! Voglio raccontarvi la mia giornata. Oggi è sabato e volevo dormire un po’ di più, ma il mio compagno di cella è mattiniero e non gli piace bere il caffè da solo. Va bene, caffè, colazione e mi preparo per l’ora d’aria e una corsa, che fa sempre bene, poi di nuovo di sopra. Una doccia ed esco a dare una mano al compagno che sta imbiancando la Nave. Poi arriva l’ora del pranzo, si mangia e dopo si riposa. Appena sveglio, esco a continuare con l’imbiancatura in attesa della doccia e della cena. Si mangia, due chiacchiere e buonanotte a tutti i marinai, in attesa della domenica, di un' altra ora d’aria e di qualche film! Buona navigazione!

Cella 406

Avanti a tutta forza

Buongiorno, équipe e compagni. E’ stato un quadrimestre buio, cupo e stancante per tutti ma allo stesso tempo un periodo all’insegna della rinascita, alla voglia di rimettersi in gioco. Grazie all’impegno di dottoresse e volontari, il reparto non solo sta tornando a funzionare come prima, ma, a mio parere sembra esserci una rinnovata consapevolezza, una voglia di navigare tutti nella stessa direzione. La destinazione è la stessa per tutti: tornare alla nostra vita fuori di qui, alla lucidità e a tutto quello che ci è più caro. Insomma, i presupposti positivi ci sono, la voglia e gli strumenti li abbiamo, quindi adesso ci dobbiamo provare con tutto il nostro impegno.
Parola del giorno: obiettivo.

Roby

Amicizia e speranza

Salve a tutti. Oggi ho ricevuto una lettera dal mio grande amico Alessandro che si trova nel carcere di Opera. Leggendola, mi sono emozionato, perché dopo avere condiviso due anni e mezzo di carcerazione, si è creata una sorta di complicità. Sono contento, anche perché probabilmente potrà rivedere sua figlia dopo quattro anni, ma nello stesso tempo un po’ dispiaciuto per il periodo che lo aspetta nei prossimi mesi. Forza Ale! Oggi la giornata è cominciata col botto: il compagno Manuele è stato processato e ha avuto una riduzione della pena a vent’anni. Un grande spiraglio per il futuro di un grande compagno. Io, poi, per la prima volta dopo quasi un anno, ho potuto sentire ala telefono la voce della mia ex-moglie, un’emozione e una gioia immense. Mi confessa che ha avuto il Covid e racconta della fatica e della sofferenza legata a quei ventun giorni trascorsi in ospedale, Io cerco di immedesimarmi ma per lei deve essere stata davvero dura. 
Siamo al week end, speriamo sia migliore dei molti, recenti week end!
Buona Navigazione!

Tiziano Scalzo, Domenico Gnoffo.

sabato 6 giugno 2020

Addio e grazie di tutto

Cari compagni e care dottoresse, 
come ben sapete, il mio viaggio con voi è concluso e la mia prossima fermata è il porto San Pietro a Voghera. Ricordo ancora il mio ingresso nel reparto, mi sembra ieri ma sono già passati otto mesi. Avevo la testa di un ragazzino e non avevo voglia di fare mai niente, rifiutando l’idea di avere un reale problema. Ogni giorno qualcuno doveva venire da me a chiedermi di partecipare ai gruppi, ma la mia mancanza di fiducia non mi permettevano di accettare il vostro aiuto. Vorrei farmi perdonare tutti quelle volte che ho risposto male, trasmettendovi solo negatività e, soprattutto, tutte quelle volte che vi ho mandato a quel paese sottovoce. Oggi, dopo il tempo passato con voi, dopo le mie cadute e le vostre mani tese, ho capito che posso farcela. Ho imparato ad aspettare le cose al momento opportuno ed ho acquisito, grazie a quei corsi che un tempo ritenevo inutili, un insieme di competenze che mi hanno permesso di capire che voglio davvero cambiare la mia vita. Il 5 giugno uscirò, libero e voglio che sappiate che la mia libertà dipende dal mio percorso futuro. Materialmente e legalmente, sono libero, ma sono ancora schiavo di una sostanza e  dell’adrenalina. Solo il giorno in cui mi libererò davvero da queste cose, sarò veramente libero, libero di essere me stesso e di vivere una vita felice.
Vi ringrazio di cuore per la vostra pazienza e per la fiducia che mi avete accordato.
Vi auguro un cammino sereno e ricco di cambiamenti positivi.
Con affetto, il vostro compagno e pirata.

Tomek

mercoledì 3 giugno 2020

Voglia e motivazione

Faticosamente, affronto un’altra settimana. Sono sincero, non avevo nessuna voglia di condividere il mio pensiero e tanto meno di scirvere. Sono in uno stato d’animo tale che non avrei neppure voglia di alzarmi dal letto, ma ho imparato a non mollare e ad affrontare di petto il destino che mi aspetta, sono qui a raccontare. Ancora una settimana di incontri, qui alla Nave. Ringrazio il pittore Michele che ci aiuta a far ripartire la Nave regalandole un nuovo look. Mentre parlo, gli addetti alla manutenzione stanno montando i nuovi vetri al nostro magnifico finestrone, unico contatto visivo con la vita all’esterno. Stamane, alla riunione di redazione dell’Oblò, si è discusso di motivazione e voglia. Pongo a tutti voi una domanda: arriva prima la voglia o la motivazione? Domandatevelo!
Grazie.

Tiziano Scalzo, Domenico Gnoffo.

Cambiare si può

Buongiorno a tutti. Mi chiamo Omar e oggi ho partecipato ad un corso chiamato “accoglienza”. Devo dire che mi è piaciuto, mi sono sfogato, raccontando ciò che avevo dentro e mi ha fatto sentire bene. Adesso voglio scoprire anche gli altri corsi perché ho davvero voglia di cambiare, di curarmi e diventare una persona onesta, di avere un lavoro e  vivere finalmente una vita normale.

Omar Diallo

La mia famiglia lo merita

Buongiorno ai marinai. Oggi non è una giornata come tante altre, la novità è che avrò una videochiamata con mia moglie e i miei figli, che ogni volta mi riempiono di gioia. Vedo mia moglie stanca ed affaticata e mi sento in parte responsabile delle loro sofferenze. E’ per questo che ho deciso di intraprendere nuovamente questo percorso di cura. A differenza del passato, questa deve essere la volta giusta per poter costruire per me e la mia famiglia, un futuro migliore,  per offrire loro un padre ed un marito sano e presente. Mi metterò in gioco al massimo per ottenere i risultati sperati. Sarà dura, ma so di non essere solo!

Buona giornata,

Cella 403 

domenica 31 maggio 2020


Rimettiamo in rotta la Nave.

Buongiorno Nave ed assistenti! Un’altra giornata sta per cominciare e la voglia di scoprire cosa succederà alla Nave e alla sua rotta è tanta. Dove siamo diretti? Quali le incognite? Noi della cella 403, abbiamo scritto una petizione, nella quale chiediamo al direttore di aprire le celle della sezione in occasione dei gruppi. Aspettiamo fiduciosi la sua risposta, anche se a volte il pessimismo ha la meglio. Del resto è come si dice: se non provi non riuscirai! In ogni caso è giusto partecipare alla ripartenza dell nostra Nave!

Cella 403

Una vita senza additivi

Buongiorno Nave e naviganti!
Eccoci qui ad affrontare un’altra giornata uggiosa. Finalmente è arrivata la tanto attesa notizia: a breve i colloqui ricominceranno. Certo, con qualche accorgimento in più che li renderà più simili ai carceri americani o a quelli tipici del 41 bis. Ogni tavolo avrà un pannello di plexiglass che ci separerà dal contatto con i parenti, dotato anche di un telefono per comunicare con chi sta dall’altra parte. La cosa più importante, in ogni caso, è che finalmente rivedremo i nostri cari. Per il resto dobbiamo comprendere il periodo che viviamo, così come dobbiamo comprendere perché siamo qui alla Nave. Non è perché qui si vive meglio che in altre sezioni, ma per la speranza di uscire di qui con la forte motivazione di stare lontani dalle sostanze e di vivere senza bisogno di additivi.
Frase del giorno: Vivere una vita stupefacente ma senza sostanze!

Domenico La Greca.

martedì 26 maggio 2020


La Nave e il Bullone

La prima volta che erano venuti a trovarci su alla Nave, ormai due anni fa, è stata una esperienza che definire intensa sarebbe limitativo. La seconda volta, qualche settimana prima che scoppiasse l’emergenza Covid, è stata la conferma di un rapporto profondo. Loro sono i ragazzi e i volontari del Bullone, mensile guidato dal giornalista Giancarlo Perego e realizzato dai “B.Livers”. E’ questo il nome che hanno dato a se stessi i protagonisti del progetto B.Live", incastro di parole che contiene al suo interno e nello stesso tempo i concetti di “Essere, Vivere, Credere”. Loro sono giovani affetti da patologie croniche gravi, provenienti da diversi ospedali di Milano e della Lombardia. Motore iniziale del progetto, partito nel 2012, è stata la Fondazione Near Onlus che “attraverso il coinvolgimento e l’inclusione lavorativa di ragazzi che hanno vissuto o vivono ancora il percorso della malattia promuove la responsabilità sociale di individui, organizzazioni e aziende”. 
Quando li abbiamo conosciuti ci siamo resi conto immediatamente, fatte le debite proporzioni, di almeno alcuni punti di forte contatto tra l’atteggiamento loro e quello che anche noi ospiti del reparto La Nave cerchiamo di mettere in pratica qui a San Vittore: sforzarsi di non piangersi addosso e impegnarsi nella costruzione di un percorso di amore per la vita, a maggior ragione quando la vita ti mette davanti sfide durissime da affrontare. Come le malattie gravissime, la dipendenza da sostanze, la detenzione.
Anche Il Bullone, il giornale dei B,Livers, ha parecchio in comune con il nostro mensile L’Oblò: a partire dalla volontà di “generare un nuovo punto di vista – come si legge nel loro sito - che vada oltre il pregiudizio e i tabù verso uno sviluppo sociale, ambientale ed economico sostenibile”. Il Bullone è 
un giornale, un sito e un canale social, i cui contenuti sono realizzati insieme da studenti, volontari e professionisti per “Pensare, Fare, Far Pensare”.


LETTERE PER I RAGAZZI DEL BULLONE

Milano, La Nave
Ciao carissimi amici del Bullone, scrivo queste due righe per voi. 
Volevo esprimere il mio affetto per tutti voi che siete venuti alla Nave e ci avete spiegato con molta simpatia i problemi che affrontate tutti i giorni. Io sono un marinaio della Nave, e ci siamo incontrati una sola volta, ma avete colpito nel cuore tutti noi con le vostre spiegazioni riguardo a come affrontate ogni giorno la vita.
Posso dire con tutta sincerità che le vostre parole ci hanno trasmesso molte emozioni, ci hanno dato molta carica per affrontare con più coraggio e più forza le nostre condanne, e per fare fronte in modo più consapevole alla vita e ai problemi che ci troviamo di giorno in giorno, sia dentro il carcere sia fuori da queste mura. Voi ragazzi e ragazze del Bullone siete persone forti, e date molta speranza e forza a chi vi sta vicino. Questa personalità non è da tutti, ma voi ce l’avete, ed è molto importante.
Siate sempre più forti, e vi auguro con tutto il cuore le cose più belle che la vita possa offrirvi.
Un grande abbraccio a tutti gli Amici del Bullone.
Stefano 


 Milano, La Nave
Ciao ragazzi, come state? 
Mi chiamo Massimo e ho sentito molto parlare di voi. Io purtroppo non ero alla Nave in occasione della vostra visita, ma grazie ai racconti dei miei compagni sulla giornata trascorsa insieme a voi, è come se ci fossi stato anch’io. Mi hanno raccontato di come l’incontro sia stato pieno di reciproche affinità, e di come abbiate trasmesso forza, coraggio e speranza. Quando raccontano di quella giornata, nei loro occhi si accende una luce viva di ottimismo, e questo grazie a voi e alla vostra amicizia nata quel giorno. Vorrei raccontarvi com’è nata una mia amicizia. Quando sta cominciando un’amicizia, non ce ne accorgiamo subito. Il varco sotto cui ci chiamano per passare ed uscire dalla stanza della solitudine, neppure lo vediamo. Solo dopo, solo dopo qualche tempo, quando siamo già passati sotto quel varco, scopriamo di essere altrove, di non essere più soli. Un viaggio, un percorso notturno, alcune parole scambiate in quella porzione di tempo in ogni cosa prende una forma inattesa, quando il giorno, al cospetto della notte, ha preferito dileguarsi come se si fosse sentito inadeguato di fronte a ciò che stava per accadere. 
Una complicità, un gesto condiviso, un’infrazione delle regole o di un patto stretto precedentemente con qualcuno. A innescare l’amicizia, alle volte, è proprio una fuga in macchina quando la notte si è già fatta avanti.
Ora vi saluto e spero un giorno di conoscervi di persona.
Buon viaggio                                                                                                                                         Pura vida

Max


Milano, La Nave
Ciao ragazzi, mi chiamo Kevin. 
Mi hanno parlato molto bene di voi, mi avrebbe fatto tanto piacere conoscervi, perché durante la vostra visita alla Nave io non c’ero. Mi hanno raccontato che durante quella giornata si è creata una bella amicizia, e spero che un giorno possa conoscervi di persona, mi farebbe tanto piacere.
Mi auguro che voi stiate bene e che la vita vi sorrida al più presto, e lo auguro anche per me.
So che voi ce la mettete tutta, e la vostra forza mi fa andare avanti nel modo più positivo possibile. Malgrado la situazione di restrizioni e la pandemia che tutti stiamo vivendo, cerco di trascorrere le mie giornate pensando ogni tanto a voi, perché per quello che mi hanno raccontato, mi date una spinta positiva…
Vi auguro tanta fortuna.
A presto amici.
Kevin


domenica 24 maggio 2020


Ritorno alla nave

Buongiorno a tutti i lettori. 
Dopo 4 anni, mi trovo ancora qui, a scrivere dal ponte di questa Nave.
Direi che non è cambiato molto. E’ tutto come l’ho lasciato anni fa. Certo, è cambiato l’equipaggio, ma il capitano e i suoi vice sono sempre presenti, nonostante il mare in tempesta, non hanno abbandonato la nave e la ciurma, pronti alla ripartenza. Sono certo che la Nave presto rispiegherà le vele per dirigersi verso la tanto desiderata Isola della Guarigione. Sarà una navigazione ancora più difficoltosa ma sono sicuro che, tutti insieme, riusciremo a superare questa nuova tempesta.
Buona navigazione!

Mario D’Argento

lunedì 18 maggio 2020

Giorno dopo giorno

Un altro giorno comincia. Ogni attimo, ogni evento che viviamo ha un senso, anche se non sempre è facile da trovare. Anche oggi, cercherò di vedere il lato buono della giornata, sperando di apprendere qualcosa di utile per arricchire il mio spirito e la mia mente. Cercherò di sfuggire ai pensieri ricorrenti, metterò via il passato perché non esiste più e non penserò neppure al futuro, visto che è impossibile sapere cosa ci riserverà. Mi concentrerò solo sul presente, e sulle mie emozioni. Non è importante perché io sia qui, se sia giusto o sbagliato, so solo che se userò il tempo in modo utile e con animo libero, alla fine di ogni giorno sarò un uomo migliore.

Cella 418

Voglia di Nave

Buongiorno Nave, buongiorno marinai. Oggi, per la prima volta in 5 mesi, non sono sceso all’ora d’aria. Ho avuto una settimana molto impegnativa tra gruppi e allenamenti. Spero comunque che la Nave torni presto a pieno regime, così potrò impegnarmi appieno per migliorarmi. Sono contento di far parte dei Marinai e oggi è stata per me una giornata particolarmente felice!

Luigi Casubolo

sabato 16 maggio 2020

Addio e grazie!

Buongiorno a tutti, marinai ed équipe.
Questa giornata potrebbe essere l’ultima passata alla Nave. Da un paio di giorni mi sento ansioso e un po’ malinconico. Il motivo? La mia decisione di abbandonare la Nave ed intraprendere un percorso lavorativo. Non una decisione facile, visto che da un anno stavo percorrendo una strada non facile, durante la quale sono messo in gioco affrontando una cosa nuova, cercando di dare il meglio per migliorare. Poi, è arrivato il virus, che mi spaventa molto e che mi tiene lontano dalle persone che amo, lasciandomi solo la speranza che tutto, fuori, vada bene. Un’angoscia tremenda, che scarico in cella facendo esercizi fisici e mentali. Spero che la Nave si rimetta presto in rotta, perché, come ha migliorato me, può migliorare anche ad altri miei compagni di navigazione.
Ho imparato molte cose e vi porterò sempre nel mio cuore. Parlo così perché sono deciso a non incontrarvi più, almeno fra le mura di un carcere. Quando finirò la mia pena cambierò vita, voglio farmi una famiglia, tornare qui sarebbe un fallimento terribile, significherebbe non avere imparato niente. Ringrazio tutta l’équipe, le dottoresse e le volontarie del reparto. Un saluto particolare alla dottoressa Olga, una donna veramente eccezionale. Un abbraccio fortissimo!

Roberto Vecchiati

Il tempo delle mascherine

Buongiorno a tutti, belli e brutti. La Nave va riprendendosi dalla bufera che l’ha investita e ognuno di noi marinai, mozzi e capitani siamo presi dai problemi che si accavallano nella mente. Uno di questi è la mascherina attaccata al viso, come fosse una rete per fermare quello squalo feroce che si chiama Covid. Serve? Non serve? Ti guardi in giro e vedi tante mascherine nere, come una grotta piena di pipistrelli, ma l’importante è averle e indossarle quando serve. Ci si guarda negli occhi, si abbozza un sorriso velato, anche se si riesce a malapena a respirare. Finalmente arriva l’ora d’aria e le mascherine spariscono come d’incanto, torniamo ad essere noi stessi. Chi corre, chi passeggia, chi gioca a carte, come se questo Covid esistesse solo all’interno del carcere e l’aria ci rendesse liberi in tutto. Appena saliamo, però, tutti indossano subito la mascherina e siamo di nuovo prigionieri in prigione. Arrivati in cella, la tieni come come fosse parte della tua prigionia. Tutto il resto è indecifrabile, si vive, si sopravvive. Un altro giorno è passato sulla Nave dei desideri. 
Ci restano solo i sogni, anche se, a volte, sono peggio della realtà.

Sergio Fini

martedì 12 maggio 2020

Una giornata come tante

Buongiorno a tutti. Oggi è sabato, ma ci si sveglia presto per iniziare i lavori quotidiani. Proprio mentre sto andando a prendere il pane, un agente mi comunica che c’è una videochiamata di mio figlio Simone su Skype. Due risate insieme al mio grande amore e torno in sezione. Appena raggiungo il piano mi chiamano di nuovo. Questa volta è l’avvocato, che mi dice di stare tranquillo e di passare un week end sereno, che lunedì, al processo, ci avrebbe pensato lui. Spero proprio che abbia ragione. A mezzogiorno mangio qualcosa e alle 13 si va all’aria a prendere il sole. Qualcuno corre, altri giocano a carte. Alle 15 si torna in sezione, in cella. Alle 16.30, passa la cena ( a casa mia si chiamava merenda), dopodichè faccio il giro delle chiamate, cambio il ghiaccio a tutti i marinai e lavo la sezione, mentre Fini prepara la cena vera. Stasera dieta mediterranea per stare in forma, visto che di movimento se ne fa poco. Dopo cena la doccia, e poi in branda a guardare un film, anche se in effetti è lui che guarda me. Ahahah!

Buona notte.

Scilly