giovedì 20 aprile 2017

Il Rugby Milano in visita alla Nave

Un raggio di sole a San Vittore
E' il 17 novembre e Sergio, Federico, Giovanni, Giorgio e Matteo si ritrovano davanti all'ingresso degli agenti della Casa Circondariale San Vittore; sono stati invitati da Barbara Moretti ed Olga Picozzi per promuovere il rugby ed i suoi valori ai ragazzi del reparto la Nave S.s. Trattamento Avanzato SerT Penitenziario ASST Santi Paolo e Carlo. Si tratta di un reparto a trattamento avanzato per detenuti dipendenti da sostanze che si trova presso la C.C. San Vittore di Milano, gestito da un’équipe multidisciplinare che promuove un intervento sanitario, psico-socio-riabilitativo e criminologico.
L'esperienza inizia presso il campetto costruito all'interno di uno dei cortili per l'ora d'aria; bastano pochi minuti per entrare in confidenza e amicizia; esercizi, giochi e flessioni creano in fretta un gruppo che impara i valori del rugby e se ne appropria egoisticamente e fieramente. Dopo un'ora circa si rientra tutti in reparto e l'incontro continua con la proiezione di filmati e termina con una discussione aperta sul rugby e quanto sperimentato sulla propria pelle.

Passa qualche mese e al gruppo biancorosso di educatori si unisce Roberto; stessa entrata, stesso reparto e stesso campetto; alcuni ragazzi sono cambiati altri sono alla loro seconda esperienza. Gli educatori sono subito colpiti da un ragazzo, Massimo, che sembra essere sulle sue e scoprono che non esce da mesi dal reparto rinunciando al poco tempo d'aria.
Stesso format della prima volta, esercizi, giochi e flessioni per chiudere poi l'intervento in cerchio direttamente sul campo.

Dopo qualche giorno riceviamo con stupore ed emozione le copie della pagine del diario di reparto dove gli stessi detenuti scrivono:
Giovedì 17 novembre
Dopo uno spuntino alle 14:15 inizia un'altra interessantissima attività che prevedeva la visita di alcuni rappresentanti della AS Rugby Milano... due ore divertentissime ma anche all'insegna di questo sport che ha come principi la disciplina, il rispetto del gruppo e la fiducia verso il compagno....due ore molto intense e siamo orgogliosi di aver conosciuto questo sport!

Giovedì 30 marzo
Il valore educativo del rugby è stimolare le attitutidini di ogni singolo partecipante ed è proprio vero che non conta arrivare primi, ma insieme e uniti.... ti piace vincere facile? e allora chiediti qual'è il tuo ruolo in una società dove tutto è difficile... un pizzico di impegno di più e quello che riuscirai a ottenere con il tuo sudore sarà più gratificante


La sorpresa più grande però arriva da Massimo, il ragazzo introverso che non usciva da mesi dalla sua cella che ci scrive:
Quante cose sono cambiate, non faccio altro che chiedermi se in libertà fossi veramente libero. Quante brutte cose ho fatto in libertà, non mi rimane altro che l'amarezza.
Ma come faccio a pensare di uscire? Non ho ancora la forza per evitare di ricommettere errori. E' questa la causa per la quale non riesco nemmeno a uscire dal reparto per respirare un po' d'aria fresca; ho paura del sole, lo stesso sole che mi spaventa per i miei sensi di colpa verso l'ideale della libertà. Un sole che avrei voluto rivedere solo quando questa tempesta fosse passata.

Poi siete arrivati voi, non c'era nessun obbligo da parte dell'equipe a partecipare a quest'attività. Sinceramente non ne avevo alcuna intenzione. Il sole è troppo bello e ancora non mi merito il suo calore. Nel cuore un ghiaccio così spesso e la ferma paura a scioglierlo rischiando di soffrire.
Con il sostegno dell'equipe e di alcuni miei compagni ho deciso comunque di scendere perchè se qualcuno decide di impegnarsi per noi invisibili detenuti come minimo non devo essere egoista e pensare solo alle mie paure. Il gruppo scende?? Io scendo!

Ci avete accolti come se foste voi i padroni di casa e questo ha fatto si che io vi abbia percepito non come estranei bensì come compagni. Non è stato facile per me restare lì, poi uno di voi mi ha guardato e mi ha chiamato per nome, mi ha dato coraggio, ho avuto un attimo di disorientamento, ma i miei compagni hanno avvertito questo mio disagio e stretti proprio come in una vera squadra mi hanno sostenuto e spronato.

Tra un "premio" e qualche passaggio, tutti voi mi avete fatto dimenticare le tenebre e vedere il sole; vedevo i miei compagni entusiasti, vedevo la vostra passione, mi sono sentito coinvolto e motivato, il gioco ora era relativo, c'era il sole, ero in mezzo ai miei compagni ed eravamo tutti sorridenti.
Conosco bene il significato di gruppo ma avevo perso di vista l'emozione di farne parte.

Non ha avuto importanza che il tempo a disposizione sia stato poco perchè l'obiettivo è stato raggiunto; abbiamo condiviso un raggio di sole.
Ora sto scendendo all'aria tutti i giorni e grazie ai miei compagni non ho più paura. Quanto a voi credo che non serva ringraziarvi perchè i nostri sorrisi quel giorno dicevano già tutto. Spero di rivedervi presto, ma non da solo bensì con i miei compagni. 
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martedì 28 marzo 2017

Papa Francesco in visita a San Vittore - 25 marzo 2017

Sabato 25 marzo  papa Francesco ha fatto tappa anche al carcere di San Vittore, dove si è trattenuto per un paio d’ore e ha pranzato insieme a un centinaio di detenuti. I detenuti del reparto la Nave, appena finita la visita, hanno scritto delle lettere e dei pensieri per ringraziarlo dell'incontro. Ecco il link  per poterle leggere.

giovedì 2 marzo 2017

Lettere ai detenuti

Come ogni mese in collaborazione con l'associazione Valeria, che gestisce un percorso alla legalità alle classi  delle scuole superiori , anche questo  Gennaio  sono venuti a trovarci gli studenti della classe IV dal Collegio San Carlo. Tornati a scuola dopo una riflessione sulla visita hanno scritto delle lettere ai marinai.
Con piacere riportiamo quattro lettere.

 
Carissimi,

non so se vi ricordate di me, sono un'alunna del Collegio San Carlo. Quando sono entrata nel
carcere, non lo nego, avevo molta paura, stavo attaccata a un mio amico come una calamita. Però,
quando ho iniziato a parlare con voi mi sono sentita a mio agio. Avevo molte cose da chiedervi, ma
avevo un blocco, non riuscivo a parlare. Ho passato delle ore molto piacevoli con voi, ciò che ho
apprezzato di più è stato il modo in cui ci avete parlato, con tanta spontaneità, naturalezza. La cosa
che mi mette più tristezza è che voi, usciti dal carcere, potreste rischiare di essere 'etichettati' da
parte di qualcuno, per uno sbaglio, ma tutti devono avere un'altra possibilità.
Adesso mi sento più vicina a questo vostro mondo... se prima non riuscivo a capire, anzi non
potevo capire la vita di un essere umano privo della sua libertà, ora la posso immaginare, posso
ricordandomi di voi e parlando di voi alle persone che conosco, familiari, amici, posso aiutare
anche gli altri a rimuovere questi etichettamenti, questi pregiudizi che quasi tutta la società ha.
Siamo tutti uguali e tutti possono sbagliare. Se vi sto scrivendo è proprio per ringraziarvi di quanto,
nel vostro piccolo, avete fatto: ci avete aiutati a capire quali siano i veri valori della vita, la libertà e
la felicità, o meglio, che la stessa felicità è una forma di libertà. Tutto parte da noi.
A parer mio, a noi studenti, a volte lamentosi, apatici, pigri, la passione che ci avete trasmesso è
stata da stimolo e da esempio.
Ancora grazie per averci permesso di conoscervi, Emma
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Carissimi ragazzi

Dovete sapere che l’esperienza che ho vissuto è stata davvero bellissima, conoscervi è stato una
bella emozione, una delle più grandi della mai vita.
Scambiare opinioni, chiacchierare, dialogare con voi per più di un’ora mi ha davvero aperto gli
occhi, mi ha fatto capire che è inutile etichettare o avere giudizi affrettati sulle persone perché
siamo tutti uguali, esseri umani, che sbagliano. Voi non siete diversi da me, non siete dei mostri,
anzi siete molto meglio di molte persone che non sono lì dentro con voi. Durante l’incontro mi
avete trasmesso una grandissima forza di volontà perché volete cambiare, volete seppellire il
passato e riiniziare una nuova vita. Ho davvero una grande stima nei vostri confronti, per il vostro
impegno, spero vivamente di rincontrarvi un giorno magari sull’autobus, spingendo un carrello del
supermercato o facendo una passeggiata con il cane.
Vi ringrazio col cuore per la vostra ospitalità e per la grande lezione di vita che mi avete trasmesso.
Un grande saluto! Federico
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Carissimi,

parto dal fatto che vi volevo nuovamente ringraziare per la vostra disponibilità e cortesia. Volevo
inoltre rendervi partecipi della grande importanza che questa esperienza ha avuto per me; è stata
un’esperienza estremamente toccante e costruttiva perché non è usuale poter avere l’opportunità
di entrare in un carcere e di parlare con dei detenuti. Normalmente l’unico modo per conoscere
questa realtà è attraverso film e/o documentari ma grazie a questa esperienza ho avuto
l’opportunità di constatare che non tutto quello che pensavo e che vedevo era come nella realtà.
Sono entrata in carcere carica di pregiudizi, che penso peraltro siano inevitabili e, devo dire, anche
con un po’ di timore misto a curiosità ma ne sono uscita con un’impressione positiva e
sicuramente molto differente da quella che avevo inizialmente. Quando sono salita al piano dove vi
ho incontrato, per un momento il mio cuore ha battuto fortissimo e quasi mi mancava il fiato
perché mi sentivo “diversa” ma, una volta entrata nella stanza dell’incontro un po’ di quel
sentimento, di quelle emozioni sono scomparse e, quando avete iniziato a parlarci e a raccontarci
mi sono improvvisamente sentita a mio agio. Tutto questo per dirvi che mi sono sentita accolta e
che, grazie alle vostre parole mi sono accorta che la gente (io compresa) giudica spesso attraverso
pregiudizi e stereotipi e questo è sbagliatissimo perché tutti possono sbagliare ed è per questo che
ammiro tantissimo la vostra determinazione nel cercare in tutti i modi di riscattarvi (non è facile e
non è da tutti!). Una volta tornata a casa, la sera ho ripensato a tutta questa giornata e mi sono
messa a piangere…. non ne so il vero motivo ma mi sono ripromessa di non giudicare mai più
nessuno per i suoi errori perché ripeto, tutti possono sbagliare ma l’importante è capire il proprio
errore e cercare di riscattarlo. Nessuno mai dovrebbe essere etichettato con l’appellativo
“criminale” perché io in voi ho visto molto altro e per questo mi scuso perché io per prima l’ho
fatto e in principio vi ho guardato con pregiudizio. Vi auguro il meglio e spero che possiate
realizzare tutti i vostri progetti e i vostri sogni perché non è mai troppo tardi per cambiare!!! Non
mollate: state facendo un percorso che vi porterà alla felicità, quella autentica! “Cercate la felicità.
Ce l’hanno data a tutti noi ma era un regalo così bello da averlo nascosto e molti di noi non si
ricordano dove l’hanno messa. Mettete tutto all’aria. C’è la felicità, è lì! E anche se lei si dimentica
di noi, noi non dobbiamo mai dimenticarci di lei” (Roberto Benigni). Grazie di tutto e buona
fortuna, con tutto il cuore!! Ludovica
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Carissimi “ragazzi”,

Ci tenevo innanzitutto a ringraziarvi per l’esperienza che mi avete fatto vivere, e per i molti
insegnamenti che ho potuto apprendere.
Prima dell'entrata in carcere, se devo dire la verità, il mio stato d'animo era un misto tra la paura e
l'angoscia di conoscere dei carcerati, l'idea di entrare in un luogo dove venivano detenute persone
che avevano commesso crimini. Si può immediatamente notare come il mio stato d'animo fosse
guidato dal pregiudizio e dal timore di qualcosa che non conoscevo.
Dopo questa esperienza sono uscita dall'incontro molto arricchita, innanzitutto superati i pregiudizi
grazie alle vostre bellissime testimonianze e la vostra forza di volontà di seppellire il passato e
inoltre sono uscita con un valore aggiunto, ovvero quello della famiglia, voi mi avete insegnato che
anche nelle situazioni di difficoltà e di lontananza la famiglia ricopre un ruolo fondamentale
all'interno della vostra quotidianità.
In conclusione volevo ringraziarvi per esservi così aperti con noi e per averci mostrato quale
coraggio occorra tutti giorni per affrontare la vita in carcere e per cercare di riscattarvi agli occhi
della società e soprattutto delle vostre famiglie.
Un caro saluto, Sara

giovedì 16 febbraio 2017

Saluti da Ottavia

Ottavia saluta i marinai e l'equipe della Nave e sbarca. 

15/02/2017
Buongiorno équipe, buongiorno marinai!
sono settimane che penso a come salutarvi e devo ammettere che non è semplice per niente sia perché non sono brava con i saluti, sia perché non è facile mettere nero su bianco un’esperienza come quella che mi avete permesso di vivere. Il minimo che posso fare è cercare di restituirvi una parte di quello che ho visto, pensato e che ho vissuto insieme a voi in questi mesi e lo proverò a fare con la storia di un viaggio che ha inizio, guarda caso, proprio su una nave!
Quando sono salita a bordo la prima volta a giugno avevo pensato di imbarcarmi per un mese e invece, sono ancora qui! Uno dei primi giorni un marinaio, di cui non farò nome perché se c’è una cosa che ho imparato in fretta è che su questa nave non si canta, mi ha chiesto cosa ci facessi qui, perché fossi salita quando avevo la libertà di stare a terra e fare quello che volevo e devo ammettere che la risposta precisa ancora non l’ho trovata. Certo, la possibilità riservata ai passeggeri di scendere e salire dalla nave quando vogliono ha contribuito a rendere la rotta solo un’esperienza positiva, ma c’è di più. Quello che so e che sento a bordo è un fortissimo senso di umanità, di unione. E non è scontato visto che la maggior parte dell’equipaggio questa condizione non l’ha scelta e pur trovandosi a bordo perché effettivamente ha sbagliato si trova in un momento difficile e non è sempre facile mantenere un’apertura e un sorriso verso persone estranee in queste situazioni. Ho imparato grazie a voi l’importanza di guardare negli occhi le persone e voler capire chi sono, conoscere le loro storie, le debolezze e i punti di forza, ma soprattutto mi avete insegnato che dietro ogni azione ci sono innanzitutto persone, volti, pensieri. Sembra un concetto banale, ma non lo è perché siamo così tanto abituati a giudicare le persone sulla base delle loro azioni da non riuscire a vedere tutto il bello che c’è dietro.
Non so ancora esattamente cosa ci faccio qui, quale sia la mia spinta, ma quello di cui sono certa è l’importanza di essermi imbarcata e di aver visto in questi mesi così tanti passeggeri che non facevano parte dell’equipaggio, abituati a stare sempre coi piedi per terra, salire a bordo. Non ho mai visto nessuno di questi salire e scendere con la stessa espressione, ho visto questo cambiamento nei ragazzini delle scuole, negli studenti di psicologia e in me stessa. E questo grazie a voi.
Volevo ringraziare l’équipe che ci mette ogni giorno passione, che per prima mi ha permesso di salire e che tanto crede nei suoi marinai, che dà loro tante responsabilità e fiducia, aspetto così importante e complesso. Non c’è niente di più bello che assistere al cambiamento dei marinai durante questa prima rotta che per ciascuno ha una durata variabile. Vedere alcuni marinai partire scoraggiati e vederli entrare a fare parte del gruppo, delle attività, partecipi, pronti a rimettersi in gioco, a portare le loro vite in campo, a fidarsi e affidarsi e trovare la motivazione iniziale per voler condurre se stessi e la Nave alla giusta destinazione, per poter scendere a terra e non risalire è un vero privilegio.
Vi auguro di scendere da questa nave e di riguadagnarvi e riappropriarvi della vostra libertà, di essere in grado di trovare un albero diverso al quale aggrapparvi quando il cane che dovrete affrontare vi inseguirà, che possiate essere felici e indipendenti.
Anche se so che per alcuni di voi è solo il punto di partenza, perché da questa nave approderete a porti diversi, spero sinceramente di potervi incontrare anche a terra e che quando scenderete al porto finale possiate trovare quell’umanità che avete sempre mantenuto e dimostrato, che riusciate a trovare una società in grado di vedere le persone, gli sguardi che ci sono dietro alle azioni e che sappiate conquistarvi la fiducia che meritate.
Concludo con la frase finale di un libro che vi regalo, dal titolo “Fine pena: ora” e che racchiude un po’ quello che mi avete insegnato:
“il carcere è per castigare certi gesti, ma poi punisce anche parti che la persona forse non sapeva di avere, parti innocenti che magari si scoprono solo quando vengono ammutolite a forza e recise. Perché il carcere è pena per gesti che non andavano compiuti: ma la persona non è mai tutta in un gesto che compie, buono o cattivo che sia.”

Grazie équipe, grazie marinai!

Ottavia

giovedì 2 febbraio 2017

Il Coro esce da San Vittore

Il Coro della Nave è uscito il 15 Dicembre per un evento speciale cioè cantare a Casa Manzoni in centro a Milano di seguito riportiamo gli articoli del Corriere della Sera  e di Repubblica.