Mi chiamo Alberto, ho 51 anni e da settembre sono carcerato a San Vittore. All'ingresso in carcere mi hanno portato al quinto raggio, dove sono stato 20 giorni. L'esito del mio tampone Covid è risultato negativo, quindi mi hanno spostato al terzo piano del terzo raggio. Altri venti giorni lì, poi, per mia fortuna, sono salito al quarto piano, alla Nave. Di questo devo ringraziare molto le dottoresse che già mi conoscevano e che sono riuscite a farmi trasferire. Nel 2002 ero già stato per qualche mese in quel reparto, uscendone a fine pena. Oggi sono nella cella 403, proprio di fronte alla 416 dove soggiornavo nel 2002. Uscii il primo gennaio del 2003, credo il primo liberante dell'anno, a San Vittore. Oggi, qui come negli altri carceri, la situazione è molto critica e rischiosa, ma per fortuna i nuovi tamponi che ho fatto sono risultati negativi. Nonostante ciò, la mia cella è ancora cristallizzata per il tracciamento, ma spero che questo cambi in fretta. Era da molto che non entravo a San Vittore, sono stato 11 anni senza delinquere e senza drogarmi. La vita sembrava avere avuto una svolta, lavoravo onestamente e ho avuto due relazioni importanti in questo tempo, una di quattro anni e l'altra, la più importante, di sette. Con Teresa, quella con cui è durata sette anni, ho avuto due gemelli, maschio e femmina: Giovanni e Maddalena che hanno due anni e sei mesi. Purtroppo mi separai da Teresa quando i bimbi avevano solo cinque mesi e lei se ne è andata a vivere in un'altra casa. Ho sofferto molto per questa separazione e adesso che sono recluso soffro ancora di più. Dovrò lavorare molto su me stesso, impegnarmi e rialzarmi dalla ricaduta. Devo subire due processi dopo di che ho intenzione di chiedere una misura alternativa, un percorso riabilitativo in comunità. Voglio tornare l'Alberto che per 11 anni ha svolto una vita normale, onesta, senza la necessità di delinquere e di drogarmi. Solo così potrò riavvicinarmi ai miei figli ed essere un vero padre. Mi piace pensare che dopo la tempesta arrivi sempre la quiete. Tornando alla mia carcerazione, sono consapevole che qualche anno di condanna mi sarà dato, ma non voglio buttarmi giù. Una cosa che ho imparato in questi anni, è la capacità di chiedere aiuto, mettendo da parte l'orgoglio che spesso è nocivo. So che qui alla Nave ho la possibilità di avere tutto ciò che mi serve, di lavorare su di me, di frequentare gruppi, di confrontarmi con gli altri detenuti e le dottoresse. So di essere cambiato rispetto a una ventina di anni fa e la ricaduta che ho avuto mi potrà servire da lezione. Ora so,che ci vuole un attimo a ricadere nella droga e che non devi mai abbassare la guardia, perché basta una dose per fregarsi. Ho voluto scrivere di me e penso che lo farò ancora, mi è utile e mi aiuta a non tenere i pensieri dentro di me.
Alberto