martedì 4 ottobre 2011

CARTA DI MILANO del carcere e della pena

Il 10 settembre 2011 è stata presentata a Palazzo Marino la CARTA DI MILANOdel carcere e della pena, proposta per un codice etico/deontologico per giornalisti e operatori dell’informazione che trattano notizie concernenti cittadini privati della libertà o ex-detenuti tornati in libertà.
L'iniziativa, curata tra l'altro da Valerio Onida, presidente emerito della Corte Costituzionale, e' stata illustrata oggi presso il comune di Milano, dagli ordini dei giornalisti di Lombardia, Emilia Romagna e Veneto che hanno elaborato il progetto.
All’incontro sono intervenuti il provveditore regionale carceri Luigi Pagano, l’attuale direttore del carcere di Bollate Massimo Parisi, Ornella Favero, direttrice di Ristretti Orizzonti, Susanna Ripamonti, direttrice di Carte Bollate, Carla Chiappini, direttrice di Sosta Forzata, e un gruppo di detenuti che ha collaborato alla stesura della Carta.
Tra i rappresentanti delle istituzioni, oltre al sindaco Giuliano Pisapia erano presenti l'assessore alle politiche sociali Pierfrancesco Majorino, e il presidente della commissione consiliare sicurezza Mirko Mazzali e Lucia Castellano, in doppia veste di assessore ai lavori pubblici e di ex direttrice del Carcere di Bollate

CARTA DI MILANO
Del carcere e della pena
Proposta per un codice etico/deontologico per giornalisti e operatori dell’informazione che trattano notizie concernenti cittadini privati della libertà o ex-detenuti tornati in libertà.
Premessa
Con le presenti norme di autoregolamentazione Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti fa propria la necessità di sostenere, anche con l’informazione, la lotta ai pregiudizi e all’esclusione sociale delle persone condannate a pene intra o extra murarie.
Ricorda il criterio deontologico fondamentale del «rispetto della verità sostanziale dei fatti osservati» contenuto nell’articolo 2 della Legge istitutiva dell’Ordine e sollecita il costante riferimento alle leggi che disciplinano il procedimento penale e l’esecuzione della pena e ai principi fissati dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, dalla Costituzione Italiana e dalla legge sull’Ordinamento Penitenziario (n. 354 del 1975) con le relative modifiche apportate dalla cosiddetta legge Gozzini (n. 663 del 1986).
A TAL PROPOSITO INVITA I GIORNALISTI A:
a) Osservare la massima attenzione nel trattamento delle informazioni concernenti i cittadini privati della libertà in quella fase estremamente difficile e problematica di reinserimento nella società.
b) Tenere presente che il reinserimento sociale è un passaggio complesso che può avvenire a fine pena oppure gradualmente, come previsto dalle leggi che consentono l’accesso al lavoro esterno, i permessi ordinari, i permessi – premio, la semi-libertà, la liberazione anticipata e l’affidamento in prova ai servizi sociali.
c) Usare termini appropriati in tutti i casi in cui un detenuto usufruisce di misure alternative al carcere o di benefici penitenziari evitando di sollevare un ingiustificato allarme sociale e di rendere più difficile un percorso di reinserimento sociale che avviene sotto stretta sorveglianza. Le misure alternative non sono equivalenti alla libertà, ma sono una modalità di esecuzione della pena.
d) Tenere conto dell’interesse collettivo, ricordando, quando è possibile, dati statistici che confermano la validità delle misure alternative e il loro basso margine di rischio
e) Fornire, laddove è possibile, dati attendibili e aggiornati che permettano una corretta lettura del contesto carcerario.
f) Considerare sempre che il cittadino privato della libertà è un interlocutore in grado di esprimersi e raccontarsi, ma può non conoscere le dinamiche mediatiche e non essere quindi in grado di valutare tutte le conseguenze e gli eventuali rischi dell’esposizione attraverso i media.
g) Tutelare il condannato che sceglie di parlare con i giornalisti, adoperandosi perché non sia identificato con il reato commesso, ma con il percorso che sta facendo.
h) Usare termini appropriati quando si parla del personale in divisa delle carceri italiane: poliziotti, agenti di polizia penitenziaria o personale in divisa.
i) Riconoscere il diritto dell’individuo privato della libertà o ex-detenuto tornato in libertà a non restare indeterminatamente esposto ai danni ulteriori che la reiterata pubblicazione di una notizia può arrecare all’onore e alla reputazione: il diritto all’oblio rientra tra i diritti inviolabili di cui parla l’art. 2 della Costituzione e può essere ricondotto anche all’art. 27, comma 3°, Cost., secondo cui “Le pene […] devono tendere alla rieducazione del condannato”.
l) sono ammesse ovvie eccezioni per quei fatti talmente gravi per i quali l’interesse pubblico alla loro riproposizione non viene mai meno. Si pensi ai crimini contro l’umanità, per i quali riconoscere ai loro responsabili un diritto all’oblio sarebbe addirittura diseducativo. O ad altri gravi fatti che si può dire abbiano modificato il corso degli eventi diventando Storia, come lo stragismo, l’attentato al Papa, il “caso Moro”, i fatti più eclatanti di “Tangentopoli”.
m) E’ evidente che nessun problema di riservatezza si pone quando i soggetti potenzialmente tutelati dal diritto all’oblio forniscono il proprio consenso alla rievocazione del fatto.
n) Garantire al cittadino privato della libertà, di cui si sono occupate le cronache, la stessa completezza di informazione, qualora sia prosciolto.
DIRETTIVE
Tutte le norme elencate riguardano anche il giornalismo on-line, multimediale e altre forme di comunicazione giornalistica che utilizzino innovativi strumenti tecnologici per i quali dovrà essere tenuta in considerazione la loro prolungata disponibilità nel tempo;
Tutti i giornalisti sono tenuti all’osservanza di tali regole per non incorrere nelle sanzioni previste dalla legge istitutiva dell’Ordine.
Il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti raccomanda ai direttori e a tutti i redattori di aprire con i lettori un dialogo capace di andare al di là della semplice informazione per far maturare una nuova cultura del carcere che coinvolga la società civile. Sottolinea l’opportunità che l’informazione sia il più possibile approfondita e corredata da dati, in modo da assicurare un approccio alla “questione criminale” che non si limiti all’eccezionalità dei casi che fanno clamore, ma che approfondisca – con inchieste, speciali, dibattiti – la condizione del detenuto e le sue possibilità di reinserimento sociale.
Raccomanda inoltre di promuovere la diffusione di racconti di esperienze positive di reinserimento sociale, che diano il senso della possibilità, per un ex detenuto, di riprogettare la propria vita, nella legalità.
IL CONSIGLIO NAZIONALE DELL’ORDINE DEI GIORNALISTI SI IMPEGNA A:
Individuare strumenti e occasioni formative che promuovano una migliore cultura professionale;
Proporre negli argomenti dell’esame di Stato per l’iscrizione all’Albo professionale un capitolo relativo al carcere e all’esecuzione penale;
Promuovere seminari di studio sulla rappresentazione mediatica del carcere;
Richiamare i responsabili delle reti radiotelevisive, i provider, gli operatori di ogni forma di multimedialità a una particolare attenzione ai temi della carcerazione anche nelle trasmissioni di intrattenimento, pubblicitarie e nei contenuti dei siti Internet;
Promuovere l’istituzione di un osservatorio sull’informazione relativa al carcere;
Istituire un premio annuale per i giornalisti che si sono distinti nel trattare notizie relative a persone detenute o al carcere in generale.

Nessun commento: