È passato un anno, un anno da recluso qui a San Vittore. I primi giorni rifiutavo di realizzare quello che mi era accaduto. Non mangiavo e non parlavo, in me c’era solo rabbia, ma non cieca, sapevo bene quello che era successo e non accettavo nemmeno le spiegazioni che provavo a darmi. Odio e rabbia che non lasciavano spazio ad altri pensieri, mi addormentavo rabbioso e mi svegliavo ogni giorno sempre più consumato. Dopo qualche giorno il colloquio con un medico mi aveva donato un po’ di tranquillità, ma solo per qualche ora. Mi avevano comunicato il trasferimento in un altro reparto, al sesto lato B, dove ero stato assegnato inizialmente, si stava maluccio, sorvegliati a vista, senza il minimo necessario per mangiare e lavarsi, piatto doccia, lavabo e tazza in acciaio, copricalorifero in metallo e pochissimo spazio per muoversi. Stavo per essere spostato altrove e tutto mi sarebbe parso migliore di quel luogo iniziale. Così arrivai al primo raggio, terzo piano, dove trovai tutti i lavoranti del carcere. Si stava un po’ meglio, ma il reparto era vetusto e sovraffollato. Quattro mesi di attesa poi “La Nave”come alternativa, inizialmente rifiutai, non potevo saperne nulla e poi, tornando sui miei passi, ci volli salire. Iniziò il percorso che tuttora seguo, o per meglio dire e spiegare quello che sento, la metto così: qui abbiamo ricevuto un recipiente, ogni giorno riceviamo contenuti da riversarci, sta a noi fare in modo che ricadano nel nostro contenitore. Io stesso ci metto qualcosa, dopo un po’ non nascondo che possa pesare, ma mi sforzo di reggerlo con una stretta che diventa sempre più forte, fino ad avere paura di mollarlo. Rimarrà sempre, e dico sempre, con me. Io e i miei compagni marinai abbiamo vissuto il tempo delle feste, forse il periodo più delicato per noi che abbiamo la testa e il cuore fuori da qui, vicino ai nostri cari e a tutto quello che abbiamo lasciato. Per questo ripenso a tutto il tempo passato qui a “La Nave”e mi rendo conto che in questo reparto non siamo mai lasciati soli, con generosità i nostri operatori e le nostre operatrici ci fanno sentire un po’ meglio con le iniziative e i gesti, che anche nei momenti di festa, compiono per farci sentire meno soli. Sono come delle madrine che amano viziare i propri figliocci con tutto quello che è permesso loro. Questo vale per tutto il personale del Serd di S. Vittore e vale per tutti i volontari e le volontarie che ci hanno permesso di vivere le feste nel modo più dignitoso e migliore che si possa in un carcere. Grazie anche ai miei compagni, da cui apprendo ogni giorno esperienze di vita. Talvolta diamo tutto per scontato o tutto per dovuto e di questo si accorgono, ma se pensiamo come sarebbe il reparto senza di loro, forse un grazie glielo dobbiamo davvero. Grazie operatori de “La Nave”, grazie volontari per aver reso meno faticosa la nostra permanenza qui e grazie per tutto il calore che ci fate sentire ogni giorno. Buone Feste!
Salvatore C.
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