martedì 21 dicembre 2021

Che fatica!

Caro Oblo’, ma che te lo dico a fare, qui c’è tanto da faticare ed eccomi qua, anche se in realtà vorrei essere là. Ma quando sono là, vorrei tornare qua. Forse sto invecchiando, forse sto solamente maturando, ma che fatica questa vita, che fatica sta salita, e chi se l’aspettava tutta questa sofferenza forzata?  Non sto bene con me stesso, questo carcere è proprio un cesso, per fortuna che c'è la Nave e quindi, tanto vale navigare, sognare di tornare ad una vita normale. Che fatica senza sesso, senza amore, senza quell' odore, quel calore, mi fa tanto male il cuore e vorrei tornare dal mio amore. Che fatica ripensare ogni volta a quando, stanco di lavorare, volevo solo andare a rubare e guadagnare senza fatica, solamente perché mi volevo fare. Che fatica amare, che fatica odiare, che fatica controllare le emozioni, che spesso mi portano a fare brutte azioni, senza pensare alle reazioni dei miei cari che sono fuori. Qui non voglio più tornare, al più presto me ne vorrei andare, per fortuna sono sulla nave chissà se davvero mi potrà aiutare. Che fatica questa vita, ma questa volta ce la faccio, alla faccia di chi mi vorrebbe appeso al laccio ma non avranno questa soddisfazione. 

Vorrei svegliarmi al mare ma so che dovrò ancora faticare.


SARO RONZINO

Il pregiudizio? Una barzelletta!

Il pregiudizio è dare un profilo a qualcuno senza sapere niente di lui, come giudicare un curriculum di lavoro solo dalla foto, senza leggere il resto. Durante la mia infanzia, con un gruppo di coetanei, stavamo davanti al nostro garage. Ci divertivamo a prendere in giro le persone che passavano, esprimendo pregiudizi, anche se noi non sapevamo nulla di loro. Credo che tutto ciò sia da attribuire sia al mancato risultato dell’educazione base scolastica e famigliare. Noi eravamo bambini e sentivamo argomenti di pregiudizio dai nostri nonni o dai nostri genitori che, senza accorgersi di far del male anche a noi, passavano il tempo libero sparando un pregiudizio dopo l’altro. Tutto questo nasce dall’invidia, dalla mancanza di educazione e da una scarsa cultura. Ricordo una barzelletta legata al pregiudizio e all'invidia. C'è una famiglia con una madre e un figlio grande sulla trentina, il figlio è un muratore, lavora tutti i giorni per mantenere la madre. Ogni sera appena torna a casa trova la madre eccitata, gli parla di tutto quel che è successo tra i vicini di casa e di cosa hanno fatto, cosa hanno mangiato a che ora erano usciti, eccetera. Il figlio era stanco di sentire questi pettegolezzi, ma la madre pensava che gli piacesse ascoltare questi argomenti. In ogni caso, gli disse che aveva comprato una parabola televisiva potentissima, che le avrebbe permesso di guardare o ascoltare infiniti canali televisivi di tutto il mondo! Un pomeriggio, al rientro dal lavoro il figlio trovò la parabola smontata e impacchettata pronta per essere restituita. Lui le chiese il perché e lei rispose: figliolo ho cercato in tutta la lista dei canali, però  non ho trovato il canale della vicina di casa!

SANDAR

Un picnic contro il pregiudizio

 

Ricordo che all’età di otto anni, quando io, mia sorella Wafae e mio padre vivevamo insieme, c’erano tanti pregiudizi verso noi stranieri, forse per la nostra diversità oppure perché eravamo poveri,  oppure perche non avevamo i vestiti di marca e pure scadenti. Ero piccolo quindi non ci facevo caso. Nonostante tutto quello che mi è accaduto da bambino, voglio ricordare solo le cose belle cosi ho eliminato i ricordi della vita passata con mio padre. Vi voglio invece raccontare di una bella giornata passata con mia sorella, l’orgoglio della famiglia  nel vero senso della parola. Oggi lei è diventata una donna con due bellissime bambine e una Manager in una società dentro la base americana. Ricordo che a 9 anni nessuno ci prendeva in considerazione. Neanche a Pasquetta quando tutti i nostri coetanei si organizzavano per andare in montagna oppure in altri posti, così ci pensavo io a rallegrare la giornata. Andavo in un supermercato e facevo la scorta di dolci, biscotti, patatine e bibite. Le facevo una sorpresa e la costringevo ad andare in spiaggia dista almeno a 3 km, zaino in spalla con tutto il kit, compresa la radio. Ricordo che ci sedevamo sopra una  tovaglia dietro una grossa barca da pesca per non prendere vento, davanti a noi c’era il mare ma specialmente lo stretto e il vulcano da far da cornice alla splendida vista. Una volta consumato il nostro picnic giocavamo a tennis oppure raccoglievamo le conchiglie. Con poco riuscivo a rendere felice mia sorella e passare una giornata come tutti gli altri con gioia e serenità.

 Ben Hadda

I pregiudizi dei ricchi.


Oggi vorrei parlarvi del pregiudizio. Avendo avuto una famiglia povera e  allargata, fin da subito ho dovuto subire il pregiudizio della gente più ricca, bastava andare al mercato generale per vendere le buste di plastica  e la gente faceva subito attenzione al portafoglio. A quindici anni emigrai all’estero, prima tappa Dubai. La gente mi osservava  e stava lontano da me, non capivo il perché ma lo immaginavo. Andai in Grecia, volevo dormire in hotel e nonostante avessi i soldi mi rifiutavano, non so se fosse per i documenti oppure perche ero straniero. In Bosnia fui preso di mira perché, non avendo i documenti e non sapendo parlare la loro lingua, ci prendevano a botte specialmente nei campi profughi per il semplice motivo perche non ero del loro Paese. In Italia mi trovai bene  però anche qui ho avuto dei momenti difficili e di difficoltà, del tipo che bastava entrare in un supermercato, che avevo la guardia giurata sul collo, oppure andavo in discoteca e non mi facevano entrare, andavo in un bar e mi guardavano tutti con aria strana. Che posso dirvi, purtroppo sono nato in Egitto in più da una famiglia povera. Mi domando: chissà come sarebbe stato nascere in uno stato europeo e in più ricco...


ALI

mercoledì 24 novembre 2021

Un saluto da Bollate

 Bollate, 10/11/2021

 

Carissimi compagni di sventura, ho deciso di scrivervi approfittando del fatto che la settimana prossima verranno qui da noi al carcere di Bollate i volontari Renato, Fabrizio e Paolo per partecipare alla redazione di “Carte Bollate”, il giornale simile al vostro (e anche un po’ mio) “Oblò. E’ impossibile dimenticare i tre anni passati con voi alla “Nave”. Ero sicuramente un uomo diverso, pieno di problematiche legate alla droga e al gioco d’azzardo. Allora non sapevo cosa fosse, la “Nave”, non ero tra quelli che salivano in reparto solo per vivere la carcerazione in maniera più soft, semplicemente me lo proposero ed io accettai. Al principio, il fatto di dovermi attenere alle regole che vigevano mi faceva sorridere, infatti non ne rispettavo neppure una. Col tempo, però, imparando a mettere da parte il mio ego, guardandomi dentro e dando fiducia agli operatori, iniziai a mettermi in gioco, intraprendendo quel lungo e difficile cammino che mi ha portato in questo “ospedale” chiamato Bollate. Sono cambiato tanto, in meglio naturalmente, nel fisico e nella mente. Cerco di vivere ogni momento della giornata dandole un senso, cercando di trarre il meglio da ogni cosa, anche la più banale. Per questo non posso negare che la “Nave” mi è rimasta dentro e che le persone che ho incontrato in quei 3 anni hanno significato molto per la mia vita. Con loro si sono instaurati rapporti che proseguono ancora oggi. Molti sono liberi, molti in affidamento e alcuni (pochi per fortuna), come me, ancora in carcere. Io mi sono impegnato allo spasimo per limare le miei fragilità, ho cercato di mettere al servizio degli altri la mia esperienza. Le discussioni, gli scazzi, non sono mancati, certo, e voi lo sapete, vero care operatrici? Il merito della mia crescita va attribuito senza dubbio alle due Laure, a Olga, a Matilde, a Barbara, coadiuvate dall’esperienza della dottoressa Bertelli. Avete fatto un gran lavoro, mirato, che ha creato un legame affettivo. Abbiamo condiviso momenti di gioia, come le uscite con il Coro o l’incontro con la Cartabia, ma anche di rabbia, come quando, all’indomani della rivolta, ci trovammo a portare giù le macerie, salvando ciò che era scampato alla follia distruttiva di taluni. E proprio in quei momenti ho scoperto quanto tenessi alla “Nave”. Non ci siamo abbattuti e piano piano abbiamo ricostruito. Era da molto tempo che volevo fare giungere a tutta l’equipe i miei saluti. Ne approfitto anche per annunciarvi un progetto che ho in mente, ma per conoscerlo dovrete aspettare il rientro del Trio Lescano. In ogni caso, marinai, avete una grande opportunità, vivendo alla “Nave”. Sfruttate al meglio tutto quello che vi viene proposto, anche se non ne avete voglia, anche se la fatica della carcerazione vi opprime, anche se le tentazioni sono tante: cambiare è difficile ma avete l’obbligo di provarci! Avete vicino a voi delle valide professioniste, magari alle volte un po’ rompiscatole, ma che lavorano con grande passione e professionalità. Non buttate via il tempo. A voi e allo staff, anche i saluti di Alessandro Arisio dal carcere di Opera, con cui sono in contatto via mail. Vi pensa sempre con piacere. Un caloroso abbraccio anche ad Alda, l’ infermiera juventina: mi spiace abbiate un così grande distacco dalla capolista! Auguro a tutti voi compagni marinai di riprendere in mano la vostra esistenza da uomini liberi, liberi da tutto ciò che di ha danneggiato. In bocca al lupo!  

Marinaio per sempre!

 

Tiziano Scalzo

Riscoprire le emozioni.

 Giovedì 11/11/2021

 

Buongiorno a tutti, oggi c’è stato l’atteso incontro con i rappresentanti del Milan, nello specifico con Daniele Massaro. E’ stato divertente, grazie alla sua disponibilità e alla sua generosità nel raccontarsi. Ha parlato di momenti della storia del calcio, anche di episodi di quando non ero ancora nato ma che mi hanno affascinato e catturato per tutta la durata dell’incontro. Momenti di questo tipo sono davvero belli, le persone esterne che entrano in carcere, rappresentano una boccata d’aria e mi fanno desiderare di uscire ma soprattutto di restare, fuori. Il resto della giornata l’abbiamo passato a commentare l’incontro ed ho constatato che anche gli altri compagni hanno avuto le mie stesse sensazioni. Sensazioni! Ecco cosa mi piace di questo mio nuovo modo di essere lucido. L’essere capace di captare certe sensazioni, di sentire certe emozioni, gustandomi ogni istante della vita. E con questo pensiero, vi auguro una buona giornata!

 

P.S.: E’stato bello scrivere il diario, mi ha dato modo di comunicarvi i miei stati d’animo. Spero che tutto ciò si ripeta!

 

Ciao!

 

Azzedine Rebhaoui

lunedì 25 ottobre 2021

Cambiare vita, il mio obiettivo

Ho un forte desiderio di cambiare vita. Perché credo, anzi ne sono certo, che trascorrere la maggior parte della propria vita in questo luogo di sofferenza non sia affatto una cosa piacevole. Stare lontano dai propri cari, dai propri amici d’infanzia che oggi stanno vivendo una vita felice e che magari sono in compagnia della propria donna con la quale hanno avuto anche dei figli.

Certo, cambiare vita è un obiettivo che mi sono posto, questa che sto vivendo non è vita è solamente un rumore assordante di chiavi e di cancelli che rimbombano nella mia testa.

Questo programma di cura che sto affrontando, presso il reparto “La nave”, mi sta aiutando moltissimo, mi sta facendo riflettere in quale direzione andare, appunto per cambiare e non commettere mai più gli errori commessi in passato. Credo che una volta fuori di qui affronterò un programma terapeutico presso una comunità, sicuramente mi aiuterà a rafforzare queste mie fragilità. Si, ho deciso, la mia vita non è questa, desidero fortemente cambiare, crearmi una famiglia e diventare padre, che credo sia la cosa più bella che un uomo possa desiderare. Un lavoro, la mia casa, il vivere costantemente unito ai miei cari.


Gino Ruggero

Tornare a quando ero felice

Ogni volta che guardo quelle grate, quelle sbarre, la mia mente si annebbia, non penso più a niente, solo ricordi che riguardano la vita oltre a quelle mura. Io non desidero cambiare vita, ma ritornare a condurre la vita onesta che per un periodo ho fatto. Scappando dalla criminalità del Paese da cui provengo, mi trasferii in Italia dove, più o meno, non è cambiato niente. Però un giorno arrivò lei con il suo viso dolce e la sua voce passionale che mi fece cambiare vita, mi insegnò che i soldi se sono guadagnati con impegno e sudore valgono il doppio, che il risparmiare è una sorta di tirchieria, ma serve per i tuoi progetti futuri. Quel momento durò all’incirca fino a tre anni fa, lavoravo per Amazon, avevo un buon stipendio a tal punto da permettermi una casa. Faticavo, tornavo stanco, ma pensavo che era giusto così. Anche l’ambiente che si era creato intorno a me era diverso: durante le cene con amici e colleghi, per esempio, si parlava solo di progetti, famiglia e benessere. Il nostro capo faceva spesso aperitivi aziendali e ci incitava a impegnarci perché arrivare dov’era arrivato lui non era impossibile per nessuno.

 

Wilson Cabrera

lunedì 18 ottobre 2021

Quasi quasi cambio vita: l'ultimo numero dell'Oblò

 Da qualche giorno è disponibile nelle librerie Feltrinelli del centro di Milano il numero di settembre de L'Oblò, il periodico realizzato dai detenuti del reparto La Nave di San Vittore. Questo mese il giornale è principalmente dedicato alla prospettiva e alla possibilità di cambiare vita anche per chi vive momento di gradi difficoltà e di emarginazione come noi. L'Oblò di settembre è visibile anche cliccando qui. Nella colonna di destra sono consultabili tutti i numeri arretrati



martedì 21 settembre 2021

Un week end sul Lago Maggiore

Mi ricordo che era primavera, il sole splendeva e i fiori regalavano i loro profumi. Decisi di fare una sorpresa, nel week end, alla mia ragazza portandola in gita al Lago Maggiore. Fu un week end indimenticabile. Già in macchina, durante il viaggio, aleggiava un’atmosfera romantica, la radio trasmetteva una canzone di Lucio Dalla … “tu non mi basti mai” che cantavo per lei. Appena arrivati rimase di stucco quando vide in quale hotel avevo prenotato: un hotel a 4 stelle in una suite con vista sul lago. Nel Lago Maggiore ci sono tre isolette, Isola dei Pescatori, Isola Bella e Isola Borromeo. Le visitammo tutte e tre, ma subito la portai a pranzo nell’isola dei Pescatori dove venimmo accolti da una tipica atmosfera rustica, affacciati sul lago. Mangiammo divinamente accompagnando le pietanze con dell’ottimo Barolo. Stresa in primavera è spettacolare, circondata da una natura incontaminata e subito si ammirano le ville e le costruzioni non rovinate dalla mano umana. Tutto il tempo siamo rimasti incantati dall’atmosfera rinascimentale che ci coinvolgeva con i racconti dei popolani che ci narravano la storia del luogo con passione. La prima sera ci è stata organizzata una cena nel dehor dell’albergo. Era tutto stupefacente, prima di cenare ci rilassammo in una spa degna di un faraone e la cena cominciò con degli antipasti di pesce di lago. Continuammo a sorseggiare il barolo e terminammo la cena in una totale leggerezza che ci rilassò l’anima. Fu un week end di passione e sentimenti che non fece altro che rafforzare teneramente il nostro amore.

Milic Dragutin

Quando si diventa fratelli


Avere un fratello, come sappiamo noi esseri viventi, è una cosa speciale, un legame profondo, qualcosa di insostituibile. Averlo non significa per forza avere un legame di sangue con lui. Anche un’amicizia raggiunge un livello più alto di vicinanza. Per quanto mi riguarda, di amici con la “A” maiuscola ne ho pochi, ma “fratelli” ancora di meno. Potrei dirvi che con mio fratello acquisito non ci andavo per niente d’accordo, anzi, ci odiavamo. Eravamo ragazzini e a tutti e due interessava la stessa ragazza. Un giorno fu inevitabile lo scontro perché in quel periodo c’erano le giostre e sul Tagadà sono state fatte molte vittime, gente che si spaccava letteralmente di legnate e la nostra amica in comune, stufa delle avance di entrambi, ci invitò sul luogo dello scontro per fare un giro con lei. Da subito occhiatacce e tra un insulto e l’altro partimmo e per cinque minuti ci scambiammo calci, pugni e bastonate. Finito il tutto, doloranti ed esausti, arrivò l’ambulanza che ci portò via. Appena arrivati in ospedale, tutti intontiti, ci guardammo e scoppiammo a ridere, ci abbracciammo e ci siamo fatti i complimenti per il modo di colpire e incassare. Da quel momento sincero che più sincero non si può, ho conosciuto mio “fratello” e da allora abbiamo condiviso tutto tranne la nostra “amichetta” che scoprimmo poi essere fidanzata con un altro povero disgraziato.

Ilyas Rissaoui

DIALOGO TRA NEURONI (Vispo e Sveglio)


… “Buongiorno Vispo!”

“Buongiorno!? Buongiorno un corno! Hai sentito la tipa lì … la Storino, che ha detto? Dobbiamo lavorare anche di notte, 24ore su 24 così, dice, ci teniamo in allenamento e ci rigeneriamo!” 

“Ma come?! Andavamo così bene, tu il turno di notte ed io quello di giorno”

“Beh, è finita la pacchia! Addirittura, dice sempre lei, che lavorando in coppia produciamo le“sinapsi” e presto qui saremo in tanti!”

“Naaaa, come in tanti?! E che faremo? Ti immagini il caos? Noi abbiamo bisogno dei nostri spazi, di starcene comodi e poi, se diventiamo più numerosi, sai quanta energia?. Sai che ti dico? Ho appena smontato dal mio turno, mi vado a schiacciare un pisolino”

“Ma sei pazzo?! Devi venire con me, questa mattina c’è quel gruppo, dai, quel gruppo dove c’è quella tizia che legge e noi commentiamo … dai che ci farà bene, dai che ci riproduciamo e guariamo!”.

“Ma quale? Quello dove ci sono tante persone? Senti non puoi andarci tu da solo, attivare la modalità “occhi a palla”e far finta di seguire? Ha sempre funzionato, e poi ci pensano gli altri a interagire”

“Hai ragione. E poi da quando il tizio che ci ospita (che si crede pure il capo) non si fa più di tutte quelle belle sostanze che ci facevano stare bene …”,

“Ah, lascia stare, che bei tempi!”

“Io mi annoio”

“Ma non possiamo semplicemente continuare a dargli gli impulsi di aprire e chiudere gli occhi, lo facciamo anche respirare, cosa si è messo in testa ora? vuole anche interagire?”

“Mi sa che hai ragione, sono stanco solo al pensiero di tutte quelle re-azioni. Sai che c’è? Dormo un po’ anch’io!”

“No, pazzo! Non possiamo mollarlo da solo, sembrerebbe un ameba, te le vedi in giro a boccheggiare come un pesce in una palla di vetro?”

“Ma si, tanto non se ne accorgerà nessuno”

“Ok, mi hai convinto, buonanotte”, 

"Buonanotte"

“Oh, Svelto, sei sveglio? Mi sento solo! Voglio una neutrina!”

“Humm … cosa c’è?! Stavo dormendo … una neutrina?!”

“Sì una bella neutrina tutta curve, magari una neutrina che pensa poco!”

“Cioè, vorresti dirmi che ora, a quest’ora del mattino vorresti scatenare un sinapsi? Ma sai che c’è il rischio che si creino molti altri neuroni come noi? E poi io la sinapsi con te non la faccio:  primo, non sei il mio tipo e poi mi fai male e ti ricordi l’ultima volta, quando quello che ci ospita si era messo in testa di studiare? In quanti siamo diventati?! No, dimmi, vuoi ancora quella massa di neuroni e neutrini qui?”

“Sì, ma poi ci pensa lui a bruciarli tutti, ricordi che serate?!”

“Indimenticabili! Che ricordi, ogni volta fa piazza pulita!”

“Ok ma dove siamo adesso non può, e poi si è fissato con sto fatto della guarigione”

“Dai, ti prego, una sola reazione, una sola … voglio una neutrina

I due neuroni si preparano a scatenare una sinapsi, una rincorsa, muso contro muso e … BUUM, inizia la reazione!

“Guarda, guarda, una nube di citoplasma … si stanno formando i mitocondri … una cellula … due

… dieci cellule … eccola! Quella sarà la mia neutrina, và che sguardo, che corpicino”

“Oh ma non si fermano, quanti sono?! Lo sapevo io!!!”

“Senti, io vado, mi butti… Ciaoooo, piacere sono Vispo mi occupo della gestione psico-motoria della baracca … tu come ti chiami bella neutrina?”

“Ciao, sono Dinamica, Dina per gli amici, ma come?! Fai tutto da solo?! Che buio che c’è qui dentro, per cominciare azioneremo delle idee che faranno luce, poi faremo la polvere, qui vedo degli ingranaggi fermi da secoli, poi impulsi per lo sport, la lettura, la comunicazione, la socialità, la cultura, la …”

“Stop! Ferma …ferma, io volevo solo invitarti a farci un aperitivo … così giusto per iniziare a conoscerci”

“Cooosa?! Ma quale aperitivo, l’alcol compromette le terminazioni cognitive … vuoi ridurti un vegetale?! Hop, hop, su un po’ di corsa in gruppo, socializzare, parlare, nutrire la mente, guarda gli altri, sono già all’opera”.

Così i due neuroni si ritrovarono ben presto a doversi attivare. Dina prese le redini in mano e riorganizzò le attività all’interno del cervello dell’ospite che, a gran fatica, riuscì anche ad abituarsi a pensare, convinto di farlo da solo. 

Vispo e Sveglio abituati a non fare nulla organizzarono dei picchetti impedendo a tutti gli altri neuroni di lavorare mandando l’ospite in stato di totale catatonicità, ma nessuno se ne accorse, erano abituati a vederlo così.

Roger Mazzaro

Mettersi in gioco.

Non posso negare che appena salito al reparto “La Nave”, mai avrei immaginato che la chiave di svolta fosse in me. E ora dico grazie a chi, come tutti coloro che sono in questo reparto, mi ha fornito i mezzi necessari a rafforzare i miei obiettivi iniziali.Ricordo che, nonostante mi fosse ben chiaro ciò che volevo, tutto mi appariva difficile e complicato, soprattutto per il fatto che non avevo ancora acquisito una lucidità mentale tale da permettermi di lavorare con serenità. Così, piano piano, gli stessi gruppi che inizialmente trovavo insignificanti, acquisivano valore, grazie a persone che vanno oltre la timbratura di un cartellino e che svolgono un lavoro animati da passione e da un senso di coinvolgimento tali da farmi capire il vero senso dello stare qui. Non è un mieloso ringraziamento ma sento il dovere di dirvi “grazie” e farvi sapere che finalmente sono pronto a mettermi in gioco pur sapendo che il cammino sarà lungo e faticoso.

Enzo Bono

venerdì 6 agosto 2021

I nomadi: un popolo, mille differenze


            Ci sono tanti vari gruppi di nomadi
            Rom, Sinti, Manush, Kales, Jajabar, Jat, Kaolie, Banjara
            anche le lingue e dialetti sono molti:
            Ce romanes che è la mia lingua, 
            Poi ci sono Abruzzese, Po romane, Sinto Gadiano,
            Sinto lombardo, Sinto piemontese e Sintatiles
            tra culture lingue dialetti differenti religioni 
            ci sono nomadi di religione Mussulmana,  Cattolica,
            Ortodossi e testimoni di Geova (Pentecostali).
            Le nostre origini sono situate in India
            e in Pakistan) più di 1000 anni fa,
          

           I primi nomadi sono arrivati nel 1422 e
                      attualmente si contano 130 mila nomadi in Italia.
                      a Milano circa 7.000, in Europa circa dieci milioni
                      e nel mondo 25 milioni.
                      I Rom, pur essendo in larga parte cittadini italiani,
                      costituiscono un gruppo etnico
                      con una propria cultura e lingua.
                      La Chiesa Ortodossa è consapevole della presenza 
                      plurisecolare, sul proprio territorio di questi nomadi
                      e si sentono chiamati ad annunciare
                      la nostra presenza nel mondo
                      E questa è la storia più o meno del nostro popolo 
                      di cui sono fiero di far parte
                    

          AMEN

            

 

Sentirsi liberi

Quando io mi sento libero? Io mi sento libero quando sono felice.

Inizialmente posso pensare che la libertà sia il fare quello che si vuole in qualsivoglia modo, ed è molto vero; purtroppo il problema è che nessuno nasce santo o puro o immacolato e spesso i nostri desideri vanno verso la follia,l’annientamento, cozzano con il desiderio altrui. Allora è necessario imparare a seguire l’ordine naturale delle cose, con creatività, evitare cioè di fare del male e di subirlo, e per fare ciò dobbiamo fare uso incessante della nostra libertà. Quindi per me la libertà è cercare di trovare il meglio, fare la cosa più giusta, così da ritornare a quello stato di perfezione, amore, luce splendente a cui tutti gli uomini chi più chi meno chi meglio chi peggio vorrebbero condursi.

Felicietta Pavel

 

Perché sprecare i doni della Natura?


Fin da bambino la mia mamma mi ha cresciuto informandomi e insegnandomi l’importanza e i valori al riguardo dell’igiene personale, dell’ alimentazione. Ho seguito i loro insegnamenti fino a una certa età, dopodiché mi sono fatto trascinare dagli eventi. Ho iniziato a fare uso di sigarette e spinelli già all’età di 11-12 anni e fin qui sembrava soddisfarmi, poi dopo qualche anno, ho iniziato con l' alcool, perché volevo provare qualcosa di più forte. Durante questo periodo ho comunque cercato di mantenere gli insegnamenti di mia mamma e nonna e di prestare attenzione ad esempio ad avere sempre rapporti sessuali ben protetti, o ancora non appoggiando mai la mia bocca sul bicchiere da cui avevano bevuto altri. Per quanto riguarda l’alimentazione invece, negli ultimi tempi non ho prestato molta attenzione a quello che mangiavo. Quando invece dovrei darmi una regolata, vista la mia età (25). Tuttavia per ora posso ritenermi fortunato rispetto ad altre persone: non ho mai dovuto ricorrere a interventi se non per l’esportazione delle tonsille da bambino e nient’altro. Per questo penso di dover dare una svolta assoluta e generale alla mia vita, finche essa me lo consente: sarebbe un po’ rinascere o meglio  svegliarsi da un  brutto sogno, finalmente. Anzi, vi dirò di più: sono sempre stato un “buon predicatore che razzola male” e alla fine, nonostante dessi buoni consigli a chi mi stava a fianco, ho perseverato nel male . ora invece mi sento pronto a mettere in pratica questi insegnamenti, aiutando anche chi ha veramente bisogno. Questo mi gratificherebbe veramente molto, soprattutto se potessi aiutare chi, come me, ha avuto e ha ancora problemi di tossicodipendenza. Vorrei far capire a tutti che la salute, fisica ma soprattutto mentale, è un dono che Madre Natura ci ha dato: non sciupiamolo! 

WILSON CABRERA

La Libertà

 

 

La libertà per me è una cosa di cui non ci rendiamo conto di avere, fino a quando la si perde.
Fin quando si è liberi e non si ha mai avuto qualche restrizione, non si capisce bene cosa sia la libertà, una delle cose più belle che ci sia. La libertà di esprimersi, di agire, di muoversi, diciamo un po’ di tutto, e quando non si ha una cosa di queste, si sente la dignità sotto ai piedi e le emozioni spente o negative. Per me quando si perde la libertà, si ferma anche un pezzo della vita, anche se, devo dire che fa riflettere molto, un po’ su tutto, cercando di prendere questo tempo per pensare a cosa è stato e a cosa è giusto, e a cosa è stato ed è sbagliato.
Soprattutto per me, che sin quando ero fuori con la mia libertà, pensavo di non essere dipendente, e non avere questo problema, e stare qui oggi la prendo come un esperienza di vita, come un insegnamento che mi potrà portare benefici per il resto della mia vita e percorrere la mia strada senza cadere ancora nelle stesse buche, in fondo basta una notte per cadere, anni per rialzarsi, una vita intera per imparare a stare in piedi!

Michele Luzi 

 

 

Naufrago

 

Naufrago mi sento

su quest’isola d’illusione
che nel mistico pensare
odo solo il fragore dei miei passi.
Libero di sperare
mi legai stretto stretto all’albero maestro,
mentre i canto delle sirene
mi accecava e stordiva.
Mentre la sabbia umida
entra nelle narici,
schiacciandomi lo stomaco
già vuoto da sempre
sento l’anima mia sazia
del respiro che affannoso
emerge dall’inferno scampato.
Naufrago;
Da chi, da cosa:
invisibile geroglifico millenario
che fu:
che mai più sarà:
impregnato di salsedine
porta voci gioie e novità,
per tutto quello che sarà
per ciò che avverrà
per questo naufrago.

SERGIO FINI



Montagna, che passione

Ricordo come fosse oggi il mio primo viaggio che feci con due miei amici d’infanzia, quando partimmo da Milano per recarci in questa grande baita sita a Cortina D’Ampezzo. Fu una vacanza breve ma intensa, dove io e questi due miei amici ci divertimmo a più non posso. Questo paese era ricoperto di neve e si intravedevano negozi di lusso e altrettanti ristoranti dove facemmo molto shopping, ma soprattutto molte abbuffate di pietanze del posto del tipo: brasato, pizzoccheri, polenta con l’osso buco ma in particolare non dimenticherò mai il dolce finale preparato dagli stessi ristoratori.Il giorno seguente fu un qualcosa di divertente avendo noleggiato motoslitte che ci portarono in queste vie di montagne innevate, dove c'erano tantissime baite. Vedemmo giovani come noi con cui facemmo amicizia e insieme a loro, che conoscevano  il posto, visitammo posti e panorami meravigliosi che ancora vivono custoditi dentro al mio cuore. Che dire, ho voluto condividere con il  gruppo questa mia meravigliosa esperienza e dirvi che la montagna è un luogo dove vale la pena andare.

GINO RUGGIERO

La qualità non basta

È ovvio che esistono momenti diversi all’interno di una partita: una cosa è fare dribbling nell’area avversaria e un'altra nella propria dove,s e si perde la palla subisci goal. Ma io dico sempre ai miei compagni, dal centrocampo in su di rischiare. Non mi arrabbio se uno sbaglia. Mi arrabbio se non ci provano. Lo schema è importante. Ma deve essere sempre al servizio della tecnica e della fantasia individuale stoppare, a fare passaggi corti e lunghi, tirare al volo, saltare di testa, sono la base; aggiungere tattica e la preparazione atletica è importante, i difensori che non sanno affrontare e marcare l’avversario perché nessuno gli ha mai insegnato a posizionare il corpo, o attaccanti che hanno una giocata sola per superare i difensori perché non si sono mai esercitati nel dribbling. In sintesi, ci si riempie la bocca con i concetti di intensità e calcio in velocità, ma riesci a svilupparli, solo se hai la tecnica di base, se non sai stoppare la palla, se non la tieni attaccata ai piedi, la velocità dell’azione te la scordi. La qualità individuale può farti vincere qualche partita, ma se non sei super allenato, se non ti applichi, se non c’è gioco a sostenerti, allora non vinci.

 JOVANOVIKJ GIONATAN

Un percorso di guarigione

Ieri sera mi sono messo a scrivere facendo delle riflessioni qui sulla Nave. Per quanto breve sia stato il mio percorso e rivedendomi da quando sono salito a bordo fino a questo momento, con molta modestia mi vedo cambiato in meglio, più lucido e sempre più convinto di riprendermi in mano la vita, più sana ed equilibrata, consapevole che ci vorrà del tempo e, un passo alla volta devo farcela, in primo per la mia persona e per la gioia più grande che la vita mi ha regalato: mia figlia. Mi trovo molto bene e molto a mio agio nei gruppi con la dottoressa Bertelli che mi mette molto a mio agio e mi stimola molto a imparare a guardarmi dentro e a lavorare su me stesso e le mie fragilità, aprendomi a nuove emozioni. Non che prima non ne avessi, ma si erano congelate, a causa della vita dissoluta e di eccessi che vivevo. Mi rendo conto che sono all’inizio di un percorso che non sarà breve ma che sto affrontando con tutti i buoni propositi dimostrando a me stesso e a nessun altro che posso migliorarmi come uomo.  Un passo alla volta ce la farò

Grazie per questa opportunità che mi state dando, sempre più certo di averne bisogno, grazie ancora.

ENZO BONO

"Papà"


Ultimamente non so stare senza la famiglia che mi sono creato con il tempo. Mi ricordo delle prime volte che la mia compagna mi ha fatto conoscere il piccolino, lei era un passo enorme ma la cosa bella è che non li ho delusi, ce l’ho messa veramente tutta anche se era la mia prima esperienza. Non lo nego era veramente tosta la responsabilità dei bambini ma sembrava fossi portato a fare il padre di famiglia pure se non ho mai avuto un padre presente da cui prendere spunti. Ma la cosa più bella della mia vita è che Chry dopo  tanta strada mi ha chiamato papà, quel giorno non me lo scorderò mai, mi sono sentito l’uomo più felice del mondo: lì ho capito il valore della famiglia

AOUAM BRAHIM

Essere padre in prigione


Oggi è uno di quei giorni molto pensierosi e a me fa bene scrivere qualcosa riguardo a quel che mi passa per la testa. Come tutti i giorni i miei primi pensieri sono rivolti ai miei due figli che purtroppo non posso vedere e neanche sentire, cosa che mi dà molta sofferenza e tristezza. 
Questa carcerazione è un po’ diversa dalle carcerazioni che ho scontato in passato, a parte i 3 mesi che ho passato al carcere di Bollate nel 2013, era dal 2006 che non entravo in carcere. Tutte le carcerazioni precedenti “che non sono poche” le ho trascorse senza avere figli, non ero padre e adesso che lo sono ho una sofferenza in più avendo due figlie che mi aspettano fuori e mi sento molto in colpa per non essere vicino a loro.
La vita è proprio imprevedibile. Pensavo di aver dato una svolta alla mia vita. Nel 2007 riuscii a smettere di drogarmi e di conseguenza cambiai stile di vita lavorando e svolgendo una vita che rientrava nella normalità. Ho avuto due relazioni molto importanti con due donne.
La prima con Alessandra che è durata quattro anni convivendoci, la seconda e la più importante, con Teresa che è la mamma delle mie figlie. Sono rimasto pulito dalle sostanze per 11 anni e con Teresa ho convissuto per 7 anni circa, dopo la separazione con lei e di conseguenza con i miei figli, non ho retto la situazione che si è creata e mi sono trovato nuovamente a vivere da solo. Ho perso anche il lavoro perché non mi era stato rinnovato il contratto e purtroppo senza neanche rendermene conto, sono ricaduto nel drogarmi prima con l’alcool e poco dopo pure con cocaina ed eroina. In un attimo mi sono ritrovato nello stesso punto che avevo lasciato 11 anni prima e ovviamente ho ripreso lo stile di vita che mi ha portato a delinquere ancora, così da farmi arrestare.
Ho già preso una condanna in primo grado di 7 anni e 2 mesi e spero che in appello la riducano. Tra qualche giorno avrò un'altra udienza per la gestione genitoriale, chissà come andrà. Mi sento di aggiungere che Alberto si rialzerà e riprenderà il suo cammino sano che ha portato avanti per 11 anni e aggiungo: “ Signore concedimi di accettare le cose che non posso cambiare, la forza di cambiare quelle che posso e la saggezza di riconoscerne la differenza”

Alberto Sondo

martedì 13 luglio 2021

La pulizia, prima regola


Vorrei sottoporre all’attenzione dei miei compagni un’azione che mi aiuta molto nel combattere le dipendenze, il “ darmi delle regole” e non parlo di regole imposte dall’ordinamento penitenziario o dagli educatori, che, ahimè, a fine pena spesso spariscono. Parlo di regole che ci creiamo noi stessi da zero e che cerchiamo di seguire anche dopo la carcerazione, così che la cura di noi stessi non finisca mai. Un esempio su tutti è la pulizia delle stanze: sono certo che fuori da qui abbiamo tutti una casa  migliore del carcere e attendiamo con gioia di tornarci, ma nel frattempo è importante rendere accettabile l’ambiente in cui viviamo e tenerlo pulito al massimo, sia per prevenire malattie sia che per educazione e rispetto. Ma io ci vedo molto di più,  per me pulire è un modo per testare la mia costanza e il mio impegno sul lungo termine, dato che come tossicodipendente sono stato abituato dalla mia mente a cercare scorciatoie. Mi sono imposto la regola che qualsiasi cosa accada durante la giornata, a fine corsi, prendo scopa, paletta, secchio e straccio e pulisco, così come fa mia madre che, nonostante tutto, comunque vadano le giornate, la mattina dopo si alza e va al lavoro, affrontando senza indugi l’impegno preso, per sé, per la famiglia, per i suoi capi, per i suoi colleghi e per la società.

WILSON CABRERA

Giocare a Calcio


È ovvio che esistono momenti diversi all’interno di una partita: Una cosa è fare dribbling nell’area avversaria e un'altra nella propria dove, se si perde palla, subisci goal. Ma io dico sempre ai miei compagni, dal centro campo in su di rischiare. Non mi arrabbio se uno sbaglia. Mi arrabbio se non ci provano. Lo schema è importante. Ma deve essere sempre al servizio della tecnica e della fantasia individuale stoppare, a fare passaggi corti e lunghi, tirare al volo, saltare di testa, sono la base; aggiungere tattica e la preparazione atletica è importante, i difensori che non sanno affrontare e marcare l’avversario perché nessuno gli ha mai insegnato a posizionare il corpo, o attaccanti che hanno una giocata sola per superare i difensori perché non si sono mai esercitati nel dribbling. In sintesi, ci si riempie la bocca con i concetti di intensità e calcio in velocità, ma riesci a svilupparli se hai la tecnica di base. Se non sai stoppare la palla, se non la tieni attaccata ai piedi, la velocità dell’azione te la scordi. La qualità individuale può farti vincere qualche partita, ma se non sei super allenato, se non ti applichi, se non c’è gioco a sostenerti, non vinci i campionati

 JOVANOVIKJ GIONATAN

Chi chiede aiuto non è un debole.


Rendersi conto di aver bisogno di aiuto non è l’ammissione di una debolezza, ma il riconoscimento di un potenziale.
La volontà è come un muscolo, che va tenuto in allenamento perché non ci abbandoni quando dobbiamo prendere le decisioni importanti. Le nostre esperienze positive ci fanno crescere aumentando la fiducia in noi stessi e le nostre capacità. Se riuscissimo in una situazione difficile ad associare un sentimento positivo otterremmo una crescita. Non voglio più lasciarmi trasportare dalle emozioni che non mi fanno ragionare a mente fredda, facendomi perdere di vista i miei obbiettivi. 
Quando si fa qualcosa si ha contro quelli che vogliono fare la stessa cosa, quelli che vogliono fare il contrario e la stragrande maggioranza di quelli che non vogliono fare niente. non dobbiamo quindi permettere che le scelte degli altri ostacolino i nostri obbiettivi.
Il mio futuro dipende da me, ognuno è padrone del proprio destino, e capitano della sua anima. Quando si perde una battaglia ma si trae insegnamento dagli errori commessi, si può trovare un modo per vincere la guerra.

Federico Spiriti

lunedì 28 giugno 2021

Un passo alla volta

Ieri sera mi sono messo a scrivere facendo delle riflessioni qui, alla Nave, Rivedendomi, da quando sono salito a bordo,  mi vedo cambiato in meglio, più lucido e sempre più convinto a riprendere in mano la mia vita, rendendola più sana ed equilibrata. Sono consapevole che ci vorrà del tempo ma, un passo alla volta ce la farò,  per me e  per la gioia più grande che la vita mi ha regalato: mia figlia. Mi trovo molto bene e molto a mio agio nei gruppi con la dottoressa Bertelli, che mi mette molto a mio agio e mi stimola  a imparare a guardarmi dentro, a lavorare su me stesso e le mie fragilità, aprendomi così a nuove emozioni. Non che prima non ne avessi, ma si erano congelate a causa della mia vita dissoluta e degli eccessi che vivevo. Mi rendo conto che sono solo all’inizio di un percorso che non sarà breve, ma lo sto affrontando con  buoni propositi, per dimostrare a me stesso  che posso migliorarmi come uomo e , come dicevo, un passo alla volta ce la farò.

Grazie per questa opportunità che mi state dando: sono sempre più certo di averne bisogno, grazie ancora

Enzo Bono

Finti mondi, finti amici.

              

Vorrei raccontarvi uno spaccato del mio vissuto nella città di Milano.
Sono uscito dopo parecchi anni di carcerazione a Bollate, e ho iniziato a lavorare nel mondo della ristorazione milanese come cuoco, in due ristoranti di ottimo livello. 
Durante il mio lavoro conobbi una ragazza che mi introdusse alla movida milanese della Milano bene e ricca.
Un mondo a me sconosciuto dal quale rimasi abbagliato e affascinato.
Gente altolocata, nel mondo della moda, del design, industriali e della finanza. Bellissime donne e uomini molto importanti. Andavo a feste private, a eventi in posti molto esclusivi di gran lusso, e
per integrarmi nell'ambiente e non sentirmi escluso cominciai a consumare in modo cospicuo sostanze stupefacenti, alcol e sesso.
Dimenticai così tutte le sofferenze vissute in passato. Ma lentamente, mi accorgevo che era un mondo effimero, falso, privo di valori e sentimenti, dove tutto girava per interesse e opportunismo, circondato da persone finte, vuote, fondamentalmente sole.
Cercavo di allontanarmi da quel mondo, ma l’uso delle sostanze, le amicizie fittizie, continuavano a tenermi ancorato a quell' ambiente vuoto, e alla fine mi hanno fatto rientrare in carcere.

Sbagliare è umano ma perseverare è diabolico.

Questa volta ce la farò.

Armand Hyska

Tornare ad una vita normale

  

Oggi è uno di quei giorni molto pensierosi e a me fa bene scrivere qualcosa riguardo a quel che mi passa per la testa.
Come sempre i miei primi pensieri sono rivolti alle mie due figlie, che purtroppo non posso vedere e neanche sentire, cosa che mi causa molta sofferenza e tristezza. 
Questa carcerazione è un po’ diversa dalle carcerazioni che ho avuto in passato: a parte i 3 mesi che ho passato al carcere di Bollate nel 2013, era dal 2006 che non entravo in carcere. Tutte le carcerazioni precedenti, che non sono poche, le ho trascorse non essendo padre e adesso che lo sono ho una sofferenza in più avendo due figlie che mi aspettano fuori e sentendomi in colpa per non essere loro vicino.
Pensavo di aver dato una svolta alla mia vita. Nel 2007 riuscii a smettere di drogarmi e di conseguenza cambiai stile di vita, lavorando, svolgendo una vita normale  e avendo due relazioni molto importanti.
La prima con Alessandra, una convivenza durata quattro anni, la seconda, la più importante, con Teresa che è la mamma delle mie figlie. Sono rimasto pulito dalle sostanze per 11 anni e conTeresa ho convissuto per 7 anni circa. Dopo la separazione con lei e di conseguenza con i miei figli, non ho retto la situazione che si è creata e mi sono trovato nuovamente a vivere da solo. Ho perso anche il lavoro perché non mi è stato rinnovato il contratto e purtroppo senza neanche rendermene conto sono ricaduto nel drogarmi prima con l’alcool e poco dopo pure con cocaina ed eroina. In un attimo mi sono ritrovato nello stesso punto che avevo lasciato 11 anni prima e ovviamente ho ripreso lo stile di vita che mi ha portato a delinquere ancora e all'arresto.
Ho già avuto una condanna in primo grado di 7 anni e 2 mesi e spero che in appello la riducano. Tra qualche giorno avrò un'altra udienza per quanto riguarda la gestione genitoriale: non so come andrà. ma mi sento di aggiungere che Alberto si rialzerà e riprenderà il suo cammino sano che ha portato avanti per 11 anni e aggiungo: “ Signore concedimi di accettare le cose che non posso cambiare, la forza di cambiare quelle che posso e la saggezza di riconoscerne la differenza”
Alberto Sondo

lunedì 21 giugno 2021

Aiutare gli altri è aiutare se stessi.

Anche gli angeli, indignati, inorriditi da tanta violenza, piangono la morte inaspettata di quei due bimbi uccisi ad Ardea. E anche il mio cuore piange, perché è come fossero stati anche miei figli. Mi chiedo se in questa vita non meritata, abbia protetto con tutto me stesso i miei figli, i miei cari. Se gli sia stato accanto nella gioia come nelle difficoltà. Mi rispondo che anche io ho una colpa, quella di aver vissuto con egoismo, mettendo sempre me stesso al centro di tutto, senza curarmi di chi mi stava accanto, preda del narcisismo, della ricerca del benessere, anche se alla fine non sono neppure riuscito in questo. Ho nutrito solo la mia superficialità, senza adempiere ai miei doveri di uomo. Devo capire, senza giustificazioni e alibi, che anch'io posso dare un contributo, quanto meno a chi mi sta vicino. Tutti noi possiamo aiutarci a vivere meglio, ad essere protagonisti attivi della vita, un'opera così complessa che non la si può affrontare da soli. Devo migliorare un'esistenza data in dono, pensare ad unire ciò che si allontana. Fare ciò ti rende grande e ti fa realizzare cose ancora più grandi e belle. Sono ferito per ciò che è successo, due anime innocenti e un anziano, spenti senza alcun motivo. E sono anche addolorato per chi ha commesso questo atto terribile, inconsapevole del grandissimo dolore arrecato a tutti noi, solo perché non è stato in grado di dire "Aiutatemi, non sto bene", quattro parole che per vergogna o orgoglio sono difficili da pronunciare. Per me, sarà un ricordo da tenere vivo per avere la forza di aiutare gli altri, perché farò in modo che il dolore degli altri sia anche il mio.


Sergio Fini