martedì 24 dicembre 2019

"Caro Babbo Natale...". Le nostre letterine sul nuovo numero de "l'Oblò"

Ecco il nuovo numero dell'Oblò, l'ultimo di questo 2019. Abbiamo provato a tornare bambini e abbiamo scritto le nostre lettere a Babbo Natale. Dentro ci sono desideri, speranze, e anche riflessioni sul nostro passato e sul nostro presente. Per vedere il numero in versione pdf clicca qui 

 

lunedì 23 dicembre 2019

Auguri a tutti dai Marinai.

Auguriamo a tutti delle Buone Feste, di trascorrere dei momenti di vera serenità. Un augurio anche per il nuovo anno, che possa veder realizzati i desideri di ciascuno.
Buon Natale e Buon Anno!
I ragazzi della Nave



"Voci Fuori dal Coro", un concerto per i bimbi indigenti

Martedi 18 dicembre si è tenuto il concerto di Voci fuori dal coro presso l’Auditorium Verdi in Largo Gustav Mahler per raccogliere fondi per i bambini milanesi che non possono accedere alle cure dentarie. È possibile donare sino al 31 gennaio sul sito dedicato (www.forfunding.it)
Ringraziamo tutti coloro che hanno reso possibile l’evento e cogliamo l’occasione per salutare affettuosamente tutti i coristi della Scala di Milano che si sono esibiti insieme a noi. Un pensiero anche agli attori di Macrò Maudit Teàter che hanno letto i nostri testi.
Grazie e buone feste a tutti!
I ragazzi della Nave

Libertà


Cos’è la libertà?
Desiderio d’ogni uomo 
essenza della vita,
la vita stessa
si chiede perplessa
l’anima umana
come raggiungere questa
libertà,

è essere se stessi 
pensare liberamente 
presuppone 
liberare la mente,
ma essa mente 
e l’uomo 
che alimenta la bugia 
la libertà 
scaccia via

smarrito,
per la sua via 
crea da solo 
la malattia

la sostanza
che in sostanza
è la mancanza 
vuoto nell’anima mia.

Tomek 

sabato 21 dicembre 2019

Marta Cartabia, una donna alla guida della Consulta.

Per la prima volta in sessantatré anni e dopo quarantadue presidenti, una donna si trova alla guida della Consulta:
la professoressa Marta Cartabia, eletta call'unanimità. “Si è rotto un tetto di cristallo” ha affermato dopo la votazione.
Da oltre un anno frequenta San Vittore, dove si è costituito un gruppo di persone denominato Costituzione Viva che s’incontrano settimanalmente per discutere di temi giuridici e costituzionali. Anche nei giorni scorsi la Cartabia è stata al reparto femminile. Persona di estrema sensibilità che ha saputo ri-portare il senso e i valori della nostra Costituzione all’interno di queste mura, luogo simbolo in cui erano stati detenuti alcuni padri costituenti. Siamo entusiasti per sua nomina, un po’ rammaricati perché il suo mandato terminerà tra nove mesi. Ci auguriamo che, in futuro, possa infrangere tanti altri cristalli… Auguri e buon lavoro! 
Un particolare augurio anche al Professor Massa che è stato richiamato a Roma, per lavorare a fianco del Presidente.
Tiziano Scalzo – Stefano Piva

Lettere e pensieri

Da Carlotta.

Che cosa mi immaginavo del carcere?
Prima di questa visita mi immaginavo un ambiente completamente diverso, mi immaginavo ciò che si immaginano tutti, i carcerati in uniforme, le guardie severe, i detenuti contrariati, insomma, tutto ciò che si vede nei film... La mia idea è stata completamente ribaltata, sono entrata nel carcere di San Vittore in un determinato modo e ne sono uscita più arricchita. L’esperienza di visita in questo carcere è stata senz’altro necessaria per sfatare alcuni falsi miti riguardo al sistema carcerario stereotipato dai media, più consapevole che esiste una realtà molto vicina a noi che in molti fraintendono. Ho capito l’importanza delle cose che tutti i giorni consideriamo banali, a cui non diamo importanza, che sottovalutiamo. Durante l’incontro uno di voi ha raccontato che era il compleanno di sua figlia, e mi ha commosso e fatto riflettere.  Tutti i giorni noi vediamo i nostri genitori, i nostri amici e crediamo sia la cosa più naturale del mondo, mentre in lui si vedeva chiaramente che avrebbe fatto di tutto per stare anche solo 5 minuti con sua figlia il giorno del suo compleanno. Ringrazio tantissimo voi e chi mi ha dato la possibilità di fare quest’esperienza. 

Da Benedetta.

Cari detenuti, il giorno in cui ci siamo incontrati è stato così ricco di emozioni che se in questo momento provo a chiudere gli occhi le sento riaffiorare tutte. Dal momento in cui abbiamo varcato il portone una certa ansia mi ha travolta, non eravamo più in classe a parlarne con la professoressa, non era più un “vedremo come sarà”. C’eravamo e non era facile nascondere quell’insieme di emozioni e di curiosità che ci premeva dentro. Superati i controlli, tra una risata e l’altra, raggiungemmo la consapevolezza di essere arrivati al momento tanto atteso. Mentre il capo della polizia penitenziaria ci illustrava i vari raggi devo dire di aver provato una sensazione di inadeguatezza e timore nel vedere i primi volti così tanto attesi. Cercai di osservare il più possibile ciò che avevo attorno per farmi un’idea iniziale, ma non sapevo che non avrei mai potuto comprendere nulla fino al momento dell’incontro. Mentre percorrevamo corridoi e salivamo le scale non posso negare di aver provato un po’ di timore che si è affievolito una volta arrivata alla “Nave”. Inizialmente mi sentivo rigida e avevo ancora quel senso d’inadeguatezza che mi tormentava, ma quando abbiamo iniziato a parlare è cambiato tutto. Ero più tranquilla, il senso d’inadeguatezza era svanito, il timore di dire cose sbagliate si era affievolito ma soprattutto ero incuriosita dalle storie che ci stavate raccontando. Avrei voluto parlare di più ma l’emozione del momento penso abbia placato un po’ tutti. Mi aspettavo di incontrare persone diverse, meno disponibili e invece mi sono ricreduta appena iniziato il dialogo. Penso sia stata una delle esperienze più belle che abbia mai vissuto. Fin da subito sono stata travolta emotivamente, durante la chiacchierata mi sono immedesimata e ho provato a immaginare come possa essere trovarsi in determinate situazioni. Detto questo vorrei ringraziarti per quello che mi avete insegnato in poche ore perché ritengo sia impagabile. 

Da Lucia.
Cari ragazzi, oggi, 21 ottobre, è una di quelle giornate buie e piovose a Milano e questo può solo significare una bella dormita per tutto il pomeriggio! Ma qogi è diverso è diverso: sono tornata a casa con mille pensieri per la testa e la consapevolezza di essere fortunata ad avere ogni giorno tutte quelle banalità che do per scontato. Nella speranza di riuscire a liberarmi da questi pensieri ecco, che come voi, sono qui a scrivere il mio primo diario di bordo su quella che sarà la mia vita dopo questo incontro. Penso che l’esperienza di visitare la “Nave” sia qualcosa che terrò per sempre nel mio cuore, è indimenticabile come in soli cinque minuti di conversazione siete riusciti ad eliminare tutti i pregiudizi e le preoccupazioni che le persone all’esterno vi attribuiscono. Grazie a voi ho capito che c’è sempre un modo per cambiare strada, capire i propri errori e mettersi in gioco per riuscire a migliorarsi giorno per giorno. Il percorso che state compiendo è faticoso e per nulla scontato, e per quanto sono riuscita a vedere, richiede una grande forza di volontà, che davvero, qua fuori in pochi hanno. Tutto si riconduce alla voglia di cambiare vita, voltare pagina e aprire un nuovo capitolo, è questo che ammiro di voi, la forza con cui combattete ogni giorno. È questa la forza che spero di trovare io per affrontare le mie preoccupazioni e i problemi della vita e quella voglia di reagire anche nei momenti più tristi e più difficili. Quindi vi ringrazio perché semplicemente essendo voi stessi, mi avete aiutato a comprendere meglio il mondo, più di quanto sia riuscita a comprenderlo dall’esterno.

Da Ludovica.

E se diventi farfalla, nessuno pensa più a ciò che è stato
quando strisciavi per terra e non volevi le ali.” 
Alda Merini 
                                                                                                                                                                                                                                         Non so come cominciare a scrivervi una lettera. Mi piacerebbe essere ancora lì in mezzo a voi per avere più coraggio di proferire qualche parola. Non ho detto molto ma ho ascoltato ogni cosa. Prima di entrare in carcere facevo il conto alla rovescia, non vedevo l’ora di scoprire quella realtà così sconosciuta che si nasconde in un edificio di fianco al quale sarò passata un milione di volte. Ci avete chiesto cosa pensassimo di voi prima di entrare. Non ho risposto. Non l’ho fatto volutamente, ormai non riuscivo più a capacitarmi delle mie idee. A volte penso sia normale avere idee sbagliate e particolarmente superficiali prima di vivere qualcosa per davvero, e la presunzione di noi ragazzi spesso è quella di credere di sapere tutto ancor prima di viverlo. Non ho mai avuto una buona opinione sulle droghe, e ancor meno sulle persone che ne facevano uso. Questa visione non è nata per caso, ma è nata nel momento in cui un mio carissimo amico si è rovinato la vita a causa delle sostanze. Non ricorda più niente, nemmeno degli appuntamenti che ogni tanto mi da. Non ha mai avuto una buona ragione (sempre che ce ne potessero essere) per cominciare a fare uso di droghe, però l’ha fatto. A volte “fa figo”, a volte è solo “la vita è una” e altre volte è “smetto quando voglio”. Ma non è sempre così facile, non è nemmeno necessario. Così ho cominciato a provare una specie di insofferenza verso tutte quelle persone che vedevo anche solo farsi uno spinello. “Si comincia così” pensavo. E poi mi ripetevo che in fin dei conti la scelta è di ognuno di noi e di nessun altro, ma quella scelta può davvero rovinare la vita. Quindi perché non volersi bene a tal punto? Poi ho incontrato voi. Ho capito che nonostante tutto si possono commettere degli errori e che non sempre dobbiamo addossare tutte le colpe, soprattutto se non sappiamo tutto ciò che c’è dietro. Non sappiamo niente e giudichiamo la maggior parte delle volte. Se c’è qualcosa di certo adesso, è che non giudicherò mai più prima di conoscere. Siamo entrati in carcere e siete stati tutti fantastici. Siete stati gentili e disponibili a rispondere a ogni domanda vi facessimo, seppur difficile da affrontare. Ci avete dato qualche lezione, ci avete intimato di non commettere mai alcuni errori. Ci avete aperto le porte del vostro mondo permettendoci di capirlo davvero. Ma la cosa più bella di tutte è stata vedere la vostra fortissima voglia di cambiare. Ci avete fatto capire che si può avere intorno tantissima gente che prova ad aiutarci e darci una mano, ma se il cambiamento non parte da noi, da dentro noi stessi allora non ce la si fa. Sicuramente adesso penseremo molto a tutto quello che ci avete detto e che ci avete trasmesso perché è stata un’esperienza importante. Tutti commettiamo errori e tutti li commettiamo più o meno grandi, però la certezza che abbiamo ora è che tutti possono cambiare e rimediare ad essi. E soprattutto che ci vuole coraggio, come chi ha deciso di restare alla Nave piuttosto che tornare a casa per riuscire a cambiare sul serio ed essere sicuro di non ricadere nelle vecchie abitudini. E non è un gesto egoistico, perché per far star bene gli altri e in particolare la propria famiglia bisogna in primo luogo stare bene con se stessi. Significa semplicemente volersi bene e io credo che sia il fondamento di ogni vita umana. Volersi bene, rispettarsi e di conseguenza stare bene con il prossimo. E infine ho capito che tutti possiamo condividere qualcosa, tutti possiamo immedesimarci in qualcun altro se solo riuscissimo ad essere più elastici e senza pregiudizi. Posso sicuramente dire ad oggi che la giornata del 21 Ottobre 2019 ha cambiato per sempre la mia vita, perché una prospettiva può cambiare un intero mondo. Avete coraggio, e questa è una caratteristica che manca molto, tante volte anche a me. Grazie. 

La risposta dei marinai della Nave.

Ciao Benedetta, Carlotta, Lucia e Ludovica, abbiamo letto i vostri scritti e ci fa piacere che vi sia rimasto un ricordo piacevole e denso di emozioni della giornata trascorsa qui. Entrare in carcere, attraversare innumerevoli cancelli che via via conducono sempre più all’interno, senza sapere ciò che si potrebbe trovare, potrebbe essere quasi angosciante. Spesso si ha un’immagine contorta, dettata dai media o dalle varie fiction che fanno pensare a questi luoghi come contenitori in cui sono rinchiuse persone che sarebbe meglio evitare. Da tutti i vostri scritti emerge che avete sfatato tale immagine e conosciuto persone che, pur avendo commesso errori durante la propria vita, hanno un desiderio di cambiamento, di riscatto. Vi ringraziamo per averci scritto e raccontato le vostre emozioni. 
Buone feste a tutte voi.
DN – SP














venerdì 20 dicembre 2019

Il carcere? Attivo è meglio

In Italia, ci sono più di 60.000 persone detenute che costano allo Stato oltre 4000 euro al mese. L’Italia è tra i paesi europei che spende più denaro per le carceri; pare che il costo sia di circa 2,9 miliardi di euro l’anno. Chi è condannato in via definitiva e svolge attività lavorativa retribuita all’interno degli istituti contribuisce, con un prelievo sul compenso, alle spese di mantenimento. Tra coloro che lavorano, poco più di 17.000 nel 2018, molti sono alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria e svolgono attività lavorative connesse al funzionamento degli stessi istituti, mansioni che raramente saranno spendibili fuori un domani. Solo poco più di 2.000 lavorano in carcere per conto di ditte esterne, oppure uscendo la mattina dall’istituto e rientrando la sera. La legge prevede agevolazioni fiscali per le aziende che assumono detenuti. Nel carcere di Bollate, dove molti lavorano per ditte esterne, il tasso di recidiva è più basso. I numeri a livello mondiale parlano molto chiaro: la recidiva è ridotta solo in quegli Stati che investono denaro sul sistema carcerario, facendo trascorrere il periodo detentivo in maniera attiva e non in maniera passiva, stando in brandaper usare il gergo carcerario. Per risparmiare denaro sul lungo termine e contenere la recidiva sarebbe utile investire. In America molti studi dimostrano che per ogni dollaro investito, se ne risparmieranno almeno tre in futuro. Alcuni dati di questo articolo sono stati tratti da un articolo del Corriere della sera del 04/11/2019 a firma di Milena Gabanelli e Simona Ravizza. Concordiamo con loro che, oltre ad incentivare il lavoro, sia necessario portare avanti la riforma del sistema penitenziario che è sempre stata rinviata perché non fa bene ai sondaggi politici. La realtà carceraria è estremamente complessa, ma potrebbe anche essere spiegata in maniera altrettanto semplice, tuttavia nessuno ha interesse a farlo. 
AA – SP

Schiavi degli smartphone?

Siamo alle soglie del 5G, che assicurerà comunicazioni  ancora più veloci. Su qualunque mezzo pubblico sono veramente poche le persone che non abbiano in mano un telefono di ultima generazione. Recentemente abbiamo letto di una studentessa di Roma, Francesca Spanò, che dopo aver perso lo smartphone all’età di 16 anni, ha deciso di non comprarne uno nuovo, ma di regredire a un telefono senza internet. Secondo lei, la sua vita da persona disconnessa stava cambiando in meglio. Se riflettiamo sul nostro quotidiano, ci accorgiamo di dedicare una gran parte del nostro tempo, da quando apriamo gli occhi la mattina sino a quando ci corichiamo la sera, al telefonino. Dobbiamo costantemente verificare che non ci siano nuovi messaggi WhatsApp o nuove notifiche dai social. Viviamo una dipendenza tecnologica, mentre dovremmo provare a stare giornate intere senza essere online. Il neuroscienziato Manfred Spitzer parla di demenza digitale. Noi siamo cresciuti in un’epoca in cui esisteva solo il telefono fisso in casa e le cabine gialle dei telefoni pubblici che funzionavano esclusivamente con i gettoni telefonici. Oggi la  semplice telefonata, è diventata obsoleta. La comunicazione tra persone avviene tramite le app di messaggistica, mentre quella di massa tramite i social. Forse ci siamo dimenticati cosa sia il rapporto umano, una chiacchierata tra persone. Concordiamo con Francesca che dice che la noia, specialmente ai più piccoli, è necessaria perché stimola la creatività e l’immaginazione. E forse sarebbe necessaria tanta noia anche ai più grandi…
DN – SP

Addio, Comandante Checo

Giancarlo Franceschinis, friulano, nome di battaglia Comandante Checo, creò una rete di informazioni lungo le sue Alpi, per aiutare chi era costretto a fuggire dai nazifascisti. Con gli atri partigiani della Carnia, diede utopisticamente vita alla Repubblica democratica di Ampezzo. Un sogno che durò solo poche settimane. Ci ha colpito leggere che, tra le leggi fondanti, c’erano l’abolizione della pena di morte e la parità di diritti tra uomini e donne. Di quell’esperienza tennero conto i padri della nostra Costituzione. Dopo la guerra si trasferì a Milano, dove esercitò la professione di Avvocato sino alla pensione, mosso da quei valori che anni prima lo avevano indotto a combattere una delle battaglie più importanti della nostra storia, quella per la libertà. Se ne è andato il 30 novembre scorso a 94 anni, buon riposo. 
DN – SP

THC e CBD, facciamo chiarezza

Nei giorni scorsi si è parlato ancora di cannabis light, per un emendamento alla manovra economica che di fatto ne legalizza la vendita qualora il contenuto di THC sia inferiore allo 0,5%. Si sente anche spesso menzionare il CBD: qual è la differenza? THC e CBD sono i due principali cannabinoidi presenti nella pianta. Il tetraidrocannabinolo o delta 9-tetraidrocannabinolo, semplificato in THC è quello più discusso, ma anche il più noto, perché è il principio attivo in grado di generare effetti psicoattivi (l’effetto che viene detto high), che rende illegale la cannabis in moltissimi paesi del mondo. Più alta è la concentrazione, maggiore sarà l’effetto: si va da una sensazione di rilassamento a un senso di euforia, oltre che stimolo dell’appetito. Il THC risulta particolarmente efficace nella lotta al dolore e, a differenza dei farmaci tradizionali, non presenta effetti collaterali. Si lega ai ricettori delle cellule nervose del cervello e, quando ciò accade, viene rilasciata dopamina, l’ormone dell’euforia.
Il CBD, il cannabidiolo, è un componente molto meno conosciuto, privo di azioni psicoattive. Viene utilizzato da ricercatori per fini medici perché è in grado di contrastare in modo efficace e naturale diversi disturbi, anche cronici, e di coadiuvare e supportare terapie farmacologiche tradizionali. Non ha effetti psicoattivi, non comporta nessun high, ma offre benefici grazie alle sue proprietà, senza produrre effetti collaterali indesiderati. È legale praticamente in tutti i paesi del mondo. Tra i benefici vi sono quelli sedativi, la capacità di aiutare nel trattamento della schizofrenia, di combattere l’ansia, gli attacchi di panico e la depressione, ma anche infiammazioni, artriti, emicranie e spasmi muscolari. Riduce i livelli di zucchero nel sangue, l’alcolismo, l’artrite reumatoide e alcune patologie cardiovascolari. È anche efficace per contrastare la nausea. Pare che sia in grado di ridurre alcuni dolori che il THC non riesce a calmare ed è considerato un integratore alimentare. Numerosi studi scientifici sono in atto.
AA – SP

lunedì 16 dicembre 2019

Noi, Aquile.

Noi, aquile 

Noi, 
noi siamo soli 
siamo in due 
noi
che con
o senza di loro
restiamo noi
noi, che vagando 
per le strade di Milano
soli ma uniti,
insieme
noi,
inseparabili aquile
noi
che viviamo l’uno per l’altra
noi
fino alla morte
noi
nella nostra sorte
senza pensieri,
senza preoccupazioni
noi
che abbiamo visto tutto
noi
che con sofferenza
noi, che con l’amore
di noi
come due aquile,
in volo per l’eternità
noi
come due aquile unite per sempre,
NOI!

Tomek 

Colpevoli ritardi

Lunedì 2 dicembre sono stati effettuati i test sulla barriera di Malamocco, l’accesso più profondo alla laguna veneta. Le dighe gialle si sono sollevate e hanno superato il primo test, dopo la marea record di 187 centimetri del 12 novembre scorso. Stiamo parlando di 19 paratoie mobili lunghe quasi 30 metri ciascuna, larghe 20 e spesse 4,5. C’era bisogno che la città subisse un simile disastro perché ci si decidesse a terminare quei lavori iniziati quando alcuni di noi erano bambini? Siamo vicini ai veneziani che hanno subito grandissimi disagi nelle proprie case.
LZ - SP

Voci fuori dal coro

QUBI è il programma lanciato da Fondazione Cariplo per aiutare i bambini più poveri. Lunedì 17 dicembre all’Auditorium in largo Gustavo Mahler, si terrà un concerto che vedrà protagonisti il Coro del teatro Alla Scala diretto dal maestro Bruno Casoni e il pianista Ulisse Trabacchin, unitamente al coro dei detenuti del reparto La Nave di San Vittore, diretti da Paolo Foschini. Obiettivo dell’evento Voci fuori dal coro è di raccogliere fondi per le cure dentali per quei bambini costretti a rinunciarvi per motivi economici. Biglietti sul sito dedicato previa donazione di almeno 10 euro.
AA – SP 

Pesca miracolosa

Mercoledì 4 dicembre, mattina presto, lungo il naviglio pavese a Milano galleggiava un fiume di denaro, una moltitudine di banconote da 100 euro. Le verdine erano lì, alla portata di tutti, a pochissimi metri, sarebbe bastato qualche semplice stratagemma per impossessarsene. In molti si sono ingegnati per il recupero. Qualcuno ha perso gli auricolari della Apple, qualcuno è corso a casa a cercare un retino da pesca. Una coppia di ragazzi si è cimentata con un ombrello e stavano per cadere in acqua. Pare che il portinaio del civico 43 sia corso a prendere una scopa in condominio e dopo averne pescate alcune si sia accorto che erano false. In tempi di crisi, trovare del denaro galleggiante ha indotto molti a imprese spericolate pur di recuperare anche solo una banconota. Pare che non si sappia nulla dell’autore del gesto che dovrebbe farsi carico dei costi per la bonifica. Sicuramente però ha fatto sognare, seppur per poco tempo, i molti che si sono cimentati nel recupero, immaginando nel frattempo come avrebbero potuto spendere quei soldi galleggianti.
DN – SP

San Vittore è affollato? Vai in Trentino!



Al 30/11/2019 la Lombardia si conferma al primo posto per sovraffollamento carcerario. 
Bollate è l’istituto con più presenze: 1370 persone. 

CARCERE
N° PRESENZE
CAPIENZA
SOVRAFFOLLAMENTO PERSONE
Bergamo
492
321
171
Brescia Canton Mombello
353
189
164
Brescia Verziano
128
72
56
Como
468
231
237
Cremona
489
393
96
Lecco
68
53
15
Lodi
82
45
37
Bollate
1370
1252
118
San Vittore
1067
798
269
Monza
648
403
245
Opera
1334
918
416
Mantova
131
104
27
Pavia
708
518
190
Vigevano
371
242
129
Voghera
407
341
66
Sondrio
29
26
3
Busto Arsizio
428
240
188
Varese
86
53
33

La regione Lombardia è la più affollata con 8659 presenze a fronte di una capienza di 6199. 
Segue la Campania con 7459 presenza a fronte di una capienza di 6157, poi il Lazio con 6652 su 5247, la Sicilia con 6445 su 6489.
Siete in una regione densamente popolata? Vovete concedervi una carcerazione in serenità? 
Meglio andare in Trentino, allora, dove ci sono 442 persone a fronte di una capienza di 506, là troverete sicuramente posti liberi!
Arrivederci al prossimo mese.
AA – SP

Ponte Morandi, una tragedia che si poteva evitare

Stavamo parlando di strade e di ponti sicuri, soprattutto del ponte Morandi. Luciano Benetton ha scritto una lettera su alcuni quotidiani in cui dice che “Gilberto, per come era abituato a lavorare ha posto la sicurezza e la reputazione dell’azienda davanti a qualunque altro obiettivo. Sognava che saremmo stati i migliori”. Purtroppo così non è stato, non ci permettiamo assolutamente di scrivere sentenze, proprio noi, ma l’unica cosa che ci fa riflettere è apprendere, tra le tante che si sono dette, che i sensori installati sul ponte e preposti a segnalare eventuali anomalie oscillatorie erano fuori uso dal 2016 perché i cavi di collegamento erano stati tranciati durante i lavori di pavimentazione. È come se ci bloccassimo in ascensore, schiacciassimo il tasto giallo con la campanella per chiedere aiuto e quest’ultima non funzionasse: l’imbianchino che ha tinteggiato le scale del condominio ha staccato il filo di alimentazione con un colpo di rullo.
DN – SP

Gestione delle carceri. Comandanti o dirigenti?

È al vaglio delle rispettive commissioni parlamentari uno schema di decreto legislativo che prevede, tra le altre cose, la rimodulazione del rapporto di subordinazione del personale di Polizia Penitenziaria in servizio negli istituti penitenziari nei confronti del direttore dell’istituto penitenziario. Attualmente è di natura gerarchica, diventerebbe di carattere funzionale qualora il comandante di reparto rivestisse la qualifica di primo dirigente. Diverse le opinioni in merito. Il sindacato dei direttori penitenziari – SiDiPe – dopo aver partecipato il 6 novembre scorso a una riunione indetta dal capo del dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria ha sottolineato che, allo stato, non si rinviene nell’ordinamento giuridico una esatta e positiva definizione del concetto di rapporto di subordinazione funzionale e che tale norma, qualora introdotta, potrebbe creare situazioni di confusione e, al limite, anche di conflitto di competenze, oltre che di una pericolosa alterazione degli equilibri gestionali in un ambiente come il carcere, dove ossequiando quanto all’Art. 27 della Costituzione, devono trovare bilanciamento le esigenze di ordine, della sicurezza e della disciplina e quelle del trattamento rieducativo e della risocializzazione. Secondo il sindacato, il direttore penitenziario è figura professionale terza, non poliziotto, né pedagogo, posto in posizione di sovra ordinazione gerarchica rispetto alle altre operanti in carcere.
I Magistrati di Sorveglianza, tramite il loro coordinamento nazionale, il Conams, condividono la necessità di riorganizzazione della Polizia Penitenziaria, nell’ottica di migliorarne la progressione in carriera e di qualificarne l’attività. Apprezzano la fattiva collaborazione della stessa negli uffici e nei Tribunali di Sorveglianza, tuttavia esprimono preoccupazione in merito alle disposizioni finalizzate a mutare il rapporto fra i direttori di istituto e i comandanti di reparto. Il Conams segnala che le attuali criticità nella gestione degli istituti appaiono collegate alle scoperture di organico dei direttori, dei funzionari giuridico pedagogici e della Polizia Penitenziaria, unitamente alle carenti offerte trattamentali e al crescente sovraffollamento. 
Secondo l’osservatorio delle camere penali italiane significherebbe “far regredire il sistema penitenziario a un’idea del carcere esclusivamente punitiva, annullando la figura del Direttore, che possa mediare tra le esigenze trattamentali e quelle di sicurezza”.
Il sindacato della Polizia Penitenziaria, il Sappe, scrive che non è davvero dato a comprendere cosa lamentino i dirigenti penitenziari, che nel sistema penitenziario italiano – finora gestito dai direttori penitenziari – oggi si registrano gravi episodi di violenza e di aggressione agli agenti. Inoltre che i detenuti arrivano a chiamare il 112 dalla camera detentiva con telefoni di cui sono illegittimamente in possesso, che le situazioni strutturali sono al collasso, che il benessere del personale è ai minimi storici e che i reclusi saltano i muri di cinta con lenzuola annodate come nei film. Secondo il Sappe, i dirigenti penitenziari esaltano terzietà, equilibrio e l’imparzialità dei vertici degli istituti penitenziari a vantaggio di una “conduzione rispondente ai principi di equità e umanità”, però al contempo vogliono continuare a stare a capo di un corpo di Polizia Penitenziaria a cui non appartengono e che hanno condotto allo sbando, spesso anche a causa di una fuorviante deriva ideologica. E aggiunge che l’ordinamento riconosce loro la responsabilità di sicurezza negli istituti, senza possedere alcuna qualifica che ne legittimi l’attribuzione ma, soprattutto, senza alcuna formazione specifica. Il Sappe afferma che non si comprendono quali siano le peculiarità dei dirigenti penitenziari rispetto ai dirigenti di Polizia Penitenziaria, tenendo altresì conto che quest’ultimi sono laureati in giurisprudenza a hanno tutti almeno un master, alcuni anche più di una laurea. Afferma che i dirigenti penitenziari sono parte di una deriva ideologica che vorrebbe eliminare le carceri e la polizia lasciando i delinquenti in giro per le strade. Conclude dicendo che è giunto il momento di addivenire al più presto all’unificazione della dirigenza, con possibilità di transito dei dirigenti penitenziari in altre amministrazioni, qualora non volessero entrare a far parte del corpo, insomma che i vertici dell’Amministrazione provengano dal Corpo di Polizia Penitenziaria.
Se paragonassimo il carcere a una grossa azienda privata, che ha il compito di contenere, vigilare e redimere, sarebbe come se i funzionari pedagogici fossero coloro che si occupano di formazione, i medici della cura e il corpo di Polizia di sicurezza dell’azienda, ognuno con il proprio responsabile di categoria. Seguendo questo filo di pensiero sarebbe necessario che vi sia una persona che stia al di sopra di tutti e che non faccia parte di nessuna delle altre categorie, ma che sia indipendente, un CEO, che appunto venga da un’altra scuola di pensiero e che abbia la funzione di amministrazione generale di tutta l’azienda e di tutto il personale che vi lavora in piena sinergia. Secondo noi è importante che sia implementato quanto più possibile il trattamento penitenziario, la concreta possibilità che il carcere sia un luogo rieducativo che consenta di intraprendere scelte diverse. La recidiva sarebbe drasticamente ridotta.
DN – SP 

giovedì 12 dicembre 2019

La partigiana bionda

Domenica Guarinoni,
originaria della Valcamonica, era chiamata "la bionda" per il colore dei suoi capelli. Durante la seconda guerra mondiale, all’età di 15 anni, faceva la staffetta andando su e giù per la valle portando informazioni, messaggi, abiti e cibo ai compagni di lotta partigiana. Dopo la guerra scelse di non raccontare, di non rendere note tutte le vicissitudini accadute. La nipote lo fece al posto suo, le fu reso omaggio dal paese dove risiedeva, Capo di Ponte. Pare che fosse schiva e diceva che era diventata partigiana “perché era una cosa che andava fatta. E basta”. La frase che più ci ha colpito, leggendo di una donna che come tante altre hanno creduto e lottato per permetterci di vivere oggi in un paese libero, è un’altra. Diceva di aver combattuto “per permettere a tutti di essere partigiani del proprio pensiero”. Se ne è andata il 25 novembre scorso a 91 anni. Buon riposo, amica.
DN – SP