lunedì 17 settembre 2007

Eccoci qua!

La nostra è una redazione di persone che tentano di guardare oltre, oltre alle sbarre, oltre al facile vittimismo. Fare informazione da qui, vuol dire per noi più che mai sentirsi liberi. Molti di voi non avranno mai sentito nominare nulla né della nostra testata, né del posto dal quale l’idea è nata, ma sono ormai più di quattro anni che la nostra redazione si riunisce al terzo raggio di San Vittore presso il reparto di trattamento avanzato per le tossicodipendenze La Nave. Molti di noi non avrebbero mai pensato che un giorno avrebbero scritto su un giornale e fra noi ci si chiedeva a chi potesse interessare l’opinione di un manipolo di delinquenti. Perché no? A marzo del 2003 la prima redazione di questo giornale si riuniva, sposando l’idea di unirsi alle molte altre pubblicazioni interne che esistono quasi in ogni carcere d’Italia. L’evoluzione di questa redazione è andata di pari passo con l’evolversi di questo reparto, il primo in Italia, e dei suoi componenti. Il mercoledì era ed è il giorno della riunione di redazione. Un incontro fondamentale per discutere così l’argomento principale e assegnare la stesura dei vari articoli, il giorno dei confronti, delle polemiche, delle discussioni, stimolate dai nostri due direttori-provocatori: Renato Pezzini, giornalista de Il messaggero e Paolo Foschini, giornalista del Corriere della sera. Il progetto iniziale de L’oblò prevedeva 400 copie distribuite, a cadenza mensile, nei sei raggi della Casa Circondariale San Vittore. Abbiamo avuto il piacere di interventi scritti sulle nostre pagine di personaggi autorevoli, come il critico televisivo Aldo Grasso, piuttosto che lo scrittore Beppe Severgnini. Tutto questo ci ha fatto credere che questo giornale potesse crescere ancora e l’unico modo era di uscire da queste mura. Finalmente con gennaio 2005 ecco l’occasione: Gino e Michele conoscono il progetto La Nave, credono in noi e la Kowalski edizioni ci sostiene e distribuisce L’oblò nelle cinque librerie Feltrinelli di Milano. Ora abbiamo una tiratura di duemila copie e un lettore sconosciuto, per cui la sfida del comunicare diventa ancora più entusiasmante. L’importante cambio di obiettivo ha comportato un inderogabile miglioramento della veste grafica e di un nuovo sistema di impaginazione e così Eva Scaini, professionista della grafica, si è offerta di aiutarci anch’essa come volontaria, al pari dei nostri due direttori. Ora lavoriamo con l’impegno che un contratto scritto con la Kowalski prevede. Abbiamo in programma dieci numeri annuali ed ogni mese l’obiettivo è migliorare. Convinti che comunicare, ponendo l’altro al centro, aiuta tanto a migliorare anche sé stessi.

Diritto all'oblio

Alcuni giorni fa, zappingando come al solito tra i canali televisivi, mi sono imbattuto in un’interessante trasmissione in cui si discuteva a proposito di tutela della privacy nell’ambito giudiziario. Il confronto si svolgeva tra un noto avvocato penalista milanese ed un altrettanto celebre giornalista appartenente alla schiera dei cosiddetti “girotondini”. In realtà i due interlocutori, pur sostenendo ragioni e opinioni diverse, mantenevano i toni della discussione entro i limiti di una civile reciproca tolleranza e perciò anche gli spettatori sono riusciti a seguire il filo dei ragionamenti e magari a farsi un’opinione a proposito. Partendo dall’innegabile dato statistico che si riferisce ad un certo numero di Parlamentari cronicamente più o meno coinvolti in vicende giudiziarie che, secondo alcuni (me compreso) dovrebbero fare un passo indietro e dimettersi quando partecipano a qualsiasi livello alla gestione del potere. Si sono poi affrontati temi come l’altrettanto fondamentale diritto di ogni individuo alla tutela della propria vita privata, anche nel caso in cui venisse accertata la responsabilità con relativa condanna penale dovrebbe prevalere una sorta di rispetto verso la persona che potremmo chiamare diritto all’oblio. Al riguardo possiamo esprimere il nostro punto di vista poiché ci sentiamo chiamati in causa da meccanici pregiudizi che ostacolano in maniera rilevante il nostro reinserimento sociale. Molti di noi sono consapevoli di essere stati protagonisti in negativo di fatti cronaci spiacevoli, magari un po’ enfatizzati dalle cronache di giornali e mass media vari ma, soprattutto a distanza di anni e dopo aver scontato condanne pesanti, il desiderio e la necessità di essere dimenticati rappresenta il punto di partenza per tentare di ricostruirsi una vita normale e dignitosa. Per questa ragione rivendichiamo il nostro “diritto all’oblio” condizione e passaggio irrinunciabile per chi dopo aver subito il distacco forzato dalla società, non aspira ne si candida a partecipare a reality show o giochetti televisivi milionari. Comunque ciò che a me interessa ribadire è il concetto che troppe volte ci si dimentica che dietro a qualsiasi ipotesi di reato o crimine consumato ci sono sempre persone che, a prescindere, rimangono degli esseri umani con degli affetti ed una sfera privata che nessuno a il diritto di violare.

Alberto Oldrini

Per chi volesse i numeri arretrati

Mandate una mail a oblò@fastwebnet.it e vi manderemo in formato .pdf il numero de L'oblò che avete perso!

Ci assumeresti?

Sono passati alcuni anni dall’ uscita del progetto “OBLO’ “, un giornale scritto dai detenuti della NAVE, un reparto situato presso il carcere di San Vittore, 3 raggio, 4 piano.
Alcuni detenuti hanno lasciato fisiologicamente il testimone ad altri nuovi, spinti dal vento, stanno intraprendendo un nuovo progetto, quello di creare un Blog.
E’ un progetto ambizioso e pieno di incognite dovute a moltissimi fattori, ma la voglia di veder crescere il progetto e l’ arma migliore che abbiamo.
Il scrivere e confrontarsi tra di noi e con voi senza pregiudizi e la possibilità di sentirci liberi di poter parlare, e sentirci comunque liberi in un mondo civile, per molti ragazzi sarà un compito arduo.
Ma l’ affetto che ci dimostrate , contribuirà tutti insieme ed assaporare felici la vetta.
L’apertura di questo blog è un avanzamento di questo progetto, portato avanti con tanta fatica burocratica, ma con tanta soddisfazione quando ogni mese vediamo pubblicato il giornale.
Tu, cosa ne pensi?
Dal nostro reparto, alcuni detenuti stanno già lavorando con ditte esterne, hanno scoperto le loro qualità e stanno cercando di cambiare vita.
Tu saresti disposto ad assumerli?
Dicci cosa ne pensi!