venerdì 30 ottobre 2020

La mia esperienza con il lavoro

Uscivo da una lunga carcerazione per un cumulo di reati. Dopo 6 anni di carcere finalmente ero fuori. Dopo aver trascorso dai 18 ai 24 anni tra penitenziari e comunità. Grazie a mio cognato che garantì per darmi la possibilità di lavorare nello stesso posto dove lavorava lui iniziai anche io… Si trattava di un ristorante in zona Duomo. La cosa che mi colpì, fu che mio cognato fu sincero nel raccontare ai gestori del mio passato e che loro mi  fecero comunque lavorare senza pregiudizi, dandomi la massima fiducia.  Il mio lavoro consisteva nell’invitare all’interno i clienti e farli accomodare al tavolo dove successivamente arrivavano i camerieri a raccogliere le ordinazioni. Trovavo quel lavoro molto divertente perché non ero solo, ero con un gruppo composto da ragazzi e ragazze che sponsorizzavano il ristorante per il quale lavoravamo, in competizione con un altro gruppo di promoter che lavorava per un altro ristorante che si trovava proprio di fronte al nostro. Lo stimolo per andare avanti  ce lo davano le proprietarie del ristorante che oltre al fisso di 1100 euro al mese ci davano i bonus: cioè ogni 10 clienti che consumavano, scattava un euro a persona fino alla trentesima persona, così arrivavi pure a portare a casa 50 euro ogni giorno. Le ore che passavamo sul posto di lavoro erano dieci con una sola ora di pausa. Ho lavorato li per tre mesi e mezzo ed è stata una bella esperienza lavorativa, anche se breve, perché lasciai quel lavoro alla quale mi ero affezionato: avevo trascorso tutta la mia adolescenza nei penitenziari e cosi preferii un po’ di libertà. Tutt’oggi le proprietarie del locale mi vogliono bene e sono in buoni rapporti con loro perché non hanno pregiudizi e sanno che nonostante i miei errori sul posto di lavoro ho dato il massimo e i clienti da me portati chiedevano di me. Al punto di richiamarmi per ricominciare a lavorare con loro.

Francesco Paolo Catrini

L'importanza del lavoro

Confesso che quando sento la parola ”lavoro” mi vergogno un po’, perché nella mia vita non ho quasi mai lavorato. Non sono certo fiero di dirlo, però posso dirvi con grande orgoglio, che sono il figlio di un grande lavoratore molto onesto, onestà che però, purtroppo, non gli garantiva un pasto al giorno. Tanta povertà mi ha portato all’età di 7 anni a cominciare ad arrangiarmi vendendo sigarette in un  bar nella zona dove abitavo. Il locale era di una donna francese che si chiamava Madame Catryn. Era una donna bella cicciona, molto simpatica che mi voleva bene e sapeva che avevo bisogno di mantenermi. Madame Catryn mi diceva sempre se volevo andare in Francia con lei e io mi mettevo a ridere. Un giorno lo riferii a mio padre e lui mi spiegò che così che così mi sarei allontanato dai miei fratelli. Mi ricordo bene quel giorno, mi misi a piangere: eravamo nove fratelli molto uniti nonostante la situazione economica. Il pensiero di traversare il mare verso l’Europa crebbe subito, visto la povertà e l’ ambiente dove vivevo, e mi portò ad affrontare il mio viaggio di speranza verso un futuro migliore. Purtroppo scelsi la via breve per assicurare una vita dignitosa alla mia famiglia, rubando, saltando da un palazzo all‘ altro e, tra una carcerazione e l’altra, ricadevo sempre nella droga. Negli ultimi sei anni della mia vita ho scommesso su un futuro migliore trovando un lavoro come facchino all’ Ortomercato di Milano, scoprendo la parte positiva di me, quella che mi permetteva di lavorare onestamente e di guadagnare qualche soldo senza paura. Sono stati gli anni più belli della mia vita, dormivo in santa pace anche se all’inizio fu molto difficile. Riuscii a resistere e a non sbagliare, ma la mia ricaduta nella droga mi portò a frequentare certe persone, brutte compagnie, e a commettere altri reati che sto pagando molto cari. 

Adesso mi manca il mio lavoro.  E, ci crediate o no, mi manca anche quando dovevo svegliarmi presto.

Kharbouche Abdel

Ricordi di lavoro

Ho iniziato a lavorare all’età di 16 anni come barista a Milano in corso di Porta Vittoria. Fare il barista mi piaceva molto e lo facevo con amore e passione; mi ricordo di quando portavo i caffè o il pranzo negli uffici o nei negozi, e tutte le persone  mi facevano i complimenti rendendomi molto contento. Poi, dopo questi dieci mesi da barista, decisi di cambiare lavoro e andai a fare il magazziniere a Milano in via Don Calabria, zona Bovisa e lì mi trovai molto bene. Imparai a guidare il muletto, perché facendo il magazziniere era necessario saperlo guidare. Mi piaceva molto come lavoro, perché il datore di lavoro era una persona molto buona e alla mano, già dopo solo un mese di lavoro aveva molta fiducia in me e così andai avanti per circa un anno a lavorare lì. Guidavo mezzi di ogni genere, sia furgoni che camion e posso dire che la giornata mi passava velocemente. Poi dopo quasi un anno di lavoro come magazziniere, andai a lavorare con mia sorella in una ditta di giornali che si trovava a Vittuone in provincia di Milano. E li iniziai a svolgere la mansione di smistamento di giornali di tutti i generi e per quasi un anno e mezzo feci questo, poi andò in pensione un mulettista e così mia sorella e decise affidare la mansione a me. Imparai a guidare tutti i tipi di muletti partendo dal “Paperino” fino al muletto retrattile, mezzo non facile da guidare. Il mio lavoro con il BT consisteva nel dare le ceste piene di giornali da smistare, ai miei colleghi,così andai avanti a lavorare per quattro anni trovandomi molto bene. Poi dopo quattro anni di lavoro, all’età di 22 anni, avvenne il mio primo arresto. Ed è così che diedi l’addio al lavoro.

Gianluca Dercenno

Ottimismo

Buongiorno a tutti, vi voglio parlare delle conseguenze delle sostanze e del carcere sulla mia vita. Soprattutto di come mi stiano facendo perdere parte delle fatiche che ho fatto in passato. Da quando avevo 14 anni ho lavorato duramente con l’impresa di famiglia e ho rinunciato a molte cose per non fare mai mancare nulla alla mia famiglia. Ora però che mi trovo qui (per colpa mia) i miei cari stanno pagando le conseguenze delle mie assenze quanto le sto pagando io. Nonostante fossi stato in comunità, per 16 mesi per uso di alcool e cocaina, è bastato un attimo per ricominciare e ritrovarmi in carcere pieno di problemi. Ogni giorno chiamo casa e il più delle volte ho notizie negative,  finanziarie e affettive, perché mia moglie è stremata e stanca della persona che sono tornato ad essere. Le banche mi stanno chiudendo i fidi, addirittura l’anticipo fatture perché il fatturato è diminuito drasticamente, e solo quando parlo con i miei figli mi ricarico e riacquisto la fiducia e la forza per affrontare questo percorso, che assomiglia in parte a quello che ho già fatto in comunità. Sono fiducioso di ciò che sto facendo alla Nave nonostante tutti i miei problemi. So di essere seguito da professionisti e quindi come dico a mia madre e alla mia famiglia: ottimismo!

Francesco  Carbonini

Mai più senza

Non posso più stare lontano dalle mie origini e dal mio Paese. Sento  crescere sempre più in me, il profondo desiderio di ritornare a ciò che mi lega alla mia terra nativa. Mi fermo a pensare e a riflettere su ciò che potrei fare quando tornerò al mio Paese, ho molte idee da sviluppare e da realizzare , grazie anche all’Italia che mi ha ospitato in questi anni, insegnandomi ad  avere una maggiore apertura mentale verso il mondo e gli altri . Grazie.

Diallo Omar

martedì 6 ottobre 2020

Umiliazione e umiltà

Quando noi parliamo di umiliazione, stiamo vivendo senza volerlo due esperienze diverse .La prima è la sensazione di subirla e accettarla e la seconda secondo me ci protegge e ci dà la forza per andare avanti. In pochi desiderano essere umiliati, a meno che non ci siano di mezzo fruste e catene.Per la maggioranza di noi, l’umiliazione è qualcosa di sgradito e non è qualcosa che viene ricercato, l’umiliazione va in scena di fronte a un pubblico e ci fa venire voglia di scomparire da tutto e da tutti. Spesso succede quando siamo oggetto del disprezzo di qualcun altro,quando qualcuno ride per il colore della nostra pelle, o quando scopriamo che tutti erano al corrente di una relazione di una vostra partner tranne voi. Umiliazione e umiltà sono diventate due cose tanto diverse. Rinunciare alla nostra superiorità non è sempre stato facile,quando molti di noi vengono umiliati non diventeranno mai umili. Ci sono persone che ripetono che sono stati sempre molto umili. Questa falsa modestia è l’ammissione che le cose belle della nostra vita non dipendono soltanto da noi, ma anche dagli altri. 

sabato 3 ottobre 2020

La forza dell'amore

Oggi vorrei tanto parlare di una cosa bella che si chiama amore o affetto per la famiglia, i figli o una compagna. Amare è un grande dono di Dio, il mio amore è per mia moglie e per la mia piccola bambina, per questo ho sentito il bisogno di scrivere e di esprimere quella rabbia che ho avuto ieri pensando alla mia famiglia e al sorriso di mia figlia. Ma mi trovo in questo posto perché ho sbagliato, ed è giusto che paghi per il mio errore. È da quando sono entrato in questo istituto che lotto chiedendo aiuto sbattendomi a destra e a sinistra usando tutte le parole e i motivi per analizzare la mia situazione e trovare una soluzione a questo problema. In carcere non si risolve niente e, visto che ho un problema di dipendenza, preferirei un percorso di cura fuori da queste mura maledette. Non voglio parlare male di questo posto ma delle volte mi sento stressato e depresso per i problemi che ho lasciato fuori di qui. Mi fischiano le orecchie mi sento come fossi  50 piani sotto terra, il tempo scorre lento tra una cosa e l’altra ma trovarmi in questo reparto, alla Nave, mi ha permesso di chiarire e di avere un modo un po’ diverso di ragionare e prendere decisioni.Subito penso ai miei amori che mi vogliono bene e che amo e mi amano e che funzionano da stabilizzatore d’umore Questo amore grande mi dà forza e speranza di vivere e che vale la pena di resistere e combattere per un futuro migliore, senza sofferenza e soprattutto senza sbarre.

Kharbouche Abdel

Gioie e dolori

 Partiamo dalle gioie,che sono le prime a venirmi in mente: la nascita dei miei due figli: Cristian ed Emma. Entrambe sono due splendide pesti, che mi regalano gioie ogni giorno (marachelle a parte) ed è anche grazie a loro che ho deciso di dare una svolta alla mia vita,intraprendendo questo percorso alla Nave, dove io cercherò di  mettere tutto me stesso, anima e cuore, al fine di uscire da questo posto con le idee molto più chiare. Tagliando o cercare di tagliare definitivamente ogni rapporto con la sostanza ed essere per loro un buon padre e un buon esempio. Detto questo un'altra gioia è stata quando ho preso le patenti per il camion,infatti non stavo più nella pelle perché oltre ad usarle per cose comuni, mi permettevano di viaggiare facendo il camionista. Per un bel periodo ero sempre in giro per l’Italia fino a quando nel 2006 mi sono state revocate perche durante la mia carcerazione in quell’anno mi arrivò una carta che mi invitò a presentarmi in motorizzazione per affrontare l’esame di revisione della patente.  Mi venne richiesto di farlo perché mi sono stati decurtati tutti e 20 i punti della patente, perciò essendo impossibilitato a potermi presentare in scuola guida per poter fare il corso di recupero punti, perché ero detenuto,dopo una settimana che avevo finito di scontare la mia pena,mi sono presentato in motorizzazione a fare l’esame sia teorico che pratico. Purtroppo io detto sinceramente non avevo studiato, quindi all’esame ho fatto 6 errori,sta di fatto che mi hanno bocciato ed ho perso in un batter d’occhio tutte le patenti facendomi cadere il mondo addosso. Eccolo,il dolore, che ti fa cadere in depressione innescando una lunga catena di dolori. Naturalmente la colpa è solo stata mia a causa della sostanza che ha finito di rovinarmi, infatti ora sto riflettendo molto su quanto mi è purtroppo successo e sono qui a mettermi in gioco al fine di uscire molto più strutturato  e gioire dell’ essermi liberato di questa palla al piede che era la sostanza.

Diego Lillo

Cambiare si può

 Avevo sempre inteso il cambiamento come se il tema riguardasse il vestiario, al massimo l’acconciatura , una mera questione estetica. Quando, in comunità , la questione si  faceva pesante, sostenevo testardamente che se uno nasce tondo non può morire quadrato al massimo si potevano smussare gli angoli. Quando poi qui ho sentito che il cambiamento implicava sacrificio e dolore ,sorridevo beffardo. Quando poi ti svegli la mattina alle 5 pensando al male fatto , o al male che in qualche maniera ancora stai facendo perché è una parte talmente sadica di te che lo fai senza nemmeno accorgertene, rivedendo i tuoi atteggiamenti scopri che sono quelli che odiavi tanto in tua madre o in tuo padre .La voglia di ridere svanisce di colpo e senti il peso delle tue azioni, prima magari per alleggerire un po’  l’aria tesa ti facevi una birra o una canna  ,ora l’unica canna a cui ti puoi attaccare è quella del gas , ma sarebbe meschino agire ancora da codardi , perché è questo che sei sempre stato , un vigliacco che scappava dalle sue responsabilità e dirselo non è piacevole anzi è davvero doloroso scoprirsi. Scoprirsi ,togliere quella armatura che hai sempre indossato per reggere ai colpi della vita , è dura  ma la vita è anche questo è anche dolore. Anche Cristo sulla croce disse : “Padre se puoi allontana da me questo calice ma sia fatta la tua volontà” . Certo non sono il Cristo, ma è pur certo che ora voglio che sia la mia volontà ad indicarmi la strada da percorrere , sicuramente dura. C’è bisogno di un navigatore per arrivare alla meta, perché la strada è lunga,perché ci sono un sacco di incroci che si  intersecano e ti obbligano a fare attenzione perché non sei l’unico che sta viaggiando, ci sono gli altri e poi i semafori rossi, gli stop e qualche pedone distratto che ti si para davanti all’improvviso e tu devi stare attento a non investirlo,anche se non camminava sulle strisce pedonali. Destra e poi  sinistra, prosegui dritto per la strada , prosegui dritto per altri 300 metri e poi alla prima rotonda imbuchi la seconda via e magari sbagli e devi quindi tornare indietro alla rotonda, e imboccare la strada giusta , farà freddo e i vetri si appanneranno oppure pioverà a dirotto e non riuscirai a vedere oltre 3 metri, oppure ci sarà il sole e quindi un caldo della madonna e con il culo che mi ritrovo l’aria condizionata non funzionerà ma fanculo: io devo arrivare. Accenderò la radio e abbasserò il finestrino perché l’aria fresca mi avvolga coccolandomi un po’ e poi c’è quel brano che mi piace tanto alzerò il volume al massimo e canterò , perché viaggiare mi piace e mi è sempre piaciuto ma ora ho una meta , un punto esatto in cui devo essere per quel giorno e a quell’ ora perché ho preso un impegno con una persona importante e non posso deluderla per l’ennesima volta. Non voglio, non è giusto. E poi se mi annoierò farò salire in macchina qualche amico a farmi compagnia e non c’è  cosa più bella se non viaggiare in dolce compagnia con la musica che fa da colonna sonora a questo meraviglioso spettacolo che è la vita .

Maurizio Tagliaferri