mercoledì 29 gennaio 2020

Per qualche minuto in più.

L’articolo del Mattino di Napoli, riporta questo titolo : “Continua ad essere un problema l’uso del telefonino nelle carceri”. Certo si parla della realtà carceraria dell' Italia del Sud, ma teniamo presente che l'uso del telefono per parlare con i propri cari, è ancora limitato a pochi minuti in tutte le carceri italiane. Mesi fa, tenemmo un incontro alla NAVE con tre parlamentari di aree politiche diverse, per discutere dell'ampliamento del minutaggio. Siamo in attesa degli sviluppi che seguiranno e sembra che qualcosa si stia muovendo. Guardando alle realtà detentive europee, vediamo come in Francia e in Gran Bretagna, stiano sviluppando le linee telefoniche nelle stanze di pernottamento (celle, per i nostalgici), e, se andiamo un po' più lontano, scopriamo con stupore che negli Stati Uniti, alcuni penitenziari adottano persino i tablet!
Al costo di circa sessanta dollari, al detenuto viene consegnato un tablet, che può servire a comunicare con i propri cari, ma anche ad ordinare la spesa, piuttosto che venire convocato dall’ufficio comando o inviare e ricevere mail. Diciamo che l’uso è limitato alla sola fantasia, con un server che può controllare, per misura di sicurezza, ogni digitazione. Considerando la rigidità del sistema penale americano, direi che in un Paese garantista quale è l’Italia, potremmo valutare di restare al passo con i tempi. 
                                              
 AFG-AA

mercoledì 22 gennaio 2020

Liliana Segre, una persona speciale.









Il 21 gennaio la senatrice a vita Liliana Segre è venuta  a San Vittore in occasione della posa della pietra d’inciampo in onore di Andrea Schivo, l’agente di custodia scoperto mentre portava del cibo ad una famiglia di ebrei detenuta nel 1944. La Segre fu detenuta insieme al padre a San Vittore all'età di 13 anni, prima di essere deportata ad Auschwitz. Ha raccontato il momento della partenza e di come i carcerati di allora, vedendoli partire, si prodigarono a lanciare loro quel poco cibo che avevano, ma soprattutto urlarono parole di conforto che la senatrice ancora oggi ricorda. Erano stati umani, gli ultimi umani che vide. Poi, solo mostri … Il resto della popolazione di quel tempo aveva scelto la paura, aveva scelto di obbedire a quello che gridava più forte e non alla propria coscienza, tranne l’agente Schivo. Quel giorno furono chiamati in 605 per partire. La senatrice ha detto che entrare a San Vittore è stato uno shock e una grande emozione che non può purtroppo condividere con nessuno perché è l’unica ritornata da quel viaggio di morte. Giunta alla Rotonda, ha sollevato lo sguardo verso il cartello del quinto reparto e ha detto che lei era detenuta lì, ma che prima era diverso. In effetti una volta c’erano i ballatoi e una sola persona poteva osservare tutti i raggi posizionandosi al centro della rotonda. Schivo è stato un agente di custodia che, ben conscio di quello che succedeva nella porta accanto – la tortura, l’interrogatorio, la pena sicura – ha scelto di essere uomo perché chi salva un uomo, salva una vita intera, ha affermato ancora. È seguito un lungo applauso. 
Il filmato della visita al seguente link:
SP

















Da San Vittore ai campi di sterminio: storie di eroi.

Il 15 gennaio 2020 è stata posata davanti all’ingresso della Casa Circondariale di Milano, in piazza Filangieri 2, una Pietra d’Inciampo in memoria dell’agente di custodia Andrea Schivo, originario di Villanova d’Alba, che prestava servizio a San Vittore nel 1944 quando il 5° reparto era gestito dalle SS. Lì erano rinchiusi tutti coloro in attesa di essere deportati in Germania. Durante una perquisizione, i tedeschi trovarono delle ossa di pollo in un cellone al 3° piano e scoprirono che era stato l’agente Schivo a portare del cibo a Clara Pirani Cardosi, maestra elementare di origine ebrea, arrestata il 12 maggio 1944 a Gallarate, trasferita poi ad Auschwitz nell’agosto del 1944. Dopo essere stato scoperto, Schivo fu posto nella cella 108, dove era detenuto Antonio Scollo, arrestato nel giugno del 1944 in provincia di Lecco. Scollo fu spostato per cedere il posto a Schivo. Si rividero a Bolzano prima di salire sul convoglio T81 con destinazione Germania. Schivo morì a Flossenburg il 29/01/1945 dopo maltrattamenti, percosse e sevizie, mentre Scollo ebbe la fortuna di essere liberato dagli americani a Dachau.
Sul quel convoglio T81 viaggiava anche Teresio Olivelli, giovanissimo rettore del collegio Ghisleri di Pavia, arrestato il 27/04/1944 e proclamato santo nel 2018. Con loro c’era Eugenio Pertini che morì fucilato durante la marcia di evacuazione di Flossenburg nell’aprile 1945. Il fratello Sandro fece apporre nel 1970 una targa in sua memoria sulla struttura del crematorio.
Nel 1945 alcuni agenti che erano in servizio a San Vittore fecero una dichiarazione in merito all’arresto e alla morte di Schivo. Quello scritto fu ritrovato tra le carte della comunità israelitica trasferite nel 1996 presso l'archivio del Centro di Documentazione Ebraica contemporanea di Milano. 
Nel 2004 Giuliana, figlia di Clara Pirani Cardosi, leggendo la dichiarazione degli agenti si ricordò di quando andava a portare a casa di Schivo il pacco con il cibo e le lettere per la mamma e dichiarò: “soltanto oggi dopo 60 anni vengo a conoscere la sua tragica sorte e in un tumulto di emozioni e ricordi ho rivissuto i momenti drammatici di quei tempi bui”.
In memoria di tutte quelle persone, uomini, donne e bambini, che hanno lasciato queste mura per essere trasferiti in un luogo di morte.
AFG – SP

Popolazione carceraria, Lombardia sovraffollata.


Al 31/12/2019 la popolazione carceraria italiana, era di 60769 persone, in leggera flessione rispetto al mese precedente in cui si contavano 61174 presenti. In realtà nulla è cambiato, dal conteggio generale dei presenti sono esclusi tutti coloro che usufruiscono del beneficio dei permessi premio e quindi si trovano probabilmente presso la loro abitazione a trascorrere le feste insieme ai familiari.  
La Lombardia si conferma al primo posto per il sovraffollamento carcerario con 8547 persone e Bollate come l’istituto con più presenze.

CARCERE
N° PRESENZE
CAPIENZA
Bergamo
487
321
Brescia Canton Mombello
323
189
Brescia Verziano
130
72
Como
452
231
Cremona
485
393
Lecco
79
53
Lodi
77
45
Bollate
1347
1252
San Vittore
984
798
Monza
648
403
Opera
1334
918
Mantova
141
104
Pavia
711
518
Vigevano
373
242
Voghera
421
341
Sondrio
36
26
Busto Arsizio
432
240
Varese
95
53

Le regioni più affollate, insieme alla Lombardia, rimangono la Campania con 7412 presenze e il Lazio con 6566. 
Il Trentino gode sempre della situazione migliore: 445 presenti a fronte di una capienza di 506 posti.
Arrivederci al prossimo mese.
AFG – SP

sabato 11 gennaio 2020

Rete 5G, più veloce e più rischiosa

Huawei, colosso telefonico cinese, vorrebbe fornire all’Europa la tecnologia necessaria per realizzare la rete 5G, l’internet ad alta velocità. Il Copasir, in un parere espresso al Parlamento il 12 dicembre scorso, ha espresso dubbi sull’acquisto di questa tecnologia dai cinesi. Secondo molti, non solo Donald Trump, c’è il rischio che Huawei, durante la configurazione delle apparecchiature, installi delle backdoor per spiare e ascoltare gli utilizzatori della rete, quindi, di fatto, la Cina sarebbe informata in tempo reale su tutto ciò che accade nel nostro Paese. Huawei Italia respinge le accuse, asserendo che Pechino non può obbligare per legge società private a sottomettersi al volere del governo. Restano tuttavia molti interrogativi in merito. In Europa pare che non ci sia stata una politica comunitaria di finanziamento allo sviluppo della nuova rete. Ericsson e Nokia, pur essendo in grado di fornire infrastrutture per il 5G, non hanno le dimensioni di Huawei e non sono competitive sui costi. La Merkel ha bloccato Deutsche Telekom che stava per firmare un contratto con i cinesi da oltre 500 milioni di euro. 
L’Unione Europea ha sottovalutato lo sviluppo di una realtà tecnologica così importante? 
Tutti i giorni sempre più app invadono la nostra privacy, quando le installiamo sui nostri smartphone ci chiedono di accedere alla nostra geolocalizzazione. Pur di non perder tempo, clicchiamo accetto, senza sapere come saranno utilizzati i dati che saranno raccolti. Perché una app di cucina deve avere accesso alla nostra posizione? Il Garante per la privacy stima che ci siano più di 80 app spia per ogni smartphone, che raccolgono e inviano quotidianamente informazioni a varie società. Chi sono queste società? Cosa fanno con i dati raccolti? Secondo Antonello Soro sarebbe necessario uno scudo digitale. Ad oggi non c’è nessuna legge che impedisca ad una società di Pechino di raccogliere dati in Europa, siamo sicuri di affidarci a loro per il 5G? Il carcere è un luogo sicuro da questi pericoli perché viviamo senza smartphone! Dopo l’11 settembre, per un po’ di sicurezza in più, che poi forse è solo presunzione, stiamo rinunciando ad un pezzo della nostra libertà. Quale dovrebbe essere il punto di equilibrio ragionevole?
DN – SP

Carcere, problemi e soluzioni

Magistrato, classe 1965, di Potenza, Francesco Basentini da giugno dello scorso anno è a capo dell’Amministrazione Penitenziaria, del DAP. Abbiamo letto una sua intervista a La Verità del 23/12/2019. Gli sono state rivolte alcune domande, anche in merito a episodi di aggressione a danno degli agenti di Polizia Penitenziaria, sulle celle aperte, sui detenuti con problemi psichici, sulla droga e sui cellulari negli istituti. Tutti temi di particolare importanza per chi direttamente o indirettamente vive la realtà carceraria. 
Le aggressioni sono situazioni particolarmente gravi che spesso hanno origine da motivi estremamente futili, da situazioni di stress e da scarsa educazione familiare oltre che scolastica. A nostro avviso, un numero maggiore di psicologi e educatori, unitamente a progetti d’inserimento dei nuovi arrivati negli istituti, contribuirebbe a ridurne drasticamente il numero. Le celle aperte, ovvero l’apertura dalle 8 alle 20, limitano drasticamente lo stress detentivo, ma quel tempo libero dovrebbe essere riempito con programmi di trattamento, studio, lavoro e sportivi, affinché nessuno possa rimanere nell’ozio e nell’oblio. Il carcere, per coloro che hanno problemi psichici, non è sicuramente il luogo più adatto. Quelle persone creano involontariamente malessere agli altri detenuti e sono un problema veramente serio anche per gli agenti che si trovano a dover gestire situazioni critiche, che esulano dalle loro competenze. Il legislatore dovrebbe occuparsi con particolare attenzione di questa tipologia di malati che, proprio per via delle loro patologie, possono arrecare sensibili disagi nel mondo esterno, ma anche in quello interno. Molti detenuti sono dipendenti da sostanze e/o dal gioco, per loro sarebbe essenziale un diverso trattamento, che miri al recupero della persona anche dal punto di vista medico e psicologico. I cellulari in carcere sono usati per commettere reati all’esterno, ma anche per sopperire a gravi mancanze affettive che talvolta si traducono in suicidi o in gravi problematiche familiari. In merito a quest’ultime una rivisitazione del numero dei colloqui, la creazione delle stanze per l’affettività e la possibilità di telefonare con maggiore frequenza, attraverso le infrastrutture tecniche penitenziarie esistenti, sarebbero strumenti che ridurrebbero le problematiche detentive e il numero dei cellulari abusivi. Siamo consapevoli che serve denaro per attuare qualsiasi iniziativa, ma, se osserviamo i dati dei penitenziari di altri stati, siamo certi che con il tempo sarebbe un risparmio assicurato anche per il nostro Paese.
AFG – SP

Braccialetto elettronico. Un'utile alternativa

In Italia sono oggi attivi circa 2000 braccialetti elettronici, forniti da Telecom Italia. Nel 2018 Fastweb ha vinto una gara d’appalto per la fornitura di 1000 nuovi braccialetti al mese, 12.000 in un anno. Un bel numero, se pensiamo che le misure alternative alla custodia cautelare in carcere, spesso non vengono concesse per mancanza di questo dispositivo di sorveglianza. I nuovi braccialetti sono pronti, tuttavia il Ministero dell’Interno non ha ancora nominato la commissione di collaudo e quindi la situazione è stagnante. Il Presidente della sezione GIP di Napoli, Giovanna Ceppaluni, afferma che “siamo favorevoli ad un’applicazione sempre più ampia del braccialetto elettronico, ma siamo sempre alle prese con problemi di natura strutturale ed economica”.  Il Presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati dice che quella tecnologia potrebbe essere utile nei casi di stalking, di persone responsabili di maltrattamenti, che magari abitano vicino alle vittime. Si rivelerebbe adatto anche a quei giovanissimi incensurati che hanno commesso reati rispetto ai quali è necessario un controllo più stringente dei domiciliari semplici ma non tanto afflittivo quanto il carcere, che potrebbe essere il male peggiore. Il braccialetto potrebbe poi favorire le misure alternative alla detenzione in carcere, anche per coloro che sono condannati in via definitiva. In un momento di estremo sovraffollamento come questo, potrebbero essere ridotte le presenze all’interno degli istituti e ciò comporterebbe anche un bel risparmio per le casse dello Stato.
AFG – SP

giovedì 9 gennaio 2020

Giustizia riparativa, un argomento complesso.

Abbiamo ripreso la riflessione sulla giustizia riparativa, ovvero la possibilità che il reo, qualora ne abbia volontà e senza che perda le proprie tutele, possa riparare alle conseguenze del reato commesso. Il delitto che oggi è tentato o consumato, un domani potrebbe essere definito riparato e quindi il processo potrebbe essere sospeso per lo svolgimento di attività, appunto, riparatorie. La discussione è estremamente ampia e complessa, ma sicuramente meritevole di approfondimento, partendo dal presupposto che il carcere in molti casi non è la soluzione migliore, ma forse la peggiore.
DN – SP

Un incontro da ripetere.

Abbiamo avuto il piacere di conoscere il dottor Simone Luerti, Magistrato di Sorveglianza del Tribunale di Milano. Una mattina, prima di Natale, si è seduto in mezzo a noi. Gli abbiamo raccontato il nostro core business, mentre lui ci ha parlato dell’esperienza in Magistratura e del ruolo che oggi ricopre. Accade spesso di avere visitatori in reparto ma, inizialmente, non tutti avevano capito chi fosse. Ha catturato l’attenzione dei presenti e trasmesso positività. Ha parlato della dipendenza da sostanze, ma anche di tutte quelle piccole e grandi azioni che condizionano e regolano il nostro quotidiano. L' argomento è veramente vasto e sarebbe un interessante tema di discussione da affrontare, magari proprio con lui. 
Grazie per la visita e, soprattutto, buon lavoro.
AFG – SP

Ciao, "Francesco".

Riccardo Zerba aveva iniziato a lavorare da bambino, nella fabbrica della Franco Tosi al suo paese, Legnano. Si era unito ai gruppi di operai che propagandavano l’antifascismo. A 19 anni lasciò la fabbrica per unirsi alle brigate partigiane dell’Ossola, con il nome di battaglia "Francesco". Fu protagonista di diverse azioni contro i nazifascisti, per poi finire a San Vittore, probabilmente qui al Terzo reparto, dove oggi, anche grazie ai sacrifici suoi e di tanti altri, possiamo scrivere liberamente questo blog. Noi siamo al 4° piano e fortunatamente riusciamo a intravvedere dalle finestre qualche scorcio di Milano, della vita esterna. Loro, dal seminterrato dove erano detenuti e torturati, come dice la canzone Ma Mi, sentivano solo i rumori della nostra città. Zerba non parlò e tornò libero alla fine del fascismo. Testimoniò in molte scuole gli orrori di quegli anni e nel 70° della Liberazione fu premiato dal ministero della Difesa con la medaglia e l’attestato di Partigiano.    
Ci ha lasciati  il 14 dicembre scorso a 95 anni, buon riposo. 
DN – SP
fonte Repubblica 21/12/2019